Ma il potere dove sta?
Ricapitoliamo gli avvenimenti del mese di aprile 2016, un periodo abbastanza convulso per la politica trentina. Tranquilli però: Rossi rimarrà in sella fino al 2018, benché la sua riconferma come candidato presidente per la coalizione di centro sinistra autonomista anche per le prossime elezioni non sia del tutto scontata. Decida il lettore se questa è una buona o una cattiva notizia.
Fatto sta che intorno a Rossi si sta sgretolando un intero sistema, quello di Dellai, quello che lui non è riuscito a cambiare. Crediamo che gli scandali e i comportamenti disinvolti - rilevanti politicamente anche se forse non penalmente - registrati in queste ultime settimane siano il frutto inevitabile dell’assenza di politica a cui il Trentino è sottoposto da tempo.
Appena domato il fuoco del caso Baratter, cioè il mercimonio con gli Schützen, ecco un’altra tegola in casa PATT, o meglio direttamente in casa Rossi, visto che la questione riguarda il cognato del presidente Ugo. La magistratura sta ancora facendo accertamenti, ma poco importa: non siamo qui ad aspettare le sentenze del tribunale per dire che, a livello politico e amministrativo, non sta bene riaprire i termini di un appalto provinciale solo per favorire l’azienda di un parente, capace poi di vincere una commessa per un servizio mai attuato in un settore strategico come quello della sanità. 150.000 euro buttati via. Il caso Telemedika, ancora non del tutto chiarito, rientra nell’affare Deloitte, in cui ci sono indagati illustri e alcuni rinvii a giudizio, un esempio della cattiva eredità dellaiana che non è stata affatto superata.
Rossi, assediato, con molta astuzia fa trapelare il suo scoraggiamento, ventilando addirittura le dimissioni.
La notizia, sussurrata, fa tremare il palazzo, sgomentando assessori e consiglieri. Come la casa di paglia della favola dei tre porcellini, la coalizione di governo stava per cadere su se stessa per un semplice soffio del lupo. Chi sia il lupo non si sa. La “macchina del fango” messa in moto dai “poteri forti” e amplificata ad arte dai giornali? L’invidia dei compagni di partito? La magistratura?
Il coro degli alleati è stato unanime: “Dobbiamo resistere, completare il lavoro, nuove elezioni sarebbero insostenibili, deve cominciare una nuova fase di governo, la coalizione viene prima di tutto…”. E così, tra auspici e distinguo, tutto rientra e la Giunta, in una seduta immediatamente successiva al pomeriggio di quasi crisi, vara una legge di riforma della scuola e fa alcune importanti nomine: quelle all’Autobrennero e quella del nuovo Direttore generale dell’azienda sanitaria.
E così, parlando di A22, il ricompattamento, strumentale e fragile, della coalizione, nonché la convergenza dei maggiorenti del PD sul candidato segretario Italo Gilmozzi (che diventerà segretario al congresso del 29 maggio) ha portato ad una soluzione al ribasso, con la staffetta Girardi-Olivieri. Una scelta incomprensibile dal punto di vista tecnico e aziendale (in un anno e mezzo un presidente arriva soltanto a guardarsi intorno), ma comprensibilissima in una logica puramente spartitoria (vedi la rubrica “Sfogliando s’impara”).
Per quanto riguarda il nuovo Direttore generale dell’Azienda Sanitaria, Paolo Bordon, staremo a vedere, ma intanto il suo nome è stato deciso in maniera solitaria dal sempre più affiatato duo Rossi-Zeni.
Il declino si intravede anche nelle dimissioni di Giorgio Fracalossi dalla guida della Cooperazione trentina. L’anno scorso aveva accettato la presidenza veramente di malavoglia. Oggi lascia, impegnato in partite più urgenti e comunque per nulla risolte, come quella della riforma del credito cooperativo. Dietro di lui c’è il vuoto più assoluto. Un altro frutto della stagione dellaiana (cioè in questo caso di Schelfi).
