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L’arbitro e i paletti

Commissione su Tangentopoli: equivoca e pericolosa. Per fortuna, in extremis...

Il disegno di legge approvato dalla Camera il 26 gennaio 2000, e subito passato al Senato per la costituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta su "Tangentopoli", ha una natura di Giano bifronte: mostra una faccia, ma si capisce che dietro ne ha un’altra rivolta nella direzione opposta. Quanto a chiarezza e coerenza uno studente di giurisprudenza avrebbe fatto meglio del nostro legislatore.

La prima ragione del dissenso riguarda la legittimità stessa della Commissione dal punto di vista della correttezza giuridica e politica. Scopo della Commissione è infatti compiere accertamenti e pronunciare un giudizio conclusivo sull’oggetto indicato dall’art. 1: "Illeciti rapporti tra sistema politico e sistema economico-finanziario" e "illecito finanziamento dei partiti". Tra gli indagati ci sono dunque anche partiti politici, i loro dirigenti nazionali e periferici, deputati e senatori. La logica ed il buon senso insegnano che non si può essere giudici di se stessi. Il giudice deve sempre essere "terzo", cioè estraneo e imparziale, invece la Commissione sarà composta da 40 parlamentari (20 senatori e 20 deputati) che sono diretta espressione dei partiti (l’art. 2 precisa addirittura che devono essere "in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari"). C’è dunque una inammissibile confusione tra giudicanti e giudicati. Il principio della terzietà (estraneità, imparzialità) dell’arbitro vale per la magistratura e per le partite di calcio, ma evidentemente non vale per i partiti, i quali con la Commissione giudicheranno se stessi. E’ sufficiente, io credo, questo peccato di origine per delegittimare completamente la Commissione. La scelta di un arbitro non neutrale fa presumere infatti che il vero obiettivo della Commissione sia la generale assoluzione del sistema politico.

Ma c’è un secondo obiettivo, non meno grave, che è quello di mettere sotto accusa i giudici di "Mani Pulite". E’ vero che l’art. 4, comma 7 del testo vieta alla Commissione di "interferire con i processi penali in corso", ma l’art. 2, comma 2, lettera c) affida alla Commissione un compito esattamente contrario: "accertare le ragioni che abbiano determinato eventuali incompletezze e lacune nell’azione della magistratura e degli organi ausiliari di essa".

Come sarebbe possibile svolgere tale compito, se non mettendo sotto accusa i magistrati e la loro attività, compresa quella della Polizia giudiziaria? Inoltre lo sbarramento dell’art. 4 riguarda "i processi in corso" e non quelli già definiti, che videro imputati principalmente la DC e il PSI, con i loro massimi dirigenti Forlani e Craxi. E’ evidente che proprio questi processi saranno oggetto di indagine, per svuotare di significato le sentenze di condanna passate in giudicato, per dimostrare che i processi non furono giusti e che i grandi inquisiti del passato vanno riabilitati.

Il prof. Leopoldo Elia, illustre giurista e Presidente emerito della Corte Costituzionale, ha denunciato "la contraddittorietà e l’equivocità" del testo di legge, che si tradurrebbe in una continua interferenza sull’attività della magistrature, e si è chiesto: "Come si può far vivere e operare una Commissione minata da questi contrasti sul mandato e sulla natura del mandato?"

Lo sconcerto aumenta in presenza di altre anomalie. Non si capisce per esempio per quale ragione l’art. 1, comma 2, lettera a) disponga che la Commissione indaghi e accerti fenomeni di corruzione e di concussione soltanto "tra pubblici ufficiali e titolari di imprese". L’esperienza insegna che nel compimento dei reati hanno avuto e hanno ruolo autonomo, e a volte preponderante, i cosiddetti "faccendieri" che hanno proliferato ai tempi di "Tangentopoli" (chi può dimenticare l’impareggiabile Cusani?). L’esperienza insegna anche che le maggiori corruzioni riguardano "gli incaricati di pubblici servizi" (anziché i pubblici ufficiali) che operano prevalentemente nelle aziende a partecipazione statale.

Dimenticanze? Errori di superficialità e incompetenza, oppure omissioni consapevoli che mirano a precostituire un risultato? Difficile dirlo, così come è impossibile capire perché della Commissione non possano far parte i parlamentari "che abbiano svolto indagini o abbiano giudicato" (cioè proprio coloro che meglio di ogni altro sanno come sono andate le cose), e il divieto invece non valga per i difensori delle persone coinvolte (se sono parlamentari).

L’esame particolareggiato del testo potrebbe continuare, con risultati divertenti. Ma quanto ho scritto è sufficiente, io credo, a dimostrare che si tratta di un disegno di legge equivoco e pericoloso, a cui il Senato potrà porre rimedi utili, ma non decisivi, perché purtroppo la scelta di un arbitro non neutrale non può essere modificata.

L’attività della Commissione provocherà inevitabilmente un contrasto istituzionale fra i poteri dello Stato: da un lato il Parlamento e dall’altro la Magistratura, con conseguente ulteriore inquinamento della vita politica per il "rullare di dossier" (parole di Veltroni) che inevitabilmente usciranno dai cassetti.

Mentre scrivo si ha notizia che la Commissione Affari Costituzionali ha corretto il suo testo da sottoporre all’aula del Senato, togliendo le anomalie più gravi e quelli che Antonio Di Pietro ha definito i "virus interpretativi". Per esempio è stato eliminato l’articolo che prevedeva l’indagine sulle "incompletezze o lacune dell’azione della Magistratura", che apriva le porte al processo contro i giudici di Mani Pulite.

Il Polo è insorto contro queste modifiche, e purtroppo anche i socialisti di Boselli i quali minacciano addirittura di uscire dalla maggioranza (provocando una crisi di governo) se il Senato approverà le modifiche.

Non possiamo sapere come andrà a finire. Speriamo che la ragione e la chiarezza prevalgano sugli interessi di parte, e che il Senato ponga dei paletti ben saldi che impediscano un contrasto fra i poteri dello Stato: da un lato il Parlamento e dall’altro la Magistratura, con conseguente ulteriore inquinamento della vita politica.

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