Comunità di Valle: la grande illusione
Le Comunità di Valle erano partite in pompa magna, l’idea sembrava anche interessante; sono passati pochi anni, ma molte cose sono cambiate. I consiglieri politici del principe erano tutti convinti che le Comunità fossero un esempio di lungimiranza nazionale, insomma girava la vulgata che il Trentino fosse un passo avanti rispetto al resto del paese.
Questi enti intermedi di dubbia costituzionalità hanno sì segnato il percorso della nostra provincia in modo unico, ma il verso di questa influenza è il contrario di quello che era stato immaginato. La retorica della democrazia dal basso che ha condito l’idea di chiamare alle urne la popolazione per costruire un terzo livello che desse autonomia ai territori, era seducente, ma si è rivelata una teoria senza una ricaduta pratica.
Personalmente, anche quando decisi di candidarmi alla Comunità di Valle in Valle dei Laghi, nell’unica elezione diretta che è stata svolta, avevo già dei grossi dubbi, ma come sempre per capire/cambiare le cose ho pensato che fosse importante parteciparvi. Insomma, queste numerose e costose assemblee non sono servite ad avvicinare le persone alla politica, anzi, paradossalmente hanno contribuito a ridare ai singoli comuni più potere e hanno definitivamente messo nel cassetto quella parola, “partecipazione”, che era stata sventolata.
Probabilmente si sarebbero dovute seguire altre strade, partire subito da referendum per le fusioni di comuni, come è stato fatto recentemente; in tal modo si sarebbero risparmiati parecchi soldi, compresi quelli per il sacrosanto referendum abrogativo, purtroppo perso, proposto dalla Lega Nord. Quando fu la Lega (partito a mio avviso ben poco illuminato) a mettere sul piatto una proposta sostenibile come l’abolizione delle Comunità, ebbi l’intuizione che stessero cambiando molte cose negli equilibri politici provinciali; gli effetti pratici li abbiamo visti con le recenti elezioni comunali, in cui ci sono state brutte sorprese per la compagine che governa la nostra provincia. Un’amministrazione che ha utilizzato il consenso popolare e i soldi pubblici per costruire carrozzoni rischia di imboccare la strada pericolosa dell’autoreferenzialità e dei personalismi.
Che fare adesso? Un segnale positivo sono sicuramente la vittoria del sì nel voto per le fusioni, ma con il potere sempre più in mano ai soli sindaci e con i soggetti che vivono i territori, sempre più avvezzi a una delega assoluta e al disinteresse per la cosa pubblica, non c’è molto da festeggiare. Anche nella nostra terra si deve costruire un laboratorio partecipativo reale; degli sforzi per disegnare un possibile futuro sono stati fatti dalla neonata associazione “Più Democrazia in Trentino” e prima dall’omonimo comitato; speriamo che la maggioranza provinciale riesca a cogliere questa campagna che punta sulla democrazia diretta e la partecipazione e che è arrivata fin dentro il Consiglio provinciale con una proposta di legge di iniziativa popolare.