Amy Denio e Sonata Island
Un bel concerto “liquido”
Sonata Island è una rassegna e contemporaneamente un ensemble variabile, “liquido”, che si muove nel filone della ricerca e della commistione tra jazz, pop, folk e musica colta. In questa occasione la protagonista della serata è la polistrumentista americana Amy Denio, musicista e compositrice jazz americana dalle ampie influenze etniche e popolari, accanto a Emilio Galante al flauto, Giovanni Venosta alle tastiere, William Nicastro al basso e Roberto Zanisi alle percussioni e bouzouki.
Questo è forse un concerto che non andrebbe recensito, nel senso che più che parlarne valeva la pena di goderselo: è tutto leggero, vario, poco impegnativo e a tratti spassoso. Tra i brani nessun legame, tranne Pablo Neruda, le cui poesie diventano i testi di tre composizioni scritte da Amy Denio, che si alterna tra sassofono, chitarrina e voce. È una formazione nata per l’occasione e certo non ne risalta la coesione tipica di un ensemble che suona da tempo e stabilmente con gli stessi componenti; ma tant’è, e alla fine ci piace questo affiatamento frivolo, divertente perchè è proprio il divertimento ciò che accumuna gli ottimi musicisti sul palco. Tutto scorre, in un programma ben ritmato, dove si alternano brani composti dai diversi musicisti, ognuno con un proprio immaginario, con suggestioni e stilemi sfaccettati e mutevoli. Così, Denio (certo il suo strumento principe, più che la voce, è il sassofono) si lascia ispirare non solo da Neruda, ma anche dalla pioggia incessante di Seattle, dove vive, in un brano in cui proliferano gli aspetti onomatopeici, vocali e strumentali, dell’acqua battente sulla metropoli. E con leggiadria si passa dal sapore orientale del brano composto da Roberto Zanisi (qui abile anche al bouzuki) ad un estratto della suite “Double Six” di Galante, ispirata al racconto sulla vita di un ermafrodita, composizione dove forse in forma più compiuta, sensata e strutturata si fondono suggestioni jazz e fortemente pop. Venosta gioca con la complessità e propone un brano dove ogni battuta cambia continuamente di metro ma evita di usare il quattro quarti, scelta stilistica ossessivamente e ironicamente ripetuta con una specie di ritornello parlato: sfidano il pubblico a seguirli in questo incessante ritmo dagli accenti irregolari e imprevedibili e, dopo averlo stordito e spiazzato si riconciliano con esso coinvolgendolo nell’esecuzione di un pattern ritmico vocale che li accompagna nell’ultimo brano.
Gradevole e gradito appuntamento all’interno della mini rassegna invernale del rinato “Brentonico Jazz”, che ripartirà ufficialmente, in collaborazione con “Trentino Jazz”, nel 2016.