Valduga e Speri se ne vanno
Rifondazione Comunista, addio
"Per quanto ci riguarda, non cesseremo certo l’impegno politico. Lo svolgeremo cercando di mantenere e allargare i rapporti, la discussione e possibilmente l’azione con quanti, legati o non legati a organizzazioni politiche, intendono affrontare con serietà e coerenza, senza toni apocalittici né trionfalismi, il problema del che fare nelle condizioni date per difendere e allargare la democrazia e per trasformare la società in senso socialista, coscienti che si tratta di un processo lungo. A portata di mano ci sono solo le illusioni".
Con queste parole si conclude il documento politico con cui Gianfranco Valduga e Giuseppe Speri hanno voluto spiegare le ragioni della loro uscita da Rifondazione Comunista della cui nascita, otto anni fa, furono i più decisi sostenitori in Trentino, quando il vecchio Partito Comunista diventò Partito Democratico della Sinistra. Passati per i molti travagli e le continue uscite di militanti e iscritti, da cui è stata costellata la breve storia di Rifondazione nella nostra provincia, Valduga e Speri da più di un anno segnalavano il loro dissenso dalle posizioni politiche nazionali del loro partito.
Inoltre, a deteriorare i rapporti interni, si sono aggiunte le vicende locali, prima fra tutte la divergenza esplosa pubblicamente con un’area interna a Rifondazione che ha fatto quadrato intorno a Guido Gasperotti, della cui pratica politica sia Valduga che Speri non condividevano sostanzialmente nulla. In particolare negli ultimi mesi entrambi si sono convinti che le posizioni di Gasperotti e dei suoi avevano il sostegno del gruppo dirigente nazionale di Rifondazione e che dunque certi atteggiamenti e pratiche politiche non erano solo cucina locale.
Scrivono infatti nel loro documento: "La politica gridata, portata avanti da alcuni compagni più spesso con attacchi personali verso tutti, compresi compagni e circoli colpevoli di non sottomettersi alla loro impostazione, peraltro mai decisa né discussa da nessun organo collegiale, non era una particolarità nostrana. Ha avuto la copertura e l’avallo del gruppo che ha determinato la linea politica anche in sede nazionale. Ciò conferma che quel loro modo di operare non è che la versione locale della politica attuata in sede nazionale. Una politica fortemente segnata da preoccupazioni tutto sommato elettoralistiche, dal bisogno di apparire ‘rivoluzionaria’ per ottenere consenso".
Ma il rifiuto della linea politica di Rifondazione appare ancora più netto quando il documento affronta il problema del rapporto con le altre forze politiche e con gli strati popolari che Rifondazione vorrebbe rappresentare e difendere. In realtà, secondo Valduga e Speri, si è di fronte solo ad un radicalismo verbale che non ha mai prodotto un risultato positivo, che può attrarre solo chi ha bisogno di sentire parole forti e "rivoluzionarie", ma che allontana chi vuole serietà, razionalità e coerenza politica.
Un ulteriore motivo di dissenso totale viene espresso sulla questione del sindacato. Gravissimo errore e folle decisione viene definita la scelta di costituire nella Cgil la cosidetta "Area dei comunisti della Cgil". Una scelta - dicono i due dissenzienti - archiviata in silenzio, senza che nessuno spendesse una parola di autocritica dopo il più totale fallimento, visto che solo pochi degli stessi iscritti di Rifondazione hanno voluto aderire all’ iniziativa.
Più di un motivo, insomma per abbandonare Rifondazione Comunista.
Che faranno, ora, Valduga e Speri visto anche che sono consiglieri comunali eletti nelle liste di Rifondazione rispettivamente a Rovereto e a Mori ? Anche se circolano voci di una loro adesione al Partito dei Comunisti Italiani, nato recentemente dalla scissione di Rifondazione, in realtà, per ora, la cosa non appare così scontata.