L’inutile Consiglio
Potremmo ripetere il ragionamento che abbiamo fatto nella prima puntata di questa rubrica: i partiti sono semplici aggregazioni di interessi, luoghi di spartizione delle poltrone. Nessuna idea, nessuna visione di futuro. I consiglieri provinciali, presi singolarmente, qualcosa fanno, partecipano alle sedute, compaiono sulla stampa, mettono in campo iniziative anche lodevoli… Le ultime leggi in discussione riguardano temi piuttosto marginali: il rilancio della floricultura, l’assistenza e la consulenza psicologica, le attività ricreative. Questo basta ai consiglieri per dire di lavorare 12 ore al giorno, come quasi sempre dicono a chi osa criticarli. Nel loro insieme sono però ininfluenti. Il potere legislativo è drammaticamente ininfluente.
Si era auspicato che, con l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente, il Consiglio provinciale avrebbe dovuto e potuto avere anche un ruolo di controllo dell’operato della Giunta. Invece niente: a volte è un “votificio” che approva e tace, a volte è uno “sfogatoio” dei mal di pancia personali, a volte un consesso rissoso o confusionario, quasi sempre un organismo inutile. Nessuno si accorgerebbe se il Consiglio venisse chiuso.
Tutto infatti è in mano alla Giunta (termine adeguato che rimanda più al sistema politico sudamericano che a quello statunitense). Ad analizzare bene, però, anche la Giunta non è così autocratica. Alla fin fine chi decide in Trentino? La risposta non è semplice. Formalmente la Giunta provinciale gode di amplissimi poteri. Saltato ogni livello intermedio (per esempio i partiti), le categorie, le aziende, le associazioni, i gruppi di interesse, i singoli cercano di avere buoni contatti con questo o con quell’assessore che, ben inteso senza commettere illeciti (quasi sempre), può aiutare a trovare la strada giusta, consente di aprire qualche porta… In molte occasioni si assiste a un vero e proprio assalto alla diligenza.
Il Palazzo, assediato, è pure condizionato da molteplici sollecitazioni esterne. Ma chi sono questi attori che influenzano più degli altri? Ovviamente il potere economico, come per esempio i costruttori (vedi l’affare delle Albere, con lo spostamento della biblioteca dell’università), le finanziarie come l’ISA (sempre al centro di ogni operazione di compravendita di immobili anche da parte della Provincia, come evidenziato più volte da QT), imprenditori come Marangoni che si dice essere molto vicino a Olivi.
In secondo luogo troviamo i vari carrozzoni provinciali (per esempio la Trentino School of Management, il cui boss indiscusso è Mauro Marcantoni, il principale ghostwriter e consigliere di Rossi), i cui dirigenti, nominati essi stessi dalla politica, la condizionano in maniera notevole. La burocrazia finisce per comandare. Ragionando in maniera realistica, gli assessori (che lavorano “12 ore al giorno”) non possono certamente arrivare dappertutto e quindi devono rivolgersi ai funzionari che sovente decidono per loro.
In molti campi i nostri amministratori sanno di cosa parlano? Non è colpa dei singoli. La realtà trentina ha grandissime risorse ed enormi competenze, mentre la popolazione è esigua e quindi, alla lunga, si fatica a trovare politici in grado di gestire questa enorme complessità. I migliori fuggono dalla politica. Manca un’adeguata massa critica, mancano persone. E così il meccanismo si ingarbuglia, rischiando di incepparsi. La burocrazia dunque conta tanto, tantissimo. Nello stesso tempo è asservita, è stata volutamente piegata alla politica nell’era dellaiana (vedi la vicenda dell’Appa, raccontata da QT qualche anno fa). Il cortocircuito finale è sotto gli occhi di tutti.
Occorre guardarsi bene dall’immaginare poteri occulti che decidono al posto della politica, complotti e “secondi livelli” in cui sia concentrato il vero comando. Probabilmente la situazione è più banale e prosaica: esiste una sovrapposizione di piani in cui però gli eletti democraticamente nelle istituzioni contano meno di chi opera all’esterno, senza responsabilità e controllo pubblico. La politica è soltanto un palcoscenico. Cambiano i protagonisti, i costumi, le scenografie, ma la commedia è sempre quella.