Cultura e spettacoli: crisi di crescita
Il Centro Santa Chiara: tanti spettacoli, tante critiche. In realtà...
Si è rivelata una tempesta in un bicchier d'acqua il recente "scandalo" sui bigliettiomaggio distribuiti dal Centro culturale Santa Chiara, più di 11.000 negli ultimi due anni. Cifra che ha dapprima lasciato sbalorditi, ma quando poi si è fatta la divisione per il numero di spettacoli, ci si è accorti che lo scandalo si riduceva a 36 omaggi a spettacolo; e si è chiuso il discorso. Ma non le polemiche.
Il punto di partenza è il successo dell'attività del Centro. Un successo che molti cittadini hanno potuto vivere di persona: una dilatazione delle offerte di spettacolo che hanno abbracciato nuovi generi, moltiplicando le occasioni di consumo culturale. La tabella a fianco fornisce i dati più significativi: negli ultimi anni si sono moltiplicati gli eventi e gli spettatori; e parallelamente è anche scesa l'incidenza del pur vistoso contributo pubblico. Certo, ci sono settori un po' fragili (il jazz e il teatro comico soprattutto), altri sulla cui gestione ci sarebbe da discutere (la "Musica d'autore": non si capisce perché in Trentino i concerti di musica leggera siano in perdita) ed altro si potrebbe ancora dire.
Ma il problema vero, dicevamo, è il successo. Perché, in soldoni, il Santa Chiara è un ente provinciale che agisce attraverso i finanziamenti della Pat; ma che non solo è situato a Trento, ma è gestito dal Comune di Trento. Ora, se fosse un carrozzone inefficiente, la cosa ahimè non farebbe scandalo più di tanto: Comuni che buttano via i soldi della Provincia ce ne sono tanti... Invece il Santa Chiara è una realtà dinamica, che attira spettatori (il 30% viene da fuori città); e quindi entra in concorrenza con le altre attività, produceesportafa circuitare spettacoli, insomma finisce con il condizionare la politica culturale dell'intero territorio.
Il primo a entrare in sofferenza è stato, ovviamente, il Comune di Rovereto, che mal digerisce la concorrenza di fatto con un ente provinciale dello spettacolo ricco di fondi che opera sullo stesso territorio.
"Si, anche a non volerlo, le nostre attività sono nei fatti in concorrenza ci dice l'assessore alla cultura Raserà Faccio due esempi, quello del progetto di formazione del pubblico per l'opera lirica e quello analogo per la danza. Perché le risorse pubbliche in materia devono essere gestite in un 'ottica che ha inevitabilmente al centro lo spazio fisico del Santa Chiara e la futura apertura del Sociale? 116 anni di Oriente-Occidente lo abilitano o no ad essere un soggetto determinante per quanto riguarda la danza? La tradizione musicale roveretana, Zandonai come musicista e Zandonai come antico teatro, non meritano altrettanta attenzione per quanto riguarda la lirica?"
Il problema poi si amplia se si guarda l'insieme della politica rispetto allo spettacolo. Il Santa Chiara ha promosso l'offerta di tanti eventi, ha ampliato il pubblico; Rovereto, tradizionalmente punta più sulle offerte particolari, sulle novità: "Vogliamo essere la bottega o la via di botteghe di qualità, rispetto al modello del supermarket o del centro commerciale " prosegue Raserà.
Due differenti visioni, due diversi obiettivi; che non necessariamente devono confliggere, anzi potrebbero essere complementari. Ma invece, in una situazione che Rovereto ritiene squilibrata, le due strategie non si armonizzano, collidono; e il Comune lagarino, con il suo modesto bilancio per la Cultura, si sente schiacciato dall'ingombrante prossimità del mastodontico ente provinciale, rispetto al cui agire non ha alcuna voce in capitolo.
Di questo aspetto si sono resi conto gli stessi amministratori del Santa Chiara che negli ultimi anni non opera più solo a Trento. E in particela attraverso convenzioni con il C ordinamento Teatrale Trentino fanno circuitare spettacoli su u dozzina di teatri; e con la Hay stanno realizzando un'opera Uri da circuitare anch'essa in regione ed altro ancora.
