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Buon viaggio, Direttore

Ennio Draghicchio

La notizia della scomparsa del Direttore Ennio Draghicchio, avvenuta più di un mese fa in provincia di Bologna, ha colpito la comunità trentina come uno schiaffo. È sconcertante che un uomo che ha dato tanto al Trentino e alla scuola italiana in genere, impegnando la propria vita per la formazione, l’educazione e la ricerca, se ne sia andato in silenzio, senza aver ricevuto l’omaggio che meritava dalla scuola trentina che ha beneficiato del suo impegno, della sua intelligenza e competenza.

Ex Provveditore nella provincia di Bergamo, Draghicchio fu nominato Direttore dell’Iprase del Trentino nel 1993 e ricoprì quel ruolo fino al 2002.

Furono quelli, a nostro parere, gli anni più fecondi della scuola trentina, anni decisivi che impostarono un rapporto nuovo e determinante con tutti i lavoratori e con l’utenza della scuola. Oltre a una intelligenza lucida e fuori dal comune, molte doti distinguevano il Direttore, prima di tutto la sua eccezionale competenza istituzionale: prima insegnante, poi direttore didattico, ispettore scolastico e provveditore, era un uomo delle istituzioni che, come teneva a sottolineare, aveva sempre ottenuto le sue cariche per concorso, mai per nomina politica o ope legis; restando fino alla fine uomo straordinariamente libero e curioso della vita e della ricerca, in molti campi.

Il suo principale interesse era sempre e solo rendere le istituzioni migliori per chi ne usufruiva, ovvero, nel caso della scuola, gli studenti e le famiglie. Concepiva l’insegnamento come una professione al servizio dell’utenza, orientata al solo scopo di rendere accessibile ai cittadini del domani il sapere, la conoscenza, la coscienza civile e il metodo. A questo impegno non si sottrasse mai: pur consapevole dell’imperscrutabilità e dell’opacità che a volte sembrano accompagnare il processo formativo di studenti e insegnanti, non ha mai smesso di credere al cambiamento dal basso, guidato dall’educazione, dall’istruzione e dalla ricerca.

Per quasi dieci anni l’Iprase, alla sua guida, ha portato in Trentino un impegno senza sosta per fare degli insegnanti dei professionisti che si assumono la responsabilità di educare futuri cittadini e di rendere conto del proprio operato. La valutazione dei risultati e i tanti processi di ricerca-azione attivati in quegli anni furono, assieme alla formazione insegnanti, novità decisive per il Trentino.

Il suo insegnamento forte fu che tra gli investimenti prioritari della politica la formazione degli insegnanti e la ricerca devono essere ai primi posti.

In tempi come questi, in cui la fiducia nelle istituzioni vacilla, quei due filoni di interesse, formazione e valutazione, furono un lungimirante segnale di cambiamento sociale oltre che culturale. Alla base della politica dell’Iprase, infatti, c’era la necessità di un rapporto di fiducia che deve essere il perno tra l’istituzione politica, gli operatori e gli utenti.

Nessuno che entrasse nella sede dell’Iprase, che fosse insegnante, studente, preside o dirigente, ne usciva senza la sensazione di aver impiegato il proprio tempo “in formazione”: fosse solo un colloquio, una riunione, la richiesta di un documento, una ricerca bibliografica, dall’Iprase non si usciva mai a mani vuote, ma sempre con la sensazione di aver imparato qualcosa, scambiato esperienze e opinioni. L’Iprase e il suo Direttore crearono una comunità.

Incontrarsi con le persone a discutere era uno dei suoi piaceri maggiori. Una sua frase - “La cultura è la sbanalizzazione del quotidiano” - ci serve a capire differenza tra l’intellettuale, l’insegnante, l’educatore e gli altri.

Sbanalizzare il quotidiano gli servì a superare le tante difficoltà che incontrò nella propria vita, una vita di guerra, di esproprio della propria terra istriana, una vita da profugo, in cui lo spaesamento dello straniero fu affrontato con coraggio, bontà d’animo, curiosità e umorismo.

Ci mancherà la sua intelligenza, la prontezza nel cogliere l’essenza delle persone e delle situazioni; ci mancherà la sua profonda onestà e il rispetto degli altri. Ma porteremo sempre con noi la sua passione militante. Una volta disse, a una riunione, che se qualcuno, chiunque, ci chiedeva una cosa, era perché ne aveva bisogno. Quindi bisognava rispondere, fare quello che si poteva e doveva. Questa forza generosa è il suo regalo più grande. Che non venga mai meno.

Buon viaggio, Direttore.

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