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QT n. 2, febbraio 2009 Servizi

Il grande sonno

L’apparente riflusso dell’Onda e la discutibile attività degli organismi rappresentativi degli studenti

Mentre scriviamo, in biblioteca, alcuni studenti reclinano la testa sui libri, e russano inquieti – forse per il troppo caldo –, attentamente sorvegliati dai carabinieri (temono risvegli nervosi?).

Uno dei molti errori che puntualmente compiono gli amministratori, i politici, seguiti a ruota da molti giornalisti, è quello di ciarlare di giovani. O, meglio, di ggiovani, con due g. Una parola che – insieme a brainstorming, mission (pronunciata "missio"), sicurezza, trentotrentinotrentina – riempie di orgoglio e fatuità chi la pronuncia.

Non importa come, basta usarla: essendo scatole vuote in cui si può buttar ciò che si vuole, queste parole si riempiono di banalità, retorica e paradossi.

I ggiovani sono, allora, "il nostro futuro", restando però ragazzotti folkloristici ed impreparati; "portano cultura e vita", ma fan vite perse nello schiamazzo; sono innocenti ed idealistici: nel farsi strumentalizzare...

Bisognerebbe dirlo chiaro: i giovani, i ggiovani, secondo tali definizioni, non esistono. Esistono, piuttosto, i contenitori ai quali vengono destinati.

Uno di questi, creato dalla P.A.T., è il TAUT – Tavolo delle Associazioni Universitarie Trentine, nato tre anni fa con "lo scopo di creare una interazione attiva ed efficiente fra le varie associazioni che ne prendono parte, al fine di riuscire a realizzare in modo sinergico dei progetti comuni". Trasformare soldi in cultura.

La sensazione - vorremmo sbagliarci - è che la sua genesi altro non fosse che un grande spot. Si tratta dell’ingenua iniziativa di una amministrazione vagamente disconnessa dalla realtà? O della mossa strategica di vertici incentrati su altro? Come si pensava, si pensa, d’ottenere sinergia dalla semplice giustapposizione di realtà con storie e culture differenti, e visioni del mondo poco conciliabili? Per ora non s’è capito, e in questi tre anni le associazione partecipanti sono parse più interessate a spartirsi i soldi di Mamma Provincia che a costruire percorsi condivisi. Abbiamo così assistito a vari viaggi per l’Europa, messe di requiem e ad iniziative anche valide (nella prassi, frutto dell’impegno di singoli): in complesso, molto torpore. In questi giorni è stato eletto il nuovo direttivo del TAUT: riusciranno i nostri eroi a svegliare i commensali intorpiditi? Lo sapremo nella prossima puntata. O dopo la pubblicità.

Altro contenitore, il Consiglio degli Studenti: organo di coordinamento dei rappresentanti degli studenti nell’università.

Che ruolo ha avuto il CdS in questo caldo autunno di proteste? Nessuno. Fin ad ora, certo. Molti studenti non sanno nemmeno che esiste e quasi tutti non hanno idea di cosa stia facendo. In sintesi, per informare costoro: ha fatto poco. Per una forte divergenza, di valori e di programma, fra le due liste più rappresentate (Charta ’91, di sinistra, e List One, tradizionalmente vicina alle posizioni di Comunione e Liberazione), ha sempre partorito topolini: dopo estenuanti battaglie, s’è sempre proceduto, con estrema cautela e gusto del compromesso, a non dire niente. A parlare, magari, ma dicendo il meno possibile. In fase di turnazione per le recenti elezioni, è rimasto silenzioso fino all’inaugurazione dell’anno accademico. Ora c’è un presidente fresco di nomina: Davide Modé, unico rappresentante de La Rete all’interno del Consiglio, attento al movimento, di sinistra, ma eletto con i voti di List One. Riuscirà il nostro eroe a trasformare il suo sforzo di mediazione in un qualcosa di più d’una flebile voce di compromesso? Anche per questo bisognerà attendere.

E come sta l’Onda? L’avevamo lasciata con la responsabilità di risvegliare il mare di studenti dell’Ateneo, studenti in larga parte sopiti. Il documentario realizzato da Mattia Pelli (una delle nostre firme) e Luigi Pepe racconta di questo autunno caldo, di come per un attimo, e forse qualcosa di più, qualcuno si fosse destato dal grande sonno e avesse suonato la sveglia anche agli altri. Il generale inverno, con la neve, il torpore, gli esami, ha fiaccato le forze del movimento, ma la fiamma non s’è spenta del tutto: in quel tripudio etnografico che è l’inaugurazione dell’anno accademico - normalmente una lunga sfilata per festeggiare in pompa magna la gerontocrazia di questo paese -, anche se non invitata formalmente, l’Onda è entrata e ha ribadito la sua volontà di aver voce in capitolo, quando si parla di futuro degli studenti.

Attenzione, però, a questo punto: fate piano. Pensateci su, ma parlate sottovoce: come sempre, i ggiovani, quelli dei politici, dormono.

O non esistono.