Fratelli minori di Super Dellai?
L'Ulivo e la sinistra dopo la vittoria di Dellai nel Ppi. Assieme a Valduga, a Grandi, oscurati dalla grancassa sul supersindaco. In queste condizioni, si può essere riformatori? A sinistra rispondono che...
La vittoria di Dellai al congresso dei Popolari grazie all'ennesimo voltafaccia di Tarcisio Grandi. Il fiorire (prima dell'approvazione della nuova legge elettorale) di liste e listine con il simbolo dell'Asar, l'antico movimento autonomista. Una vibrata lettera all'Alto Adige del sindaco di NagoTorbole Giuseppe Parolari, personaggio in ascesa nel Pds, che contesta la divisione destra-sinistra, per sostituirvi quella vecchio-nuovo, tra i consiglieri provinciali uscenti, tutti vecchi, cattivi e da buttare, e i nuovi candidati (tra cui lui) bravi e da eleggere.
Questi tre avvenimenti indicano uno stato di sfrangiamento delle varie aree politiche, la popolare, autonomista, pidiessina, in difficoltà nel proporre una propria identità. Ne aiuta la stampa, protesa a ridurre il confronto politico in un' arena per le gesta della nuova star della politica locale, il supersindaco Lorenzo Dellai.
Ma andiamo con ordine. Iniziando proprio dalla vittoria dellaiana al congresso popolare. Una vittoria ottenuta grazie all'ennesimo tradimento di Tarcisio Grandi, che aveva prima sponsorizzato la candidatura di Antonino Scaglia, e poi all'ultimo momento ha spostato i suoi voti decisivi su Dellai. Normale, si dirà: anche la nascita dell'ultima giunta Andreotti era stata contrassegnata da un voltafaccia grandiano, anche se di segno opposto. Invece proprio il ripetersi di queste giravolte indica una patologia: è mai possibile che il futuro di un territorio, di una comunità, dipendano dalle occasionali convenienze di uno screditatissimo signore, che ha solo la capacità di iscrivere al momento giusto in un partito un centinaio di uscieri e segretarie?
A questo si aggiunga il livello della relazione di Dellai allo stesso congresso: chiarissima nelle prospettive politiche (sì all'Ulivo, e senza tante storie) evanescente nelle proposte su economia, territorio, istituzioni: "Un esercizio di svirilizzazione del lessico italiano, in pretto stile moroteo, quello delle 'convergenze parallele', ci dice un osservatore La professionalità, l'arte, del parlare senza dir niente, per non scontentare nessuno e raccogliere il voto di tutti".
Il nulla programmatico, il pragmatismo del giorno per giorno: ma allora, se manca il quadro sul che fare, se è in gioco solo una volgare distribuzione del potere, a questo punto anche i Grandi hanno piena cittadinanza, e i loro metodi sono sì spiacevoli, ma è solo questione di stile.
E così per il Patt: una legislatura all'insegna del gran parlare di Autonomia, ma dell'indifferenza alle cose da fare, che semmai sono state stabilite dagli alleati (priorità al contenimento della spesa quando al governo c'era la sinistra, via libera alle spese clientelari con il ritorno degli exDc), non poteva non annacquare l'identità degli autonomisti, e ridurla appunto alla magica parola "Autonomia". Ma allora, se il gioco è così semplice, ecco fiorire le tre-quattro-cinque nuove liste di autonomisti sempre più Doc, il nuovo Asar di Gelmetti, il vero Pptt di Pichler, il Patt2 di Bezzi... Poi Tretter e soci, approvando la soglia elettorale, a questi progetti hanno tagliato l'erba sotto i piedi; ma il problema rimane: il Patt cosa è, e cosa vuole?
E così anche per la sinistra: troppo timida e impacciata su temi che dovrebbero essere suoi ( "Teniamo un basso profilo sull'ambiente perché altrimenti perdiamo voti nelle valli; basso profilo sugli extracomunitari, altrimenti perdiamo sulla Lega: e così finirà che voti non ne prendiamo " ci dice un po' sconsolato un militante pidiessino); ormai rimasto solo il ricordo della buona prova data nel periodo al governo; in ritardo nella proposta di un programma per la prossima legislatura. Ed ecco allora saltare fuori i Parolari, che scimmiottando l'incredibile direttore dell'Alto Adige Barbieri, ne ripropone il suo "mandiamoli tutti a casa " riferito indistintamente a tutti i consiglieri provinciali, anche ai propri compagni di partito, che invece per le riforme si erano sbattuti.