Ma proprio questo dispiegarsi attività rende superata l'attuale composizione del Consiglio Amministrazione: se l'ente è provinciale, influisce sulle attività culturali di tutta la provincia, e senso ha che il suo presidente i l'assessore alla Cultura di Trento e i sei consiglieri tutti nominati quel Comune? I roveretani avranno anche dei complessi nei cc fronti del capoluogo, ma in questo caso è difficile dar loro torto qui quindi una prima proposta di timido allargamento del Cda pervenuta proprio dagli amministrai del Santa Chiara. Proposta fieramente respinta da Rovereto: "Siamo disposti a entrare dalla porta principale, non da quella di servzio" sembra abbia risposto in un'apposita missiva.
Nella questione vera si è inserita la politica. Intesa come prospettiva generale o come soluzione di problemi, come giochino tattico, come t trino dei pupi. Tra l'assessore provinciale alla Cultura Valduga sindaco Dellai non corre buon sangue; e al primo non è parso vi di avere l'occasione per mettere riga il sindaco, che si comporti come fosse già il presidente de Provincia. Di qui una norma a poco provocatoria di Valduga Santa Chiara è un ente provinciale? Vive di soldi provinciali? I comuni si lamentano e litigano? soluzione è pronta: comanda Provincia. Valduga modifica d'autorità la legge istitutiva dell'ente Santa Chiara, togliendo il potere di nomina del consiglio di amministrazione al Comune di Trento e attribuendolo direttamente alla giunta provinciale. Il Comune di Trento ovviamente insorge. E anche per Raserà "non si può semplicisticamente sostituire all'attuale semimonopolio del Comune di Trento, un monopalio provinciale".
Valduga finirà con il ritirare la sua proposta. Però furbescamente vi ha collegato la dotazione al Santa Chiara di un apposito fondo di un miliardo, che permetterebbe all'ente, sempre indebitato con le banche nell'attesa dei contributi pubblici, di far fronte ai suoi problemi finanziari senza pagare gli interessi. E quindi l'affossamento della "riforma" Valduga comporterà la parallela perdita del miliardo di fondo. "A questo punto ce lo mettiamo noi " ha dichiarato allora Dellai, gonfiando il petto.
Lasciamo stare il teatrino. Tornando ai problemi veri, non si può non notare come questa sia una crisi di crescita. In questi anni abbiamo assistito a un impetuoso aumento della fruizione di spettacoli, aumento capillarizzato sul territorio: il jazz lo si presenta a Trento e a Rovereto, ma anche a Brentonico e a Torbole; il teatro conta ormai su 12 piazze; le rassegne di cinema si tengono dappertutto e chiudono i conti in pareggio, quando per anni si è continuato a chiudere sale ovunque; per non parlare delle rassegne estive, un boom esteso, importante, consolidato. La situazione quindi è cambiata rispetto a quando il Santa Chiara è stato istituito, si è evoluta, anche grazie proprio al Santa Chiara. "Ma ora occorre governare questo cambiamento trovando gli opportuni strumenti legislativi e organizzativi" ci dicono in Provincia.
Un esempio: la "Musica d'autore", i cui spettacoli sono stati decentrati sul territorio, ma sono risultati inopinatamente in perdita. Cosa che probabilmente non si sarebbe avverata se gli eventi fossero stati realizzati, concordati, con gli interlocutori locali, circoli giovanili, ecc. Ma per far questo, per fare politica culturale sul territorio senza colonizzare, ma attivando le tante forze locali, il Santa Chiara attuale non è più adatto. Quindi un ripensamento profondo si impone. E i Comuni di Trento e Rovereto, che in questi ultimi anni hanno avviato una profìcua collaborazione, consorziando capacità e capitali (vedi il Mart, o l'azienda dei servizi municipali) potrebbero anche sul fronte della cultura e degli spettacoli fungere da elemento trainante.