Sollievo, non soddisfazione
Il Festival dell’Economia è “di sinistra”, secondo le accuse del centrodestra trentino. Forse è vero; di sicuro ha fornito delle nostre società ed economie una lettura sostanzialmente concorde: il liberismo, aumentando le disparità tra ricchi e poveri ha polarizzato la società, ridotto la base dei consumatori, minato l’economia; per uscire dalla crisi, occorre ridistribuire la ricchezza.
Ma questa lettura, quando si passa dal dire al fare, dai convegni alla politica, si fa più incerta, evapora. Con i ricchi “non si può essere punitivi”, non li si può tassare due volte, bisogna stare attenti ché portano i soldi all’estero e i problemi veri diventano i pensionati, i lavoratori che non sono a sufficienza precari, le società pubbliche che, sui luminosi esempi di Poste e Ferrovie e in barba agli esiti referendari, dovrebbero essere privatizzate.
Ed ecco che la visione del mondo “di sinistra” - sarebbe meglio dire capitalista con giudizio - cede il passo alla tradizionale tosatura dei ceti medio-bassi. Tutt’al più accompagnata da invettive e qualche limitazione ai privilegi della casta politica. È questo un quadro europeo prima ancora che italiano; con l’America di Obama che vorrebbe, ma non ci riesce, seguire l’opposto insegnamento di Roosevelt, a suo tempo così fruttuoso.
Così, dal momento che si esita, oppure proprio non si vuole dar vita a questa nuova stagione economico-sociale, paradossalmente è ancora la finanza investita del compito di salvarci dalla finanza stessa: per questo la situazione potrebbe portare per davvero al disastro.
In questo panorama si inserisce il governo Monti. Doppio sospiro di sollievo: è finita l’incredibile, scombiccherata, lunga e rovinosa era Berlusconi; ci sono finalmente le condizioni per affrontare la crisi. Sarebbe meglio dire precondizioni: serietà, competenza, riconoscimento internazionale. Invece, il merito delle politiche ipotizzate impedisce di trasformare il sollievo in soddisfazione.
Due sono i cardini su cui intende muoversi il professore: equità e rigore, conti a posto e sviluppo. Ma l’equità sembra ridursi a un’equa distribuzione dei sacrifici: il medio-povero tirerà la cinghia e il ricco rinuncerà a qualcosina; non a una redistribuzione del reddito. E gli incentivi allo sviluppo sembrano essere ulteriore flessibilità (magari temperata da qualche pur opportuna provvidenza sociale) e liberalizzazioni, cioè privatizzazioni dei servizi pubblici; come se l’esperienza di questi anni non avesse mostrato i disastri sociali e le controindicazioni aziendali della precarizzazione del lavoro, come pure l’involuzione dei servizi pubblici privatizzati.
Insomma Monti sembra andare avanti sulla strada, sia pur riveduta, corretta e ammorbidita, già indicata dalla Banca Europea come pure dal Fondo Monetario: e che non ha dato grandi risultati, anzi spesso ha provocato disastri.
A questo possibile esito portano due fattori. Il primo consiste nelle perduranti conseguenze della vittoria elettorale del centro-destra nel 2008: la maggioranza dei parlamentari segue quegli interessi e quella cultura. Monti non può che tenerne conto. E pure il centrosinistra: che però dovrebbe scindere la prospettiva (un’economia equa, di largo respiro) dalle necessità attuali (misure non ottimali, obbligatoriamente concordate con la destra). Questo non viene chiarito; causa - e questo è il secondo fattore - l’inconsistenza della sinistra: idee confuse, cultura debole, personaggi non credibili. Qualcuno ha mai sentito un suo esponente (oltre al compianto Padoa Schioppa, che peraltro di sinistra non era) difendere il prelievo fiscale? No di certo, si è sempre subalterni al berlusconiano “mettere le mani nelle tasche degli italiani”, becero inno all’individualismo egoista e sprezzante.
Certo, per chiedere soldi ai cittadini bisogna offrire un pubblico efficiente e pulito. E allora, che dire di un Bersani che sugli scandalosi sperperi del suo braccio destro Penati assicura “sulla faccenda dell’autostrada Serravalle non dico niente, aspetto il giudizio della magistratura”? Ma come, nel tuo partito si fa strame dei soldi pubblici e tu non fai indagini interne, non giungi a un giudizio politico che è cosa distinta da quello giudiziario? (E lo stesso meccanismo, non lo abbiamo visto anche nel Pd trentino, a proposito dei casi Cogo e Veronesi?) E ancora l’assenza di posizioni univoche praticamente su ogni questione, condizione imbarazzante per chi sta in minoranza, impossibile per chi vorrebbe governare del paese.
Monti rappresenta “la caporetto della politica”, si dice. Certo, certifica il fallimento di un impresentabile ceto politico di destra. Ma anche l’inadeguatezza della sinistra. Eppure di politica ci sarebbe bisogno. Perché il tecnocrate segue, sia pur con intelligenza e misura, la cultura prevalente tra i tecnocrati, oggi inadeguata. Noi speriamo che serva per tamponare la situazione. Per avere soluzioni vere, bisognerà aspettare una scossa nella politica, che oggi non riusciamo a vedere.