Trentino: tutto bloccato
Walter Kaswalder, consigliere provinciale del Patt, esponente dell’ala più tradizionalista del suo partito, ha festeggiato i 60 anni con un affollato e godereccio incontro campestre, tutto birra, frizzi e lazzi. Le cronache parlano di 1200 canederli, 10 chili di crauti, 50 di speck, 50 di formaggio, 2000 panini, 1000 fette di strudel... Ai fornelli la nuova presidente del Patt dopo l’ingloriosa parentesi Pedergnana. Fisarmonica, canzoni, con esibizione del segretario comunale di Vigolo Vattaro ai tempi di Walter sindaco.
Non si è parlato di politica, per carità. Eppure erano presenti una mezza dozzina di consiglieri provinciali, quasi tutti di destra. Così Kaswalder si è trovato a suo agio con i vari Cia e Civettini, lontano mille miglia dagli odiati “comunisti” con cui condivide però il sostegno alla maggioranza del cosiddetto “centro sinistra autonomista”. C’erano anche esponenti del Patt, ma del duo Rossi Panizza neppure l’ombra. A sera si è materializzato Durnwalder.
Festa riuscita, benché per il partito che esprime il Presidente della Provincia non ci fosse nulla da festeggiare. Così questa sagra nazional-popolare potrebbe essere citata come il simbolo di una stagione da “basso impero”. Ovviamente l’impero in questione è quello asburgico, rievocato con accenti sempre più revanscisti dall’ala del partito tutta Schützen, “braghe de coram”, “Battisti traditore” e così via. Kaswalder era l’esponente di spicco di questa ala pantirolese ruspante, ma nelle ultime settimane è stato sorpassato a destra (sarebbe meglio dire “all’indietro”) da Giuseppe Corona, vicepresidente degli Schutzen, e da Manuela Bottamedi, l’ex 5 stelle fulminata sulla via di Innsbruck dalla profetessa Eva Klotz.
Inutile sarebbe però elencare i litigi in casa Patt. Ottobre, con un piede dentro e uno fuori, minaccia querele. La consigliera Avanzo, già presidente del Consiglio regionale, si sente tradita dal suo partito. Rossi strepita e minaccia pure lui fuoco e fiamme, ma alla fine non fa nulla. Panizza, dopo aver cercato di controllare il Patt distribuendo prebende, non essendoci riuscito (le careghe non sono mai abbastanza) ora media, e a furia di mediare deve arrampicarsi sulle vette del politichese, perdendo il contatto con la realtà.
Il partito autonomista si sta sfaldando. E la sua prova di governo sta fallendo, come accadde nella prova precedente, tra il 1993 e il ‘98 con le tre Giunte di Andreotti. Eppure anche allora c’erano state possibilità di riforma e di buon governo; esattamente 20 anni fa la sinistra riformista entrava nella Giunta Andreotti bis, con Mauro Leveghi, Carlo Alessandrini, Mauro Bondi e Vincenzo Passerini come assessori. Un tentativo di cambiamento (l’ultimo che si ricordi) naufragato proprio per i litigi interni al Patt, che fra tessere bruciate, dissidi e un Franco Tretter sempre più ingombrante, finì per buttare all’aria tutto. Della stagione di Andreotti si ricorda così solo l’inconcludenza. E naturalmente l’occupazione del potere, pervasiva, militare, certosina. Ma appunto: le poltrone non sono mai abbastanza.
La situazione presente è identica. Il Patt, partito delle poltrone, non ha più idee, forse non ne ha mai avute e finisce per distruggere anche l’azione politica del suo esponente principale, Ugo Rossi. E non si dica che i giornalisti sono ingenerosi perché non vedono la fatica e l’impegno di Rossi per traghettare il Patt su posizioni più presentabili. Rossi, rimasto a metà del guado rispetto a una necessaria discontinuità col quindicennio di Dellai, si è trovato prima imbrigliato tra il “fare e non fare” rispetto all’impostazione di Dellai e poi incapace di sostenere una vera agenda riformista. Esattamente come accadde con Andreotti: la buona volontà non basta. La casa (la coalizione, gli altri partiti, il Patt stesso) gli sono crollati addosso.
Rispetto a 20 anni fa ci sono però alcuni aspetti che aggravano la situazione. Per ragioni di spazio facciamo solo un elenco: lo scenario di crisi economica e politica a livello globale; fenomeni epocali come l’immigrazione; lo scollamento tra cittadini e classe dirigente; l’evidenza di un’Italia avvinghiata in scandali giudiziari sempre più pervasivi; una sinistra evanescente che, alla prova di governo, riprende le vecchie e inadeguate ricette altrui. In Trentino parliamo del calo delle risorse, di partiti ridotti a ectoplasmi, di crisi della cooperazione. Anni fa utilizzavamo il termine declino: ora si potrebbe utilizzare il simbolo del deserto per raccontare la nostra politichetta.
Vent’anni fa potevamo sperare nella sinistra riformista, nella promessa di un giovane sindaco ulivista, nel primo governo Prodi. Adesso che le abbiamo provate tutte, cosa rimane?
Possiamo permetterci altri sette anni come questi? Non credo, occorre lavorare per un’alternativa. Purtroppo tutte le altre forze politiche, a cominciare dal Pd, sono esangui, cadaveriche. Non ci si può aspettare più nulla. A livello nazionale, qualunque cosa si pensi, la vittoria del M5S a Torino e a Roma ha dato una scossa positiva, creando almeno un dibattito anche nel partito di Renzi. In Trentino tutto è bloccato. Da noi i 5 stelle non solo destano più di una preoccupazione sulla effettiva capacità di governo, ma pure non sono radicati sul territorio. Quindi con ogni probabilità il Trentino rimarrà così: starà a guardare mentre intorno tutto cambia.