Stefano Albergoni, segretario del Pds, sdrammatizza: "Non mi sembra che le posizioni di Parolari siano particolarmente condivise." Poi però... "Io riporto il problema alla radice: l'area di elettorato che si riconosce nella sinistra, da noi e a livello nazionale, è quella che è ed abbiamo bisogno di espanderla. Ma questo si può fare solo ridefinendo la nostra identità politica e programmatica, che non è più adeguata alle necessità dell'oggi. Ed è vero, neIV elaborare un progetto di governo siamo un po'indietro: far passare il Trentino dalla quantità alla qualità (nel turismo, ma anche nella spesa pubblica) è una necessità, ma passare al concreto, al mettere insieme interessi divergenti non è semplice. Così sull'ambiente: con l'azione dei consiglieri Leveghi e Chiodi, abbiamo posto degli argini, le battaglie protezionistiche sostanzialmente le abbiamo fatte. Ma passare a un progetto per un Trentino diverso, questo è il nostro compito attuale; e farlo con l'odierna situazione culturale, in cui anche alcuni sindaci di sinistra chiedono il turismo delle quantità, è un compito tutt'altro che facile."
Mauro Bondi, socialista confluito nella Sinistra Democratica, già assessore nella giunta Andreotti 2, riconosce che "stiamo rincorrendo il centro; perché le elezioni si vincono al centro. Però il nostro obiettivo deve essere non perdere i valori della sinistra (tra cui ambiente e solidarietà) e al contempo conquistare il centro, rappresentando i valori della modernizzazione. Questo è il punto: oggi centro significa conservazione, partito della spesa e della clientela; per noi centro deve essere sburocratizzazione, riforme, razionalizzazione dello stato sociale. Un esempio? Noi riformisti in Giunta provinciale abbiamo praticato per la prima volta nella storia del Trentino il contenimento della spesa corrente, avviando le riforme come quella sulla messa in rete dei Comuni per razionalizzare il sistema. Da quando noi riformisti non ci siamo più, la Giunta è tornata a distribuire soldi a tutti. E le riforme? Tornate nel cassetto."
Equi per la sinistra si affaccia il problema dei Popolari. Che con la vittoria di Dellai al congresso sono preziosi alleati, ma nella politica concreta sono poi spesso ex-Dc, con la cultura della clientela iscritta nel patrimonio genetico. Ora, come fa la sinistra, che si vuole riformatrice, ad essere alleata all'interno dell'Ulivo con chi porta avanti una visione della politica antitetica a qualsiasi ipotesi di evoluzione del Trentino?
"Sì, siamo alleati e concorrenti della proposta popolare risponde Bondi Ed è una proposta che porta una forte ambiguità, che noi dobbiamo chiedere di sciogliere. Dobbiamo arrivare a un programma condiviso da tutto l'Ulivo, in cui sui nodi centrali non ci possono essere compromessi: su legge elettorale, su riforma istituzionale, sulla tutela dell'ambiente. Poi ci saranno i campi in cui si esplicherà la differenza e il confronto tra riformisti e moderati: come concepire l'assistenza, la spesa pubblica, la finanza locale..."
Anche Albergoni concorda nel ritenere "irrinunciabile la strada delle riforme istituzionali". Per il resto "dobbiamo passare dall'Ulivo come alleanza per battere la destra, a strumento di innovazione, progetto di cambiamento. E i temi che noi proponiamo, la modernizzazione del Trentino, non sono scontati: per esempio, la razionalizzazione della spesa corrente, non è patrimonio delle amministrazioni comunali, e neanche dell'opinane pubblica, su questo non si dibatte, solo si chiede sempre di più. E così sull'ambiente. Allora il problema del rapporto con i Popolari esiste; ma è secondario rispetto alla capacità dei riformatori di avere un progetto globale credibile. Questo è il nostro obiettivo, e penso che attorno ad esso riusciremo a far crescere il consenso."
In questo schema evidentemente si restringe lo spazio per superDellai, il grande leader invocato dai media, a capo però di un partito arretrato.
Sono sogni, illusioni? C'è chi maliziosamente sottolinea come il Pds punti, come possibile capolista, su Alberto Pacher, vicesindaco di Trento, ottimo assessore, ma sempre appiattitesi sulla linea del grande sindaco, supportandolo anche quando non era proprio il caso (vedi la vicenda del maneggio di Bonfanti, da noi riferita nel numero scorso). E quindi con l'enfatizzazione di questa candidatura la sinistra in realtà confermerebbe la propria subalternità. Ma d'altra parte proprio l'esperienza del Comune di Trento dimostrerebbe invece come la sinistra, in effetti partita da posizioni di sudditanza al sindaco, mano a mano che si è arrivati alle cose concrete, alle scelte vere, su cui Dellai ha dimostrato gravi limiti (vedi anche articolo a pag. 6) si sia gradualmente emancipata; coinvolgendo su un metodo di lavoro più attento, su scelte di prospettiva, anche parte degli stessi Popolari.
Insomma, la partita su come sarà il Trentino, se riuscirà a uscire in tempi ragionevoli dall'era democristiana, è probabilmente tutta aperta.