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QT n. 7, 3 aprile 1999 Servizi

Rivedere il piano di fabbrica? Un bel problema!

Interessi intrecciati, eredità del passato, malumori anonimi... Il caso del Comune di Giovo.

Roberto Devigli

Molte amministrazioni comunali del Trentino hanno messo mano in questi anni al piano di fabbrica con l’intento di modernizzarlo, visto che la prima stesura, mediamente, risale alla fine degli anni Sessanta. Tra i compiti riservati ai Municipi, la programmazione urbanistica è decisamente quello più importante e nei nostri paesi, quasi tutti di modeste dimensioni, è la funzione più delicata a causa delle tensioni, delle aspettative e degli interessi particolari che spesso sono in gioco.

In queste settimane dovrebbe arrivare sul tavolo della Giunta provinciale la variante al Piano Regolatore del Comune di Giovo in Val di Cembra, secondo municipio per importanza demografica dopo il capoluogo di valle. Sul tavolo degli uffici urbanistici della Provincia sono state depositate da tempo delle osservazioni particolarmente critiche che riguardano la futura area artigianale del paese. Gli amministratori di Giovo (pardon, il commissario) la vorrebbero collocare nella frazione di Serci, un tranquillo gruppo di case che a causa di questa scelta urbanistica ne risulterebbe stravolto.

La variante al piano di fabbrica è stata approvata dal "commissario ad acta" l’estate scorsa, ma per divenire operativa deve superare l’esame degli uffici provinciali e deve ottenere l’approvazione della Giunta provinciale. Come in tanti altri comuni, anche a Giovo, la variante è stata adottata dal commissario in quanto la gran parte dei consiglieri comunali sono risultati "in conflitto di interessi" con il municipio che amministrano. Infatti, in base agli indirizzi della giurisprudenza più recente, fatti propri anche in sede locale, per essere in conflitto di interessi e quindi rischiare conseguenze penali per "interesse privato in atti pubblici" basta che un parente o un affine fino al 4° grado (ad esempio un cugino) possegga un qualsiasi terreno oggetto della variante urbanistica. Nei nostri piccoli paesi, è ovvio, questa situazione è pressoché scontata e allora spetta alla Giunta provinciale, su richiesta del Comune, nominare un commissario che subentra nelle competenze del consiglio comunale e, "d’ufficio", approva il piano regolatore.

La procedura risulta un po’ ipocrita, perché quasi sempre il commissario funge da notaio di una situazione già ben incanalata da altri, in particolare dalla giunta comunale che ha scelto il professionista al quale affidare l’incarico per la revisione del piano e al quale ha sicuramente dato le dritte necessarie. Nel caso di Giovo, l’associazione "Montagna Selvaggia", che dichiara di avere sede in piazza Pulita a Verla di Giovo (nome e indirizzo chiaramente inventati), ha inviato quattro cartelle fitte fitte di osservazioni agli uffici della Provincia. L’avere scelto un nome di comodo potrebbe risultare fatale per il contenuto delle osservazioni, che nel merito appaiono invece interessanti e che qualcuno nel paese conferma essere in buona parte fondate. Ma purtroppo, quando si affrontano certi argomenti e certi interessi forti, non tutti, anche nei nostri paesi, possono permettersi di uscire allo scoperto.

Come si diceva, "Montagna Selvaggia" contesta la collocazione nella tranquilla frazione di Serci di un’area per attrezzature ed impianti agricoli e di un’altra destinata ad attività artigianali che, in val di Cembra, sono spesso sinonimo di porfido e quindi di polveri e rumori. Nelle osservazioni critiche inviate alla Provincia, la frazione di Serci viene definita come un’oasi di pace armonicamente incastonata nel verde dei boschi e della campagna (siamo a 650 metri di altitudine) alle falde del Monte Corona, zona ricca di fauna (caprioli, lepri, cervi, volpi, tassi...) ed attrezzata con un frequentato e apprezzato percorso per mountain bike. L’ultimo posto, in sostanza, dove impiantare capannoni artigianali, tanto più che, secondo i critici, giù in paese (a Verla, il capoluogo comunale) ci sono ancora lotti artigianali inutilizzati. Che senso ha - si chiedono - piazzare delle attività produttive nella frazione decentrata quando poi, per qualsiasi servizio, le imprese dovranno recarsi più a valle dovendo tra l’altro utilizzare una viabilità non certamente fatta per sopportare il traffico dei grandi camion o un traffico di pendolari?

erché quindi - si chiedono i critici - turbare pesantemente la tranquillità e forse anche la salute dei residenti e dei villeggianti del paesino di Serci?

PSenza considerare il fatto che negli ultimi vent’anni sono state pochissime le concessioni edilizie rilasciate per attività produttive, e negli ultimi 10 anni nessuna.

Se ne deduce che non esiste una forte richiesta di aree artigianali, e in ogni caso restano sempre i quattro lotti di Verla non ancora utilizzati.

Accanto alla futura zona artigianale, sempre a Serci, il municipio vorrebbe ampliare di un ettaro circa l’area destinata ad "impianti per l’agricoltura". La richiesta è partita dal consorzio ortofrutticolo "Cinque Comuni" di Lavis, che nella stessa area ha già costituito da alcuni anni un centro di raccolta scoperto (una pesa, un piccolo edificio, ed un deposito di cassoni), dove gli agricoltori di Giovo conferiscono le loro mele. La cooperativa di Lavis vorrebbe ampliare la struttura costruendo anche una tettoia di copertura.

"Montagna Selvaggia" contesta l’impatto paesaggistico dell’iniziativa e inoltre ricorda che analoga richiesta venne già avanzata in passato e il Comune modificò il piano di fabbrica adattandolo alle esigenze degli agricoltori locali. Ma poi successe che buona parte dell’area concessa ad uso attrezzature agricole, anziché al magazzino andò a finire in mano a dei privati, fra i quali un parente dell’ex assessore provinciale Francesco Moser.

Se "Montagna Selvaggia" teme nuove manovre speculative, il presidente del consorzio "Cinque Comuni" Alessandro Zadra, da noi sentito, esclude anzitutto responsabilità della sua cooperativa per gli episodi del passato, in quanto l’area ceduta ai privati era stata richiesta ed ottenuta da un’altra cooperativa, la "Giovofrut", successivamente liquidata, ed i cui soci sono confluiti nel "Cinque Comuni".

Zadra ribadisce inoltre che la produzione di mele sulla collina di Giovo è in crescita e si arriverà presto ai trentamila quintali a stagione, per cui nella zona è necessario attrezzare una struttura adeguata.

Come dicevamo all’inizio, la vicenda dovrebbe essere affrontata al più presto dalla Giunta provinciale, che dovrà dire l’ultima parola sulla variante al Piano Regolatore di Giovo.

Vedremo come andrà a finire.

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