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Negri, nudi e blasfemi

Uno spettacolo, la gente e i politici.

"Questo non è teatro, è uno schifo"; "lordoso spettacolo"; "volgarità e turpiloquio"; "spregevole iniziativa"; "uno spettacolo-porcile"; "l’immoralità più sfrenata"; "è scandaloso violentare il pudore delle persone con scene di nudo e simulazioni sessuali esplicite"; "è quanto di più aberrante l’essere umano possa concepire". Fino ad una sintesi complessiva: "Viviamo in una società immersa fino al collo nella melma del degrado e della immoralità".

Una delle scene dello spettacolo contestato "I negri".

Oltre che per gli organizzatori dello spettacolo, ce n’è anche per il sindaco Pacher, che per farsi eleggere "è andato ad elemosinare i voti nelle parrocchie" e poi non si indigna a queste schifezze, cosa di cui "terremo conto quando sarà il momento". E per l’ancor più grave silenzio del vescovo, "oramai sempre meno pastore di anime e sempre più guru ecumenico".

La pièce di Jean Genet, ma soprattutto il rilievo dato dai quotidiani locali alla protesta di alcuni spettatori, ha prodotto numerose reazioni, con una pubblica opinione che appare, almeno da quanto emerge dalle molte lettere ai giornali, equamente spaccata in due, con posizioni che - soprattutto sul versante dell’indignazione - appaiono poco propense a confrontarsi.

E invece bisognerebbe cominciare con una distinzione. Offendersi per il nudo in scena e per le "simulazioni sessuali" appare francamente bizzarro; piaccia o no, queste cose si vedono a teatro da più di trent’anni, almeno dai tempi del Living Theatre, sul finire degli anni ’60; e altrove, a cominciare dalla televisione, si vede quotidianamente ben di più, di più esplicito e soprattutto di più gratuito.

Diverso il discorso per quanto riguarda le famigerate quattro bestemmie. Un lettore bolzanino, ad esempio, ne fa una questione di opportunità: la bestemmia si poteva evitare, lo stesso effetto si sarebbe ottenuto con "il ghigno, il gesto di scherno, la derisione accompagnata dalla mimica… La bestemmia può erigere un muro tra palcoscenico e platea, e il teatro è comunicazione". Proposta discutibile ma non irragionevole.

Più difficile da accettare - e non solo per un laico - è la concezione del nome di Dio come tabù assoluto, indipendentemente dal contesto e dalle intenzioni. Mi è capitato più volte di sentire dei preti che assolvevano, sorridendo rassegnati, le bestemmie da bar, considerandole manifestazioni di maleducazione religiosa e non "peccati mortali". Del resto, anche il critico del cattolicissimo Avvenire si meraviglia "che dopo quarant’anni ci si scandalizzi ancora per Genet… La bestemmia andrebbe affrontata dal punto di vista tecnico…, chiedendosi se è necessario mantenerla come nell’originale, oppure se, alleggerendola un po’, non se ne snatura il senso". E don Agostino Valentini dà la colpa di tutto alla disinformazione: la gente doveva informarsi di cosa andava a vedere.

Andrea Castelli ritiene che sarebbe stato meglio non mettere questo spettacolo tra quelli in abbonamento. D’altra parte – rileva un lettore – "I negri" era inserito nella rassegna Altro Teatro e si sa che lì c’è roba diversa dai soliti Pirandello e Molière. Il quale Molière, comunque, fu definito "maestro di ateismo" per il suo "Don Giovanni", mentre per "Il tartufo" venne chiesto il rogo, per il testo e per il suo autore. Il che fortunatamente non avvenne, ma la commedia venne comunque proibita.

Poi c’è il discorso delle reazioni dei politici, a proposito delle quali una lettrice ritiene che, rispetto allo spettacolo contestato, "sia ben più indecente strumentalizzare un qualsiasi dibattito culturale o morale per biechi fini elettorali". Gli scandalizzati sono i consiglieri Perego, Andreotti, Taverna, l’assessore Molinari, che si dice "esterrefatto", Guglielmo Valduga, che spiega quanto accaduto col fatto che il Centro S. Chiara "è un pozzo di S. Patrizio… in mano alla sinistra", e Caterina Dominici, per la quale "quella non è arte, è un reato" .

Quanto a Pino Morandini, stigmatizza "I negri" come "uno spettacolo indegno, blasfemo e diseducativo" e poi, passando dal dramma blasfemo alla farsa macabra, non contento che già esista, nel cimitero di Trento, un’area riservata alla sepoltura facoltativa dei feti, propone, in compagnia di Perego, la sepoltura obbligatoria.