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Una futile cagnara

Alcune note sul cosiddetto referendum sulla devolution.

Il referendum lombardo ridicolmente chiamato sulla "devolution" è una pura futilità. Eppure ha occupato la ribalta per diversi giorni, dando luogo alla simulazione di un conflitto drammatico fra il governo della Repubblica ed il Presidente della più ricca regione italiana attorno al fondamentale problema della data della sua effettuazione.

E’ una pura futilità perché, qualunque sia il suo esito, non cambia assolutamente nulla nell’ordinamento costituzionale e amministrativo vigente, poiché è meramente consultivo.

Ma anche il suo contenuto è di una meschina inconsistenza. Infatti con esso si chiede ai lombardi, e solo ad essi, se desiderano che alla loro Regione siano attribuite nuove competenze in materia di sanità, scuola e polizia locale, materie che in parte già ora spettano alla competenza della Regione e che comunque saranno assegnate a tutte le Regioni, non solo alla Lombardia, in misura assai maggiore quando e se avrà esito positivo il referendum confermativo che saremo presto chiamati a votare sulla legge costituzionale recentemente approvata dalla maggioranza di centro-sinistra.

Che senso ha allora tutta questa cagnara che si è fatta attorno ad una questione così futile?

L’unico significato che si può ravvisare nella esagitata iniziativa di Formigoni e Bossi è esclusivamente politico ed assai preoccupante.

Anzitutto essa è in palese contrasto con ciò che dice di essere. Usurpano la parola "federalismo" per celare sotto di essa esattamente il contrario di ciò che tale termine evoca. Il federalismo è infatti un processo di associazione di Stati separati per mettere in comune idee ed energie al servizio di comuni interessi. Così è stato per gli Stati Uniti di America, per la Germania Federale, per la confederazione Svizzera. Così è per l’Unione Europea oggi. Formigoni e Bossi tendono invece a separare, a dividere, a contrapporsi alla parte cui ora sono uniti. Nella formazione degli Stati federali l’orientamento popolare veniva indirizzato alla confluenza. Formigoni e Bossi eccitano invece al ripudio.

E’ ben vero che nel caso nostro partiamo da uno Stato unitario già esistente. E dunque il processo di riforma ha una direzione opposta a quella tipica degli Stati federali. Esso si realizza attraverso un trasferimento di competenze, di uffici, di personale e di risorse dal centro alla periferia. Ma ciò avviene con tappe successive, percorse nel confronto ragionato fra tutte le parti coinvolte, in un processo razionale di decentramento di poteri che non intacca l’unità solidale dell’intero corpo. Sarebbe pura follia, nel momento in cui i popoli europei stanno edificando l’unità politica del continente, smembrare e dissolvere l’Italia.

E’ appunto questo lo spirito che invece anima Formigoni e Bossi. Per loro il referendum è solo una occasione per fomentare, nel popolo lombardo, l’ostilità verso Roma ed il meridione, per alimentare un’onda eversiva contro l’ordinamento costituzionale della Repubblica.

In ciò sono in perfetta sintonia con altre componenti della destra. Sulla questione della data del referendum lombardo vi sono per il vero evidenti dissensi nella cosiddetta Casa della Libertà, poiché l’esasperazione della linea intransigente di Bossi è manifestamente strumentale e indifendibile. Ma il significato politico di contrasto all’ordinamento costituzionale vigente è perfettamente allineato con altri attacchi che la destra porta alla Costituzione.

L’attentato all’autonomia dell’ordine giudiziario, che ha conosciuto momenti di indicibile parossismo nelle violente polemiche contro i magistrati definiti "toghe rosse" e addirittura "assassini", oggi è delineato con impudica precisione nella proposta , fra le altre, di affidare al Parlamento il compito di selezionare le priorità secondo le quali deve essere promossa l’azione penale. Il passo per giungere alla separazione delle carriere e fare dei pubblici ministeri subordinati funzionari del governo, a questo punto sarà assai breve.

L’esaltazione del mercato e della iniziativa economica privata, il tentativo di abrogare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, sono segnali evidenti di una volontà manifesta di aggredire quei principi, consacrati nella nostra Costituzione, che garantiscono al lavoratore una vita dignitosa e che assegnano alla proprietà ed alla iniziativa economica privata precisi limiti di compatibilità con l’utilità sociale.

Quando si prefigura un modello di società caratterizzato dalle tre i, Internet - inglese - impresa, come ha fatto Berlusconi, è fondato il timore che l’articolo 1 della Costituzione, che stabilisce che la Repubblica è fondato sul lavoro, sarà sostituito dall’affermazione che la Repubblica è fondata sull’impresa.

Forse su Mediaset?