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Il fiume e l’aeroporto

L’Inn è d’intralcio ai decolli: lo si sposti!

Il fiume Inn, dal 1999, è un pericolo per la sicurezza del nostro aeroporto. Prima non lo era. Il fiume sta percorrendo la sua valle da sempre, l’aeroporto è qui da 50 anni. Ma andiamo con ordine. Il territorio è quello che è: una vallata alpina e una città (a quota 580) fra monti alti 2500 metri. Insomma, bisogna adeguarsi.

Ma una regione che si rispetti deve per forza avere un aeroporto. E nessuno qui lo nega. Il turismo, ma anche l’università, i congressi (importantissimi per l’economia locale) e l’insediamento di nuove imprese hanno bisogno di un collegamento coi grandi scali internazionali (per noi: Vienna, Zurigo, Francoforte ed Amsterdam; se la Tyrolean e la concorrente Air Alps con finanziamenti assistenziali, e probabilmente poco legali dal punto di visto del diritto europeo, della Provincia di Bolzano volano da Innsbruck via Bolzano a Roma, lo fanno non perché esiste una vera domanda sul mercato, ma perché lo chiede la giunta sudtirolese).

Un aeroporto che si rispetti deve investire per la sicurezza, ma anche per essere concorrenziale. E gli investimenti vanno finanziati con il reddito della società (di proprietà pubblica), cioè con l’espansione. E il nostro piccolo scalo regionale è arrivato ad avere 600.000 passeggeri l’anno, metà dei quali però attribuibili non ai voli di linea (di collegamento con i grandi hub), ma ai voli charter - incoming d’inverno, outgoing d’estate. Un volo diretto da Innsbruck ad Olbia, a Calvi, a Zakynthos o ad Antalya, o un giorno di shopping a Londra per la miseria di 90 euro, andata e ritorno sono una bella cosa, ma non hanno niente a che fare con lo sviluppo dell’economia regionale, con la concorrenzialità della città nella competizione con altre regioni, e nemmeno con la qualità della vita dei cittadini. Ma è nella logica delle cose.

La pista dell’aeroporto finisce, ad ovest, a 60 metri dal fiume Inn, con la sua diga (2 metri). Ambedue sono impedimenti al traffico aereo, come tali, segnalati sulle carte. Per il decollo verso ovest - preferibile sia per ragioni meteorologiche che per ridurre l’inquinamento acustico (ad est c’è il centro della città), esiste la cosiddetta "soglia 08", a 103 metri della fine della pista, che assolutamente non può essere oltrepassata. Dunque, la pista utilizzabile ha una lunghezza di solo 1897 metri.

Con ciò, i Boeing (nuovi di zecca) della SAS (con gli sciatori da Stoccolma) e altri aeroplani con reattori relativamente poco potenti non possono essere caricati al limite della loro capacità. In parole povere: o volare con delle sedie vuote, come fa la SAS, o fare il pieno di passeggeri, ma non di carburante, e addio volo diretto ad Antalya. I prezzi dei biglietti (per i charter dei grandi operatori) essendo quelli che sono, un atterraggio intermedio a Graz provocherebbe costi proibitivi. Almeno così dicono i dirigenti della società aeroportuale.

Provvidenzialmente è intervenuto l’ICAO (l’organizzazione mondiale del traffico aereo) , che nel ‘99 ha deciso che la runway and security area, cioè la zona dove non possono esistere degli impedimenti non è "raccomandata", ma deve per forza esserci.

Le regole ICAO, però, prevedono anche che quando la costruzione di tale zona di sicurezza sarebbe economicamente impraticabile, il ministero competente è autorizzato a "notificare" questo rischio. Il che, l’Austria ha debitamente fatto nel 2000, ed i manuali di volo ne informano i piloti diretti ad Innsbruck. Il ministero ha anche risposto ad un’interrogazione che lo scalo di Innsbruck è sicuro sul piano formale e in regola con le leggi nazionali vigenti. E allora?

La società aeroportuale non ha smesso di gridare ai quattro venti che invece si stavano violando le norme internazionali di sicurezza e che bisognava fare qualcosa. Ad esempio spostando il fiume di 150 metri verso ovest, sul territorio del comune adiacente, Völs, che però è contrario perché lì c’è la sua zona industriale.

Con lo spostamento del fiume, - si è detto - sorgerebbe un parco fluviale, un vero paradiso ecologico ed una nuova zona di ricreazione (il vicesindaco, che fa anche l’assessore all’ecologia, era affascinato dall’idea al punto di parlare di un rifugio per gli uccelli pescatori, una specie notoriamente graditissima ai dirigenti aeroportuali). Ma i cittadini, come pure il sindaco, un’area di ricreazione a 200 metri dalla pista la considerano una cretinata, punto e basta.

Nel novembre del 2001, dopo un anno di suppliche da parte dei dirigenti dell’aeroporto, il ministero ha finalmente mandato un’ordinanza secondo la quale, visto il nuovo standard ICAO, le leggi austriache dovevano interpretarsi nel senso che una area di sicurezza bisogna crearla.

E siamo arrivati alla poco lieta conclusione: sottomettendosi alle dure obbligazioni della legge, la società aeroportuale sottoporrà all’attenzione del ministero un progetto per lo spostamento del fiume Inn. Costo preventivati (per i lavori di costruzione, esclusi i costi dell’esproprio dei terreni): 90 milioni di euro.

Paga Pantalone, ovviamente.

Finalmente, la bella pista con i suoi 2000 metri sarà a disposizione per tutti i voli. I charter per Antalya sono salvi, col pieno di passeggeri, valigie e carburante. Dura lex sed lex: del mercato, cioè.