Su cosa si vota il 7 settembre
Attribuzione di nuove competenze alle Regioni, abolizione dei Commissariati del Governo e del visto governativo sulle leggi regionali, introduzione del federalismo fiscale: sono queste le più significative innovazioni che saranno introdotte nella Costituzione italiana se il 7 ottobre prevarranno i sì. Anche il Trentino - che pure, grazie allo Statuto di autonomia, una sorta di federalismo ce l’ha già - sarà "toccato" da questa riforma, a partire dal cambio del nome della Regione, che assumerà formalmente la dicitura bilingue Trentino-Alto Adige/Südtirol.
È’ almeno dalla metà degli anni ’80 che il Parlamento prova, senza riuscirci, a modificare la Costituzione con l’obiettivo, tra gli altri, di rafforzare il ruolo delle Regioni. Il tentativo più avanzato fu quello della Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, che giunse a definire una proposta di riforma complessiva della carta costituzionale ove, tra le altre cose, si prevedeva per l’appunto la trasformazione dello Stato italiano in una Repubblica federale.
Arenatasi in Parlamento, boicottata da Berlusconi e Bossi, l’ambizione di approvare una "grande riforma", l’elaborato della Bicamerale fu riproposto alle Camere dall’Ulivo, sotto forma di diversi disegni di legge. Durante il lungo e complesso iter delle riforme costituzionali, il testo sul federalismo fu progressivamente modificato, per raccogliere le richieste avanzate dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni, che diedero poi unanime assenso alla versione finale (compresi i Presidenti di Regione del centrodestra). Tuttavia, nella votazione finale il centrodestra decise di opporsi, cosicché la riforma fu approvata dal solo centrosinistra appena prima delle scorse elezioni politiche, con tutte le inevitabili polemiche.
Sia l’Ulivo che la Casa delle Libertà decisero di chiedere che su questa riforma si svolgesse un referendum confermativo. Cosicché il 7 ottobre, a prescindere da quanti andranno a votare, se vinceranno i sì entrerà in vigore la riforma sul federalismo approvata dall’Ulivo in Parlamento. Viceversa, se vinceranno i no, la Costituzione rimarrà quella di oggi e, sempreché qualcuno abbia ancora voglia di provarci, il lungo e difficile percorso delle riforme dovrà ricominciare daccapo.
Vediamo ora, più nel dettaglio, i punti più importanti di questo federalismo approvato dall’Ulivo.
- Anzitutto c’è un’affermazione di principio, che stabilisce che le Regioni, anziché essere delle sottocomponenti dello Stato, stanno al suo stesso livello: la frase "La Repubblica si riparte in Regioni …" sarà sostituita da "La Repubblica è costituita … dalle Regioni e dallo Stato".
- Le attuali Regioni a Statuto speciale sono riconfermate, prevedendo per esse forme particolari di autonomia. La nostra Regione prende il nome bilingue Trentino-Alto Adige/Südtirol.
- Una trasformazione di portata storica, di cui si discute da almeno vent’anni, è quella relativa al ribaltamento dell’articolo 117 della Costituzione: anziché indicare, come oggi, quali sono le competenze delle Regioni, stabilendo che tutto il resto spetta allo Stato, si elencano le competenze dello Stato stabilendo che tutto il resto spetta alle Regioni. È un po’ come dire che sono le Regioni gli enti originari, che poi demandano allo Stato alcune materie, anziché essere lo Stato che detiene tutto il potere e che poi ne delega un po’ alle Regioni.
Con la nuova ripartizione delle competenze, tutte le Regioni italiane raggiungeranno un livello di autonomia simile a quello di cui oggi gode il Trentino.
Non meno importante è il fatto che le Regioni potranno intrattenere rapporti internazionali e con l’Unione Europea, e che dovranno garantire la parità di accesso dei due sessi alle cariche pubbliche (in pratica, il famoso numero minimo di donne nelle liste di candidati alle elezioni).
- Per la prima volta il principio di sussidiarietà viene affermato nella Costituzione: ciò servirà anche per vincolare le Regioni a favorire e rispettare l’autonomia dei Comuni.
- Si fissano i principi del cosiddetto federalismo fiscale: Comuni, Province e Regioni avranno autonomia finanziaria di entrata e di spesa e dovranno quindi raccogliere da soli le risorse necessarie per pagare le loro spese.
- Le leggi regionali (e nel nostro caso anche quelle delle Province) non saranno più sottoposte al visto del Governo, ma entreranno immediatamente in vigore. Si cancella quindi quella sorta di "controllo politico" sinora esercitato dallo Stato nei confronti delle Regioni, limitandone fortemente l’autonomia. Rimane ferma la possibilità del Governo di appellarsi alla Corte Costituzionale contro una legge regionale, ma anche le Regioni potranno fare lo stesso contro una legge dello Stato. Con la medesima logica, anche gli atti dei Comuni non saranno più sottoposti al controllo da parte delle Regioni (nel nostro caso da parte delle Giunte provinciali). Infine, si abolisce la figura del Commissario del Governo.
In conclusione, questa riforma rappresenta un notevole passo avanti nella direzione di istituzioni più efficienti e più vicine ai cittadini. Emerge però in maniera evidente il fatto che si tratta di una riforma solo parziale della Costituzione, mancando alcuni tasselli necessari per dare una forma coerente al nuovo assetto istituzionale. In particolare, manca la cosiddetta Camera delle Regioni, luogo necessario per consentire alle Regioni di compartecipare alle decisioni dello Stato sulle materie che le riguardano. A questo obiettivo, più che a fantomatiche "devolution", sarebbe bene che lavorasse il nuovo Parlamento.