“Musica macchina”
Musica contemporanea: benissimo, purché di qualità!
La nascita della rassegna “Musica Macchina”, già nello scorso 2015, ci aveva fatto molto piacere; in un panorama musicale dove la musica contemporanea di ieri e di oggi ancora stenta ad essere conosciuta e quindi apprezzata dal grande pubblico, sono sempre ghiotte e gradite le occasioni per avvicinare l’ascoltatore ad un repertorio considerato ancora ostico, se non addirittura sgradito. Tanto più se poi l’intento programmatico dichiarato del festival vuole essere nello specifico l’indagine musicale del rapporto tra uomo e macchina (intesa come tecnologia), in un mondo dove anche solo nella quotidianità tale relazione sembra avvilupparsi in un rapporto intricatissimo e ormai simbiotico. E poi, il cartellone dell’evento di questo dicembre si presentava interessante, dedicato com’era alla musica “a fiato” eseguita dall’ensemble vocale Continuum e dal quintetto di fiati Windkraft. Un programma ben calibrato, che alternava tre prime assolute dei compositori trentini Armando Franceschini, Marco Uvietta e Lorenzo Donati, a brani dalla contemporaneità ormai più classica, per quanto rara all’esecuzione, dei quintetti per strumenti a fiato del compositore ceco Leóš Janá?ek e di quello lettone P?teris Vasks e a “Labyrinth” della compositrice altoatesina Helga Plankensteiner.
Ma poi… che peccato che tutto scada in un pressappochismo raffazzonato davvero deludente; quello di un quintetto di musicisti a fiato che, a scapito della sua storia quasi ventennale, si è rivelato superficiale e sbrigativo nell’esecuzione, in particolare di quel piccolo capolavoro che a nostro parere è il Quintetto n. 2 di Vasks, dove le stonature e le sbavature (in particolare di un corno, spiace dirlo, spesso davvero imbarazzante) andavano ben al di là degli effetti sonori di glissati e jet whistle previsti in partitura; quello di un programma che, per quanto potenzialmente interessante, alla fine, con il rapporto musica e macchina non ha proprio avuto nulla a che fare (anche senza voler essere didascalici, davvero non siamo riusciti a trovarlo, come filo rosso conduttore); quello di un’esecuzione che anche nell’unica opera che prometteva una componente “meccanico-musicale, “Eine art luftherz” di Marco Uvietta, è riuscita nel capolavoro di non inserire alcune componenti previste in partitura: noi le macchine a fluido e il Theremin non li abbiamo né visti né sentiti.
La cura e la sicura direzione di Luigi Azzolini dell’ ensemble Continuum, che da circa 15 anni si occupa di riscoprire e eseguire i capolavori meno conosciuti della musica moderna e contemporanea, non ci pare siano stati sufficienti a valorizzare questo concerto. Sì, promuoviamola la musica contemporanea, facciamola conoscere e conosciamone gli autori, ascoltandoli magari negli incontri organizzati precedentemente ai concerti di “Musica Macchina”, ma per favore: anche questa, come quella del passato, che sia sempre di qualità, in partitura come nell’esecuzione.