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Si vota per il sindaco. Oppure no?

Elezioni comunali fra sistemi elettorali e problemi concreti.

Fra pochi giorni, il 9 aprile, gli 80.000 circa aventi diritto, a Innsbruck, vanno alle urne. Per eleggere il sindaco? No, almeno secondo i principi costituzionali vigenti. Si vota per il Consiglio, il quale, poi, eleggerà il sindaco, cioè il candidato proposto dal gruppo (o dalla coalizione di gruppi) più forte.

Sarebbe più democratica l’elezione diretta del sindaco? In proposito, ho dei dubbi. E noi verdi questi dubbi li abbiamo espressi fino alla nausea. La figura del sindaco eletto direttamente non quadra col nostro sistema di democrazia parlamentare. In fin dei conti, è il Consiglio - in base al suffragio universale e proporzionale - che deve esprimere una maggioranza e poi dare la fiducia al presidente del Consiglio espresso da questa maggioranza. E’ il Consiglio provinciale che, con la stessa procedura, dà la fiducia al presidente della Giunta. Ed il Consiglio comunale è il rappresentante "dei cittadini e delle cittadine organizzatisi in Comune", come recita la Costituzione (art. 118). Il Consiglio è il sommo organo dell’autodeterminazione e dell’auto-amministrazione della società civile. Non si vota per Tizio o per Caio, si vota per partiti o liste con un certo programma, con un insieme di proposte per l’organizzazione della vita cittadina. Questi partiti, poi, formano una coalizione maggioritaria ed eleggono un sindaco che presiede il Consiglio e la Giunta comunale e dirige l’amministrazione secondo l’agenda negoziata fra i partners di governo.

Nessuno, finora, è riuscito a spiegare come e perché un sindaco eletto direttamente - cioè un "capitano del popolo" di memoria rinascimentale - sarebbe più democratico. Con tutto il chiasso che si è fatto sulla "partitocrazia", ci si dimentica di spiegare come, in una società pluralistica e laica, la "auto-organizzazione" della società civile possa esprimersi, come mai i divergenti interessi, stili di vita, e punti di vista possano trovare una qualche sintesi, se non con gli strumenti della democrazia rappresentativa, parlamentare; insomma, con i partiti. E non con i leaders, coi capitani del popolo, ai quali bisogna dare una fiducia più o meno cieca, e che vengono eletti in base a campagne "americanizzate", tutte marketing e niente contenuto.

Sarò un nostalgico della democrazia novecentesca, ma a me queste chiacchiere contro la partitocrazia, contro le eccessive mediazioni fra partiti e liste, contro i ras di partitini la cui unica ragion d’essere sarebbe la spartizione delle poltrone, mi sanno di rancore antidemocratico, perfino autoritario.

Isei anni del sindaco van Staa e le sue insistenti pressioni per avere l’elezione diretta del sindaco, la sua cosiddetta "lista civica", la quale non è che una versione light della vecchia balena bianca democristiana, il suo stile di governo, e la sua campagna elettorale alla de Gaulle ("io o il caos"), non mi hanno certo fatto cambiare idee, anzi.

"Datemi una maggioranza sicura, o mi dimetto"- ha fatte sapere il Capitano al suo popolo. Siamo minacciati dall’ingovernabilità all’italiana, con magari 13 liste in Consiglio? Ma chi l’ha detto che fra le tre o quattro liste più forti sarà impossibile identificare qualche convergenza, stendere un’agenda per i problemi più urgenti, e poi trovare maggioranze, anche diverse a secondo della questione all’ordine del giorno, per governare tranquillamente e democraticamente per sei anni? E’ perfino disposto - ha mandato a dire il magnifico sindaco - a formare una coalizione, purché gli altri si adeguino al programma di sua maestà.

Se a queste illusioni di grandeur, a questo bonapartismo, si ribella perfino il vecchio partito popolare "ufficiale", che finora è stato l’alleato di governo piú docile, non sarà che vecchia voglia di spartizione partitocratica?

Ci sono comunque problemi ben più grossi della scelta del sindaco. Vogliamo costruire una nuova uscita dell’autostrada per avere più macchine nel centro e nei quartieri residenziali - o vogliamo capire che mobilità dei cittadini non vuol dire, sempre e comunque, auto-mobilità? Vogliamo costruire tre nuovi parcheggi sotterranei in centro (e fare tabula rasa del verde pubblico), o preferiamo investire per rafforzare la qualità del trasporto pubblico? Vogliamo law and order, stile Ralph Giuliani, e "zero tolerance", o difendiamo la convivenza sociale, la quale vuole anche dire l’inclusione di tutti i "diversi", com’è stata la tradizione della democrazia urbana fin dal medioevo? Vogliamo la cultura spettacolare, degli "events", al servizio del turismo e della rendita di posizione competitiva, o vogliamo una cultura democratica che sviluppi un discorso critico ed aiuti i cittadini a rendersi conto della realtà odierna?

Secondo i sondaggi, la lista del sindaco avrà un po’ piú del 30%; ci sono poi quattro partiti attorno al 15% (verdi, socialdemocratici, popolari "ufficiali", Freiheitliche). Sarà dunque possibile una coalizione guidata dal van Staa che includa sia i popolari che i vecchi ras dei partitini minori, cioè un bel minestrone di "nuovismo" e del "vecchio piú vecchio" - oppure anche una coalizione alternativa.

Decidano gli elettori. E scelgano fra programmi un po’ più complessi che il ritornello di "l’état c’est moi", e "non disturbare il manovratore".

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