Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 2, 24 gennaio 1998 Servizi

Vuole lo sconto? No, grazie...

Una legge prevede che gli enti pubblici possano pretendere dai progettisti tariffe privilegiate; mala Provincia di Trento, signorilmente, non ne approfitta...

La Corte dei Conti di Trento è stata chiamata a giudicare la giunta Malossini sul "Caso metrò", il progetto per la realizzazione di una metropolitana lungo l'asta dell'Adige. Ai componenti della ex Giunta Provinciale è stato chiesto un risarcimento miliardario per il danno che essi avrebbero causato alle casse provinciali affidando un incarico per la progettazione di un'opera che, secondo la procura della Corte dei conti, non aveva alcuna possibilità di essere realizzata. Vedremo come andrà a finire.

Sorprende però, per quanto se ne può sapere, che non sia mai stato in questi anni contestato a nessuno il mancato rispetto di una legge che, a proposito delle parcelle; autorizzava e tuttora autorizza le amministrazioni pubbliche ad ottenere dai progettisti uno sconto fino al 20% dell'onorario. In sostanza, la megaparcella da 3.300 milioni (ed eravamo nei primi anni Novanta...) pagata dalla Provincia autonoma poteva e doveva essere "scontata", facendo risparmiare moltissimi milioni, così come per tutte le altre corpose parcelle pagate ai professionisti che

hanno ricevuto incarichi dagli enti pubblici.

Infatti, già con legge del luglio 1977 (la n. 404 - art. 6, per chi volesse documentarsi) era stato previsto che la tariffa degli ordini professionali "deve intendersi applicabile esclusivamente ai rapporti intercorrenti tra i privati ". In realtà è quasi sempre successo (e succede) il contrario. Quando è un privato ad affidare un incarico, il professionista è spesso disposto a soprassedere sul proprio tariffario per non perdere il cliente. Viceversa, quando è l'ente pubblico a chiedere la prestazione professionale - di solito per progettazioni miliardarie - viene invocato il rigido rispetto dei minimi tariffari. La legge finanziaria del 1989 -art. 12 -, aveva ripreso il concetto degli sconti e per limitare il contenzioso ne aveva fissato la misura entro il 20%.

Pochi anni dopo è stata la Cassa Depositi e Prestiti a prendere posizione. L'organo del Ministero del Tesoro, con il quale gli enti assumono mutui per il finanziamento delle opere pubbliche, aveva ribadito "l'inderogabilità dei minimi tariffari esclusivamente ai rapporti intercorrenti tra privati" e la mancanza di effetto "delle diffide a non accettare riduzioni tariffarie emanate da alcuni Ordini Professionali". Sì, perché gli Ordini Professionali più direttamente interessati, imbufaliti nel vedersi negata una parte di tanta grazia, avevano pensato bene di appellarsi ai Tribunali Amministrativi e avevano minacciato di espulsione ingegneri e architetti qualora avessero accettato sconti sulle parcelle. A questo proposito, una recente sentenza della Cassazione ha cancellato un procedimento disciplinare assunto da un Ordine professionale contro un progettista che aveva rispettato la legge accettando di ridurre la parcella per la progettazione di un'opera pubblica. A livello locale, il Comune di Bolzano aveva rotto gli indugi già negli anni Ottanta e dopo una lunga e sorda battaglia procedurale con gli ordini del capoluogo sudtirolese, aveva ridotto la forte incidenza delle spese di progettazione delle proprie opere pubbliche. Insomma, nella provincia meno italiana dello Stato sono riusciti a far valere una normativa "romana" che, nel caso della megaparcella del "Caso metrò", avrebbe fatto risparmiare alla Provincia di Trento oltre un miliardo di lire.

A scandalo avvenuto, anche a Trento si cercò un accordo con gli ordini professionali. Ne sortì un protocollo che da un lato proponeva una limitata riduzione delle tariffe, ma dall'altra apriva ai liberi professionisti il ricco piatto delle progettazioni Itea.

Diversi comuni trentini esternarono però la propria delusione per l'accordo, che prevedeva una "curva di sconto" a partire dai cinque miliardi in su. Non solo: quando qualcuno tentò di allargare la breccia delle scarse riduzioni tariffarie si trovò di fronte al muro delle diffide degli ordini professionali. A quel punto, anche Anci e Uncem (le organizzazioni dei comuni trentini) decisero di dare disdetta all'accordo. Da allora - era il dicembre del '93 - più niente.

Forse, se la Corte dei Conti avesse seguito fin dall'inizio la vicenda, si sarebbe potuto risparmiare un bel po' di denaro pubblico, parte del quale, come Tangentopoli ha dimostrato, è poi tornato a qualche amministratore sottoforma di "cresta".

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.