“Fenicotteri a Ventotene”
Qui Ventotene, Europa
Ventotene. Una piccola isola vulcanica situata nell’arcipelago pontino. Conosciuta già da Romani e Greci antichi (con il nome di Pandoteira, “colei che dona più di ogni cosa”), durante il ventennio fascista fu luogo di confino politico per i dissidenti del regime. Qui, in piena Seconda guerra mondiale, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni immaginarono un’Europa libera e unita, pensarono e redassero il Manifesto di Ventotene. Da questo momento fondamentale per la concezione dell’Europa come la conosciamo oggi, nasce il reading teatrale “Fenicotteri a Ventotene”, ideato e scritto da Maura Pettorruso, che insieme a Stefano Pietro Detassis ne è anche interprete.
Un progetto targato Spazio Off che, alla vigilia delle elezioni europee del 26 maggio, aveva la solida intenzione di recuperare un pezzo importante di Storia e soprattutto, come ricorda l’organizzatore Daniele Filosi, di stimolare un confronto sul presente e sul futuro dell’Europa e sul nostro essere cittadini. Non a caso il reading è stato fulcro della più ampia cornice di “Cosa sono i fenicotteri?”
L’orazione civile ha debuttato il 9 maggio a Trento in piazza Fiera nell’ambito del festival “Siamo Europa”, per poi replicare nella sede di via Venezia per 8 volte (tra il 15 e il 25) in due settimane, la seconda con Annalisa Morsella e Giulio Federico Janni a raccogliere il testimone della coppia Pettorruso – Detassis. A fare da contorno, una fornita rassegna di spettacoli, incontri ed eventi culturali a tema, volti a suscitare attivamente un dibattito attorno all’Europa e alle sue ragioni fondanti.
Detto del contesto, veniamo nello specifico al reading.
Nella drammaturgia, Maura Pettorruso intreccia la Grande Storia (le tappe evolutive dell’Europa, dallo scoppio della Seconda guerra mondiale al trattato di Maastricht) e le storie umane di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann (vicende di sofferenza, passione, amore), ma anche riflessioni e pensieri personali. “Fenicotteri a Ventotene” infatti nasce da un viaggio-vacanza-scoperta dell’attrice e autrice nell’isola; un momento che funge da punto d’arrivo e, in piccolo, di ripartenza del percorso della Storia europea narrato nello spettacolo. Da qui la scintilla per approfondire l’esperienza dei personaggi citati e del loro raccogliersi attorno ad un’idea comune: quella di un’Europa unita e libera, una federazione che sappia superare gli Stati nazionali e far riprendere lo sviluppo della civiltà moderna che, a loro avviso, con l’era dei totalitarismi aveva subito un arresto. Così Ventotene, da luogo di umiliazione, sa diventare un’oasi di incontro, confronto e testimonianza, un laboratorio per costruire il sogno europeo.
Lì i tre uomini compongono il Manifesto, che sarà poi diffuso sul continente da Ursula Hirschmann e altre donne, i fenicotteri di Ventotene. A questa donna, “non solo italiana, non solo tedesca, non solo ebrea”, moglie di Colorni (ucciso nel ‘44) e poi di Spinelli, Maura Pettorruso dà molta importanza. Questo il ritratto che emerge: bellissima e con un’intelligenza politica fuori dal comune, decisa sostenitrice della causa europeista, fondatrice nel ‘75 del movimento “Femmes pour l’Europe”, convinta com’era della necessità di una maggior partecipazione delle donne – sia femministe, sia delle istituzioni – alla costruzione di tale progetto. Morti questi uomini e queste donne, non può però morire la memoria del loro coraggio e la forza delle loro idee: è questo il messaggio. Le parole, dense di contenuto ed emozioni che gli attori sanno rendere efficacemente, sono accompagnate da video che rimandano all’isola e alla Seconda guerra mondiale, nonché da inserti musicali che ripescano Fabrizio De André, Natalino Otto, i Beatles e Lucio Dalla. Interventi che concorrono a calare il pubblico nella giusta atmosfera.
“Fenicotteri a Ventotene” ha il merito di promuovere una riflessione sull’Europa e i suoi valori cardine. Un esame quanto mai necessario oggi, in un panorama politico europeo (ed italiano) che vede confermarsi la feroce avanzata delle forze sovraniste ed euroscettiche. Senza perdersi in considerazioni non strettamente attinenti, occorre interrogarsi sul pubblico di questo teatro di impegno politico e civile. Il rischio reale – e verificabile – è che parli solo a spettatori che già pensano in un certo modo e già sono pronti a ricevere un certo tipo di contenuti, autocostringendosi così in una nicchia. Nel caso di specie, gli artisti – e chi scrive si unisce – credono che i valori fondanti dell’Europa dovrebbero essere un patrimonio culturale comune. Purtroppo l’attualità racconta una realtà diversa: la sfida per sostenere la bandiera dell’Europa, in campo politico come teatrale, è ancora tutta aperta.