Turismo: in Sudtirolo fanno così
Ferma la mia attenzione, sulle pagine di un’importante rivista politico-culturale tedesca, una minuscola fotografia posta a corredo di un modesto messaggio pubblicitario. Ci vedo un campanile,tre masi, vigna e bosco. Semi-nascosta si indovinna la chiesa. Il messaggio, postato da una famiglia di albergatori di Villandro, invita a godere del rito del “Törggelen” (la pigiatura dell’uva), nonché della vista sulle Dolomiti e sulla valle dell’Isarco. Un messaggio semplice, senza la promessa di mega funivie o piste mozzafiato. Sono però certo che gli ospiti, culturalmente qualificati, non mancheranno.
Un campanile, tre masi,vigne e bosco. È questa l’immagine che il Sudtirolo trasmette, e non solo nella fotografia di cui sopra. Molti campanili, masi e piccoli paesi sono raffigurati su pieghevoli e opuscoli, e ancora panorami e montagne sempre in primo piano. E soprattutto l’offerta corrisponde esattamente alla realtà: una rete di piccoli alberghi e di imprese famigliari copre l’intera provincia, fino alle valli più periferiche, e ovunque paesaggio ed ambiente, con ben poche eccezioni, appaiono difesi e ben curati.
È qui fondamentale l’invito a conoscere il paese percorrendolo a piedi e in silenzio: la fitta rete di sentieri è una parte importante dell’offerta turistica dei nostri vicini. E chiunque abbia avuto occasione di vedere quei luoghi ha potuto constatare quanto siano apprezzati questi itinerari, come i percorsi naturalistici attorno al lago di Caldaro o le “waalwege” (sentieri delle rogge) in Venosta. Fondamentale è il collegamento fra turismo e mondo agricolo. In primo piano stanno il rispetto, la conoscenza, l’amore per il paese, quale la natura e la storia hanno contribuito a formare. Qui il turismo è un’attività economica, ma anche un modo di presentarsi, di condividere questa conoscenza e questo amore.
Il Trentino, così ricco di montagne, centri storici e laghi, con realtà straordinarie quali il Brenta e il Garda, non riesce invece a trasmettere un’immagine unitaria di sé. Il paragone che mi viene alla mente è con uno specchio rotto. Manca la volontà e probabilmente la capacità di far conoscere il volto più autentico del nostro territorio, come la natura e la storia hanno contribuito a formare. Per esprimermi in un modo che non considero retorico: manca l’amore. L’immagine del Trentino che ricavo dalle nostre cronache turistiche è un’immagine falsa, basata su “eventi” e promozioni presentati come imprese di portata mondiale, ma in realtà solo rumorosi ed effimeri. Il territorio, preziosa eredità di tutti noi, è visto come una ricchezza da sfruttare, una tavola imbandita pronta a disposizione. Si riempiono i sentieri di montagna di funamboli travestiti da Rambo, si organizzano addirittura gare notturne di “freeride” e “downhill”, distruggendo in tal modo l’immagine stessa delle nostre montagne. Si promuove un Trentino nevrotico, si alleva una generazione di giovani costituzionalmente incapaci di vedere e apprezzare il nostro paese. Il turismo va restringendosi a pochi temi (lo sci, il motocross, la mountain bike) e a poche località; nessuno si preoccupa di quanto si trascura e così va perduto. Ne esce un quadro apparentemente florido, in realtà miserabile. Non sarebbe male imparare dai nostri vicini.