Pari opportunità
In tempi di democrazia, dare a qualcuno del cortigiano è un’offesa, mentre in altri tempi era l’indicazione di uno status sociale nient’affatto disprezzabile. Ma la cortigiana è sempre stata una prostituta. Uguale significato ha il desueto donna pubblica, mentre l’uomo pubblico è una persona importante. L’uomo disponibile o compiacente è gentile, mentre per qualificare allo stesso modo una donna bisogna trasformarla in generica “persona”, perché la donna disponibile o compiacente è, ancora una volta, una poco di buono, seppure non professionista. Il maschilismo della nostra lingua è un dato storico del quale ci si è accorti solo in anni recenti, ma il lavoro di aggiustamento ha già fatto strada. Non casualmente, mancavano le parole per indicare al femminile le posizioni professionali più prestigiose, alle quali le donne avevano raramente accesso. Si è provveduto in ordine sparso, ed è un territorio per il quale è ancora presto fissare delle regole. La sindaca, l’assessora e la ministra ormai sono passate, ma per altre funzioni regna l’incertezza. L’inconsapevole Renata Polverini, diffusamente citata dalla stampa nelle scorse settimane, è stata spesso la presidente, ma anche il presidente, e qualche rara volta pure la presidentessa, che parrebbe una scelta femminista, ma in realtà ha un che di ironico (un po’ come la medichessa). Certo è che quando la lingua si trova di fronte a degli improrogabili aggiustamenti, le esigenze di cui occorre tenere conto sono molteplici: ci sono - abbiamo visto - le giuste pretese del “politicamente corretto”, ma al contempo va evitata la creazione di mostri cacofonici; e infine anche l’occhio vuole la sua parte: frasi come “tutti/e i/le cittadini/e...” sono un bell’esempio di pari opportunità e di militanza (come, in altro senso, i vecchi Amerikani e Kossiga), ma, esteticamente parlando, un obbrobrio.