E lo chiamano servizio pubblico
I ritardi postali nel consegnare Questotrentino agli abbonati sono un problema antico. Nel gennaio di 13 anni fa scrivevamo: “Gli abbonati dovrebbero avere in mano Questotrentino il sabato, ma l’evento è piuttosto raro: il giornale arriva spesso lunedì, ma anche il giorno dopo, se non più tardi. A volte, per occulte ragioni, arriva prima a Rovereto e nelle valli che non a Trento, da dove parte. Se poi l’abbonato risiede fuori provincia, non ci sono regole: per fare 100 o 200 kilometri occorrono anche 15 giorni. Abbiamo infinite volte protestato contro questi ritardi che ci danneggiano (se il giornale arriva prima in edicola che a casa, perché abbonarsi?), e per qualche tempo le cose, talvolta, migliorano, poi tutto daccapo”. La situazione, da allora, non è cambiata, se non in peggio: oggi capita che qualche abbonato lamenti che questo o quel numero del giornale, semplicemente, non gli è mai arrivato.
Va forse meglio la consegna di lettere e cartoline? Secondo Gennaro Celotto, responsabile della qualità di Poste, intervistato dal Fatto Quotidiano, la situazione è eccellente: oltre il 90% della posta prioritaria raggiunge il destinatario entro le 24 ore; ma il cronista, dopo aver svolto una sua piccola indagine, mette fortemente in dubbio la correttezza dei controlli che giustificherebbero quel 90% (vedi www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/06/poste-lumaca-ecco-il-trucco-dei-controlli-corsia-preferenziale-per-le-lettere-civetta/833220/, pagina il cui indirizzo spiega da solo come funzionerebbero le cose).
Qualcuno ricorderà che, forse una decina di anni fa, leggemmo sui giornali che la consegna della corrispondenza sarebbe avvenuta anche nel pomeriggio: non se ne seppe più niente, probabilmente era solo l’illusoria proposta di un sottosegretario in cerca di visibilità.
Quello che accadde nella realtà fu la chiusura di molti uffici postali. Quanto alla mia privata esperienza, la corrispondenza mi arriva a blocchi (quasi mai una singola lettera), per lo più di martedì. Ma questo, evidentemente, non ha alcuna rilevanza statistica: il reponsabile dei controlli mi risponderebbe che ogni giorno loro trattano mille tonnellate di corrispondenza, equivalenti a 15 milioni di pezzi, e che quindi il caso sfortunato ci può stare.
Il problema è che le nostre Poste devono occuparsi di ben altro che non sia la consegna della corrispondenza. Blitz, un giornale online, così sintetizza: “Poste italiane ora è una banca: acquistando per 180 milioni il Medio Credito Centrale ha mosso il primo passo per la gestione della Banca del Sud... Postemobile è concessionaria dello Stato per poker e giochi d’azzardo on line. Poste vende assicurazioni, vende telefonini, riscuote tributi, fa profitti”. Senza contare il commercio più minuto, che così descrivevamo nel gennaio 2007 dopo una visita all’ufficio postale di via Calepina a Trento: “Compact disc, pennarelli, articoli di cancelleria, libri (la collezione “Harmony”), telecomandi, confezioni di plastilina, prese elettriche, coniglietti in peluche, una fantastica ‘Scopa ruotante’, fino al ‘Crunch Trainer”‘ un costoso attrezzo per fare ginnastica. Un merchandising casuale, allegro e colorato: a quando i profilattici e le lucaniche?”
Grazie a queste attività (quelle importanti, intendiamo, non certo la vendita dei pennarelli) Poste ha fatto nel 2010 un miliardo di utili, nel 2011 460 milioni. “Ma consegnare a tutti, ogni giorno, la posta - commenta Blitz - è un lusso che non vuole più permettersi. E seimila portalettere possono iniziare a preoccuparsi sul serio: per loro non c’è cassa integrazione: il vecchio ente previdenziale (Ipost) è finito nel calderone Inps cui Poste non versa contributi”.
Così, mentre grazie alle e-mail la corrispondenza cartacea diminuisce drasticamente (di oltre un terzo negli ultimi anni), il servizio peggiora; e adesso - siamo finalmente alla notizia di questi giorni - ci viene annunciato che prossimamente il postino passerà un giorno sì e un giorno no, con la sola eccezione - per il Trentino - dei tre centri più grandi della provincia (Trento, Rovereto e Pergine).
Le prime avvisaglie della “riforma” risalgono al febbraio 2011, quando - Berlusconi regnante - il competente ministro Paolo Romani siglò un “contratto di programma” che prevedeva appunto il postino a giorni alterni, una misura che avrebbe penalizzato 10-15 milioni di cittadini.
La proposta, dopo aver viaggiato con la lentezza di una cartolina, è arrivata nei pressi del traguardo con l’attuale Legge di stabilità: dopo la non esaltante esperienza della posta prioritaria, verrà reintrodotta la posta ordinaria. Costo: un euro, tempi di consegna promessi: quattro giorni. Ma per chi ha fretta ci sarà anche qui l’alta velocità: una posta super-prioritaria al probabile costo di 3 euro, che dovrebbe essere consegnata il giorno dopo. A meno che, naturalmente, il destinatario non abiti in un piccolo centro, dove l’esiguità del mercato rende anti-economico mandare in giro il postino tutti i giorni. Infatti “si parla di graduare la frequenza in base al numero degli abitanti: nei grandi centri verrebbe confermata la possibilità di consegna quotidiana e poi a scalare verrebbe via via diradata man mano che si riduce il bacino di utenza”.
Di fronte a queste notizie, comparse sui siti di tutti i quotidiani, fioccano dalla Toscana al Piemonte, al Lazio, alla Sardegna le denunce di chi lamenta come per molti già ora la realtà sia più rivoluzionaria e “attenta al mercato” della proposta in attesa di attuazione: luoghi dove la posta viene consegnata una o due volte in settimana o addirittura ogni 15 giorni.
Un docente dell’Università di Napoli la butta correttamente in politica: “Il governo, in un solo colpo, aumenta i costi ai cittadini, riduce ulteriormente la qualità del servizio e pone i presupposti per una severa riduzione del personale. Se non è Margaret Thatcher, ditemi voi cos’è”.