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“Io, Robotto: come sono cambiati gli automi da compagnia”

Il corpo riscoperto.Rovereto, Museo Civico-Palazzo Alberti Poja, fino al 27 agosto.

Vladimiro Sternini

Sono tra noi. Nei sogni giocosi dei nostri figli, nella fervida mente di scrittori, autori di fumetti e registi, così come nella ricerca tecnologica più avveniristica. Parliamo dei robot, creature che imitano l’uomo e le sue azioni, eredi di una tradizione plurisecolare, con realizzazioni documentate nell’antichità greco-romana, in Cina, nel mondo arabo.

Ora il Museo Civico di Rovereto propone, per la prima volta in Italia, un percorso interamente consacrato ai robot domestici, attraverso una raccolta di oltre 90 esemplari tutti commercializzati, certo in gran parte destinati ai bambini, ma non per questo privi di un altissimo grado di tecnologia e al contempo design. L’interesse dell’istituzione roveretana per la robotica d’intrattenimento non è una novità: presso il Museo Civico, che è partner italiano della First Lego League, ha sede il Lego Education Innovation Studio, da anni attivo nel coniugare scienza, robotica e divertimento; un modo semplice quanto efficace per avvicinare i più piccoli al mondo della tecnologia e della programmazione.

Il paradosso di una mostra sui robot è il vedere quasi tutti gli esemplari chiusi entro teche di vetro per ovvie ragioni conservative, ovviamente immobili. A restituire la funzionalità e dinamicità di queste creature è nuovamente la tecnologia, tramite dei display che da una parte esemplificano le caratteristiche proprie di ogni esemplare esposto, dall’altra presentano schede d’approfondimento tematiche con link alla storia del cinema, della letteratura e della musica. Ecco, un limite dell’esposizione è forse quello di aver tenuto in secondo piano l’immenso immaginario che sta dietro i robot, come il fumetto di fantascienza, al quale proprio il Museo Civico aveva dedicato un convegno lo scorso novembre, assieme all’Accademia degli Agiati.

Il percorso si apre con la riproduzione di un automa giapponese del periodo Edo, progettato per portare una tazza di tè ai commensali, ritirandosi poi in cucina, una volta che la tazza era stata sollevata. Accanto a questo esemplare, un bonario robot a molla degli anni Trenta, in latta: due premesse che ben sintetizzano l’immaginario precedente gli anni Ottanta del Novecento, quando, anche grazie alla popolarità di cartoons come Goldrake e Mazinga, si diffusero sempre più i robot elettronici che, proprio per le loro finalità ludiche e i prezzi non proibitivi, permisero di spingere la ricerca verso un’interattività a basso costo ma al contempo dalle straordinarie potenzialità.

I primi robot degli anni Ottanta si presentano con un design avveniristico che nasconde tecnologie alquanto semplici. Esemplare in tal senso è Omnibot della Tomi, in grado comunque di memorizzare percorsi, trasportare oggetti e riprodurre suoni grazie a un registratore a cassette. La stessa Tomi sviluppò sempre nei primissimi anni Ottanta numerosi altri robot, ora con mani prensili (Omnibot 2000), ora in grado di riconoscere comandi vocali (Verbot), ora di memorizzare e ripetere brevi frasi tramite un microfono posto nel telecomando (ChatBot). La Tomy diede vita nel 1982 anche al primo cane robot, nonché, sempre nel 1982, a un curioso salvadanaio-robot, in grado di “masticare” le monete collocate su di un piccolo vassoio.

A parte i robot - ma viste le semplici tecnologie utilizzate, sarebbe più corretto chiamarli modellini- attinti dal cinema (Guerre Stellari) o dai cartoons (Mazinga Z, Doraemon, Hello Kitty), l’esemplare certamente più noto è il piccolo Furby, prodotto dalla Hasbro a partire dal 1998. Questo incrocio tra un robot e un peluche, dotato di sensori, infrarossi, microfono e altoparlante in grado di pronunciare circa 150 frasi, costituisce di fatto un fenomeno di costume collettivo, forte di oltre 41 milioni di esemplari venduti nelle varie versioni.

Numerosi nel percorso anche i robot che replicano i movimenti animali, dai panda (Robopanda, 2007, abile nel raccontare storie ai più piccoli), ai serpenti (Roboboa, 2007, capace di strisciare e di trasformarsi, all’occorrenza, in lampada da scrivania), dalle scimmie (Alive Chimp, 2007, in grado di parlare e muovere gli occhi con estrema naturalezza) ai cani, spesso sorprendenti nell’intrattenere i bambini con numerosi giochi, da Zoomer (2014), programmato per riconoscere una settantina di comandi vocali, a Chip (2016), che grazie alla tecnologia Bluetooth gioca a palla interagendo con gli umani.

Una mostra, questa, che nella sua semplicità farà brillare gli occhi a molti bambini, facendo però capire anche ai grandi come in fondo anche il gioco sia spesso innovazione, storia, economia e, cultura.

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