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QT n. 4, aprile 2018 Servizi

Da 213 a 176 Comuni: un buon risultato

Gestioni associate e fusioni devono procedere, senza ulteriori rinvii

Sono di questi giorni le polemiche contro le le “gestioni associate” dei Comuni (o meglio di alcune loro funzioni tecniche come ragioneria, uffici amministrativi ecc) e anche contro le fusioni. Polemiche sollevate da Comuni che per vari motivi si trovano in difficoltà, e subito cavalcate dalle opposizioni alla Giunta, decisamente indebolita dopo il voto del 4 marzo.

Sull’argomento ci sentiamo in dovere di non accodarci al coro di critiche, ma invece, una volta tanto, di spezzare una lancia a favore di Rossi (e del suo assessore Carlo Daldoss).

Partiamo dal quadro generale: i Comuni trentini fino a pochi anni fa erano circa il doppio (213) di quelli del vicino Sudtirolo (116), pur con popolazione e territorio equivalenti. Inoltre, diversamente dall’ Alto Adige, dove il locale consorzio dei Comuni già negli anni ‘80 forniva un efficace supporto non solo lobbistico ma anche tecnico (a iniziare dalla prima informatizzazione decollata a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90), a Trento, invece c’erano ancora Anci ed Uncem, rappresentanze puramente politiche, deboli e non in grado di fornire supporto tecnico ai piccoli Comuni.

Il problema quindi è antico e già la Regione, negli anni ‘80 si era attivata per arrivare a una semplificazione delle autonomie locali. Risultati concreti quasi zero: erano tempi in cui da Roma arrivava una barca di soldi, per cui non si sentiva l’esigenza di operare delle razionalizzazioni. Più recentemente, col passaggio della competenza dalla Regione alle Province e soprattutto col calo delle risorse per l’Autonomia, sono iniziati tentativi più stringenti per convincere i Comuni a collaborare. Anche perché si trattava di un problema non solo di risorse, ma anche di efficienza dei servizi.

Nei primi anni Duemila, grazie anche a significativi finanziamenti provinciali diretti (soldi) e indiretti (consulenze), erano nate alcune gestioni associate. Una delle prime e più importanti (coinvolgeva circa 30.00 abitanti e circa 10 comuni) era nata in Vallagarina e si occupava, appunto in forma associata dei tributi comunali. Le gestioni associate non intaccano la governance dei Comuni, che rimangono integri (con i propri organi democratici) ma mettono in comune alcune o tutte le funzioni (uffici tecnici, polizia urbana, servizi amministrativi ecc). Proprio le gestioni associate della polizia urbana, finanziate a pìè di lista dalla PAT con automezzi ed attrezzature, hanno avuto subito successo, perché nei piccoli Comuni non esisteva quasi nulla a livello di polizia locale e quindi con le gestioni associate non si intaccavano equilibri consolidati ma si lavorava sul terreno vergine. Invece, quando si è passati ad altri settori dei servizi comunali, le cose si sono complicate.

Sono stati anche commessi alcuni errori politici, come quello di identificare la gestione associata con la neonata Comunità di Valle, odiata da molti sindaci in quanto, rispetto al vecchio Comprensorio, gestita da amministratori eletti a suffragio universale e quindi visti dai sindaci come dei concorrenti. A quel punto, la PAT è corsa ai ripari: ha depotenziato la Comunità di Valle che è tornata ad essere l’innocuo bancomat dei tempi del Comprensorio, ha depotenziato le gestioni associate e ha spostato tante risorse sulle fusioni dei Comuni. Questa scelta, se si guardano i numeri, ha avuto un certo successo: i Comuni trentini ora sono circa 170. Gli incentivi messi in campo sono stati potenti: infatti, a fronte di piani di rientro dei costi abbastanza vincolanti e all’obbligo per i Comuni sotto i 5000 abitanti di mettere in rete i servizi con le gestioni associate, per i Comuni che invece sceglievano la via della fusione venivano invece messi a disposizione decine di migliaia di euro l’anno. La fusione è più radicale della gestione associata, poiché ridisegna non solo i servizi ma riorganizza il territorio anche dal punto di vista istituzionale: un solo consiglio comunale, una sola giunta e un solo sindaco in luogo dei due o più precedenti. È bene sottolineare che il processo di fusione è preventivamente sottoposto a referendum, con esito vincolante, tra i cittadini dei Comuni interessati.

E così un poco di bastone e tanta carota hanno fatto il miracolo che neanche a Mussolini era riuscito. I Comuni trentini sono ora 176 e con i processi di fusione ancora in corso si apprestano, entro qualche anno, a diventare poco più di 150.

Non è stata un’operazione semplice e ci sono voluti anche atti d’imperio (commissariamenti) a fronte della resistenza di alcune situazioni. E certamente l’argomento delle autonomie locali, in un territorio come il Trentino che fa dell’autonomia una ragione fondante, è delicato nonché facile oggetto di strumentalizzazione. Ma spesso dietro i nobili principi invocati da qualche amministratore per difendere lo status quo ci sono solo piccole miserie di potere e forti resistenze di qualche funzionario comunale.

In ogni caso, in questi ultimi vent’anni almeno, la Provincia ha globalmente messo in questa partita tanti soldi e assistenza tecnica, per cui chi chiede ora ulteriori proroghe e rinvii o in realtà avversa, peraltro legittimamente, il disegno di semplificazione; oppure, ed è probabilmente la maggioranza dei casi, non ha saputo approfittare di aiuti e consulenze, evidenziando una manifesta incapacità.i.