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La mozione DS sulla droga

Una proposta in contrasto con l’articolo della Costituzione che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”.

Il recente congresso DS ha approvato un documento, su iniziativa della Sinistra Giovanile, che propone una svolta nella politica sulla droga. Si tratta di un documento di partito, che non impegna né il Parlamento nè il Governo, come ha sùbito detto il ministro Livia Turco, e che tuttavia va discusso dall’opinione pubblica e dagli specialisti con serietà e senza preconcetti, nel tentativo di contenere l’espansione del consumo di droga e la strage senza fine che essa provoca soprattutto tra i giovani.

La mozione approvata prevede essenzialmente tre cose: la legalizzazione delle "droghe leggere", la depenalizzazione delle droghe (tutte?), e la sperimentazione medicalmente assistita della somministrazione controllata dell’eroina. La proposta è accompagnata da misure per il recupero dei tossicodipendenti con "percorsi di formazione nelle scuole e nei luoghi di incontro giovanile sui danni e le conseguenze che le droghe provocano", ed è ispirato dall’intenzione di liberare i consumatori di droga dal rapporto con lo spacciatore e con la criminalità organizzata.

La mozione parte dalla constatazione che la strategia antiproibizionista sembra esser fallita: dal 1973 ad oggi 18.000 giovani sono morti per droga; il 30% dei deceduti è costituita da tossicodipendenti o da giovani reclusi per reati collegati al consumo di stupefacenti (circa 15.000 soggetti). La maggior parte degli episodi di criminalità diffusa sono commessi allo scopo di procurarsi il denaro sufficiente per la dose giornaliera.

Questi giovani, che non possono essere definiti criminali nel senso proprio del termine, lo diventano in prigione e quando escono costituiscono un pericolo per sé e per la sicurezza dei cittadini. Prima di chiedersi se la mozione DS contiene la risposta giusta, bisogna esaminare le ragioni del fallimento della strategia proibizionistica. Prima di arrendersi e di voltare pagina, mi sembra necessario riflettere se la linea seguita sia stata sbagliata e debole. Io credo di sì: sbagliata perché ha colpito (penalmente) soprattutto il consumatore ed il piccolo spacciatore; debole perché le basi del narcotraffico non sono state aggredite con la determinazione necessaria. Per cercare di vincere la battaglia contro la droga le iniziative devono essere molteplici (educazione, informazione, cultura, ecc...), ma non vi è dubbio che sul fronte della repressione la cosa principale è colpire il nemico alla testa anziché in punti non vitali. Il serpente sarà morto solo quando la testa sarà schiacciata. Accade invece che in carcere vi sono migliaia di tossicodipendenti, mentre gli spacciatori, soprattutto i grandi spacciatori (le multinazionali della droga) sono liberi e dirigono quasi indisturbati i loro traffici.

La contraddizione e sotto gli occhi di tutti. Migliaia di giovani che vogliono procurarsi la droga sanno dove trovarla: è possibile che non lo sappia la Polizia, e non possa risalire alla fonte? Io credo che la strategia antiproibizionista è fallita perché non si è colpito il narcotraffico con decisione, ma solo i consumatori. Non è vero quindi che, preso atto del fallimento, non c’è altro da fare che cambiare pagina e legalizzare o depenalizzare l’uso della droga. E’ vero il contrario: bisogna colpire a fondo il narcotraffico, la testa del serpente, con una strategia concordata fra gli Stati poiché la lotta alla droga è internazionale (come non si stanca di ripetere Pino Arlacchi).

Vi è una seconda obiezione che si oppone all’accoglimento della mozione DS. Alla base, anche se non detto esplicitamente, vi è l’assunto fondamentale degli antiproibizionisti: "La droga non è vietata perché fa male, ma fa male perché è vietata".

E’ una menzogna, un calembour per gli allocchi. Tutte le droghe sono nocive, non solo quelle pesanti, ma anche quelle definite leggere. La più antica e accreditata definizione di sostanza stupefacente è che: "deve trattarsi di un veleno ad azione selettiva sulla corteccia celebrale, con effetti analgesici e con la perdita del senso morale e sociale"(A. Simeone, Gli stupefacenti, Roma 1960; in G. Giusti e D. Sica, Gli stupefacenti, Cedam 1979).

Anche le droghe cosiddette leggere, quali ad esempio la marijuana e l’hashish sono nocive: producono danno alla salute e alla società. Il loro uso può indurre malattie gravi (arterite, encefalopatia, paraplegia, epatite cronica, atrofia cerebrale, ecc.) e possono condurre alla morte (G. Giusti e D. Sica, ibidem, pag. 129,130).

Probabilmente fanno meno danni del tabacco e dell’alcool, almeno secondo gli studi più recenti, ma è indubitabile e scientificamente accertato che l’uso prolungato di marijuana e di hashish, anche in dosi minime, produce danni irreversibili alla corteccia celebrale, all’equilibrio psichico e agli apparati riproduttivi, che non escludono complicazioni gravi e la morte. Se così è, e non pare possibile contestarlo, vi è un ostacolo giuridico all’accoglimento della mozione DS. L’art. 32 della Costituzione dice: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interessse della collettività".

Senza dunque ricorrere a principi religiosi o morali, che pure hanno la loro importanza, dobbiamo chiederci come, in contrasto con la Costituzione, il Parlamento potrebbe legalizzare l’uso di sostanze tossiche, nocive per la salute individuale e collettiva.

Cambiamo la Costituzione? E’ vero che lo stesso problema si pone anche per le altre sostanze, ad esempio l’alcool e il tabacco (la cui diffusione di massa preesisteva all’entrata in vigore della Costituzione), ma l’esistenza di una o più contraddizioni con l’ordinamento giuridico non giustifica l’introduzione di altre contraddizioni. Della proposta dei DS sembra potersi salvare, da un punto di vista giuridico, la "sperimentazione medicalmente assistita della somministrazione controllata di eroina" a soggetti tossicodipendenti, perché lo scopo sarebbe chiaramente terapeutico, in armonia con l’art.32 della Costituzione.

Anche la depenalizzazione è da accogliere, non ostandovi alcun precetto costituzionale, e potendo la pena (cioè attualmente il carcere) essere sostituita da più efficaci sanzioni amministrative. Nel caso dei tossicodipendenti il carcere è la soluzione peggiore: i giovani che vi entrano nella grande maggioranza non sono "criminali", ma lo diventano rapidamente e quando escono producono effetti devastanti per la sicurezza dei singoli e della collettività.

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