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QT n. 3, marzo 2016 Servizi

Marcialonga: far finta di niente?

Ancora una volta una lunga pista di neve in mezzo al verde, con spreco di risorse naturali e costi enormi e poco trasparenti

Eravamo nel 1971, quando l’intuizione e il coraggio di quattro persone permisero la nascita della Marcialonga di Fiemme e Fassa, dopola Vasalopetla più importante gran fondo al mondo. Mala Marcialongaè qualcosa di più della Vasalopet, perché passa nei paesi, entra nell’animo dello spettatore (le due valli si trasformano per un giorno in un grande stadio), coinvolge i residenti, ha diffuso, almeno in un passato ormai lontano, ospitalità solidaristica con l’operazione Arcobaleno (accoglienza gratuita negli appartamenti degli atleti), vive grazie ad un esercito di volontari.

La Marcialongaè stata anche economia. Si tratta di un’offerta turistica che si è inserita in modo leggero nel contesto ambientale delle due valli, senza prevaricazioni almeno fino a ieri, ha portato in valle di Fiemme tre campionati del mondo di sci nordico, quest’anno ha avuto quasi 8.000 partecipanti grazie all’investimento nella tecnica classica, atleti in maggioranza stranieri che non vivono la presenza “mordi e fuggi” di un giorno, ma si fermano per più giorni negli alberghi con amici e parenti. Si calcola una ricaduta economica complessiva che potrebbe arrivare fino agli 8 milioni di euro. Sono passaggi che fanno esclamare ad uno storico e amato presidente come Alfredo Weiss: “Non è pensabile sostituire la manifestazione”.

Altri hanno evidenziato come la gara rappresenti una opportunità sociale, abbia strutturato una cultura territoriale, coinvolga 1200 persone che vengono a sentirsi utili alla società. Di questa analisi condividiamo ogni passaggio, esclusa la banale retorica di chi afferma che lo sci nordico in valle costituiva un modo per andare al lavoro nei boschi, o che vi siano50 kmdi pista usufruibili da Natale (accaduto solo una volta in vent’anni), che una volta vi era tanta emigrazione, ecc.

Ma perché la polemica è stata tanto virulenta? Perché dei cittadini si sono permessi di mettere in dubbio, sulla stampa e non solo nei bar, il senso di questa manifestazione dopo anni di inverni sempre più caldi, con poche precipitazioni e per lo più piovose (ad esclusione della stagione 2013-14)? Perché quest’anno il paesaggio era proprio desolante: un lungo serpentone di neve,70 Km, che si snodava fra prati e boschi, dentro i paesi, lungo il fiume; e tutto attorno erba, cespugli, asfalto.

Perché da anni quasi l’intera pista deve essere costruita con l’apporto di neve artificiale e questo fatto non è più una eccezione; perché altre gran fondo internazionali all’estero sono state cancellate; perché oltre 1.000 atleti si sono ritirati ed altre centinaia hanno terminato a Predazzo dopo aver constatato l’impossibilità di proseguire nell’acqua. Perché a Predazzo, nel primo pomeriggio c’erano 12 gradi sopra zero. E perché chi è arrivato, dopo mezzogiorno arrivava sfinito e con tempi superiori di almeno un’ora alle sue possibilità. Sciare era diventato impossibile, si saliva a passo di papera.

Era appena terminatala Conferenzasul clima di Parigi, dove era emerso che ogni stato, ma anche ogni settore sociale, ogni singola persona deve fare la sua parte nel limitare, nel ridurre drasticamente la produzione e le emissioni di anidride carbonica, che alla umanità intera non è più permesso un minimo spreco della risorsa idrica e si devono avviare politiche di risparmio nel settore dei consumi energetici.

Per innevare i70 km. della Marcialonga, oltre alla farsa dell’immagazzinamento di migliaia di metri cubi durante l’estate 2015, andati sprecati, oltre alle decine di cannoni sparaneve, al consumo di energia elettrica (pagata dai comuni) avviata a partire da fine novembre non appena le temperature accennavano ad avvicinarsi allo zero, si sono utilizzati per il trasporto 8.500 camion, i battipista, sono stati messi in pista oltre 110.000 mc. di neve, consumati 40.000 mc. di acqua potabile presa dagli acquedotti comunali. Andiamo a chiedere ai cittadini di Moena e non solo quante volte sono rimasti, anche negli alberghi e nei ristoranti, senza acqua!

Quanto costa?

Rimane poi aperto il tema della mancata trasparenza, con dati che non vengono forniti dalla organizzazione. Quanto spendono i comuni di Moena e Cavalese per avere la partenza e l’arrivo della gara? Nel costo non si deve inserire solo quanto versano, ma il costo dell’insieme degli arredi, della preparazione, dell’uso di manodopera pubblica deviata da altre funzioni forse più importanti, dal servizio offerto dalle diverse forze di polizia, da quanto versano i comuni delle due valli per avere una pista agibile almeno due mesi all’anno, mesi che si riducono sempre più spesso a due-cinque giorni, causa i cambiamenti climatici ormai irreversibili. Altro che i due mesi di percorribilità sempre scritti nelle convenzioni fra società e comuni!

Anche a proposito del volontariato è opportuno chiarire. Escluse poche persone, quanti sono rimasti, dei 1.200, i veri volontari? Qualche centinaio? E troppi altri come vengono pagati, in vestiario o con prestazioni dirette? E chi ci guadagna con l’uso dei camion, delle pale meccaniche, della pulizia successiva alla gara, della viabilità dei paesi? Sempre i soliti noti, a quanto sembra; ma su questi capitoli di trasparenza non se ne vede, e questi comportamenti discutibili appaiono sempre più consolidati.

Si chiede Massimo Ruzzenenti, l’opinionista che ha scatenato la polemica: “È ancora possibile fare finta di niente?” Probabilmente non più, sicuramente non dopo Parigi 2015.

La Marcialongadi Fiemme 2016 è stata uno sperpero di denaro, molto del quale pubblico, di risorse ambientali ed energetiche. Ha portato a casa degli atleti, anche stranieri, una immagine offuscata: troppa fatica, e quanto è stato insulso sciare in mezzo a continue pozzanghere d’acqua! Un investimento utile solo a costruire immagine, sostenuta per due giornate, una immagine priva di ricaduta sociale, visto che gli ultimi inverni, tutti, dimostrano l’impossibilità di mantenere percorribile il tracciato, perfino nella fredda valle di Fassa. Non è un caso che in Austria, Svizzera, Baviera, altre gran fondo dello stesso valore siano state annullate. Si tratta di amministrazioni pubbliche che vivono gli stessi problemi del turismo trentino, che vivono realtà a noi omogenee, ma che sono gestite da amministratori e organizzatori ancora ricchi di etica e che hanno il coraggio di affrontare la realtà.

I cambiamenti climatici non sono un’opinione, e dovrebbero portare tutti noi a riflettere e quindi a decidere e ad agire in modo diverso dal passato.