Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Il passato incontra il futuro

L’inverosimile ricerca di un’identità “nazional-tirolese” a 200 anni dalla “insurrezione”

La storia non si fa con i se. Ma per un attimo mettiamo che Andreas Hofer non sia stato fucilato a Mantova. Niente morte eroica, niente famose ultime parole, niente mito, solo una minuscola rivolta finita in modo disastroso e presto dimenticata.

Un barbone sempre un po’ brillo, che millantava finte battaglie, rammaricandosi della gloria perduta, rompendo le scatole a tutti e infine falcidiato dal colera del 1836. Così lo dipinge ipoteticamente lo storico sudtirolese Hans Heiss in un suo saggio comparso nel volume "Mythos: Andreas Hofer", che raccomando vivamente a chi sa leggere il tedesco. "La memoria di questo vecchio – scrive Heiss - avrebbe sottolineato la sua umanità, impedendo la creazione di un mito sovrumano", Un po’ come il Che: se non fosse per la morte romantica in Bolivia, sarebbe ricordato per la sua disastrosa gestione del ministero dell’industria. Invece il viceré dei francesi lo fece fucilare, e da cent’anni dobbiamo sopportare grandiose celebrazioni, nel corso delle quali le narrazioni cambiano a seconda dei bisogni del momento, mentre la sostanza svanisce sempre più nel nulla.

Di sostanza, in verità, non ce n’è granché. La rivolta del 1809 non ha mai avuto un significato europeo, e giustamente viene ignorata dagli storici, esclusi quelli localistici, come c’insegna la prof. Mazohl nel libro citato.

Sul finire del Novecento, il 1809 divenne il grido di battaglia del pangermanismo. Ma anche la monarchia austriaca voleva includere Hofer nel pantheon degli eroi della Patria asburgica, sottolineando la sua fedeltà alla dinastia. Nel 1934, per il 125° anniversario, i clerico-fascisti del regime di Dollfuss osannavano l’Hofer "austriaco" e "cattolico", mentre i nazisti, 5 anni dopo, ripresentarono l’eroe germanico tradito dagli odiati asburgici, e finalmente rimpatriato nel Reich. Nel 1945 (o forse nel 1947, la datazione della foto non è esatta) Hofer compare accanto a Stalin, come eroe della liberazione nazionale, sul palco di un comizio comunista a Innsbruck.

Ma leggendo le pochissime lettere e le proclamazioni dettate da Hofer (un’edizione completa uscirà quest’anno, curata da Andreas Oberhofer) si trova un uomo insicuro, in bilico fra megalomania e depressione, con una visione del mondo molto ristretta: fedeltà alla dinastia garante delle tradizionali libertà degli agricoltori tirolesi (ed anche in ciò fu clamorosamente tradito dal "suo" imperatore) ed alla religione in versione gesuitico-controriformatrice. Un uomo, insomma, un montanaro qualunque inciampato in una storia troppo grande per lui, un eroe forse controvoglia, uno che, secondo testimonianze dirette non ancora riverniciate per far parte del mito, è morto tremante di paura come chiunque davanti al plotone di esecuzione.

Ora celebriamo il bicentenario con la parola d’ordine "Vergangenheit trifft Zukunft", cioè "il passato incontra il futuro". Che vuol dire? Boh. In ogni caso, a suon di milioni. Con 25 milioni circa, la Provincia sta infatti costruendo un nuovo museo sul Bergisel. Al centro dovrebbe esserci la famosa, gigantesca "pittura panoramica" novecentesca da rimuovere dall’edificio rotondo a suo tempo costruito appositamente. Secondo la normativa in materia di protezione dei monumenti, l’edificio e la pittura formano un’unità inseparabile, ma pazienza. Dopo un’ordinanza dell’Ente Nazionale per la Protezione che vieta il trasferimento e richiede il restauro dell’edificio traballante, la ministra della Cultura deve ora decidere in base ad un appello della giunta provinciale. Insomma, non si sa ancora se spostare il dipinto sia legale, ma esso figura già come perno di un museo in costruzione. Cosa ci sarà, per "contestualizzare" il mito, per promuovere quel famoso incontro di passato e futuro, per spiegare cosa diavolo sia quella "tirolesità" da inserire in un contesto più grande, europeo? Mah. La giunta ha presentato, in pompa magna, un progetto, prodotto da un gruppo di lavoro che comprendeva, fra gli altri, un "esperto" di fama europea e il direttore dei musei provinciali. Un progetto, in fin dei conti, inesistente, perché ancora non si capisce a cosa dovrebbe servire il museo e come finanziarne la gestione. Probabilmente pagherà Pantalone.

Il quale pagherà anche per diverse manifestazioni culturali, per una campagna di sensibilizzazione con lo slogan "Tirol steckt in mir" ("quel pezzo di tirolesità dentro di me"), e per la grande manifestazione degli Schützen in settembre. Non si sa ancora se con o senza la famigerata "corona di spine", simbolo del Sudtirolo rubato dai perfidi italiani. Auguri.