Il nuovo che arretra
In questi ultimi cinque anni si è assistito ad un lento ed impercettibile disinnamoramento verso la politica, con un profondo senso di sfiducia e smarrimento delle speranze. A mio avviso siamo in tale situazione anche perché con la legge regionale 1/93 e con la nuova legge sui sindaci è stato di fatto eliminato non solo ogni controllo sugli atti amministrativi, ma anche la possibilità di un confronto che permetta un dibattito e una critica sulle varie opzioni di sviluppo dei Comuni e della Provincia in Trentino. Questa mancanza di confronto ha portato alla crescita di una classe politica (il cosiddetto partito dei Sindaci, con relativi vassalli, ma anche le varie liste di "giro") che ora vuole andare a governare e amministrare la Provincia. Quella stessa, impersonata (per la parte meno deleteria) dal Dellai democristiano che nel 1990 candida di fatto fuori dal partito, mentre, a quel tempo, Marcantoni, capogruppo a palazzo Thun, ironia della sorte, scriveva contro il partito dei contributi (oggi da opinionista del giornale di Barbieri, pontifica in altra maniera). A novembre lo stesso Celiai popolare del Ppi che da vita a una lista civica (partito leggero?), ne diventa l'incarnazione più evidente, con l'appoggio della sinistra (?).
In questo contesto il confronto democratico si è affievolito e ha patito una violenta asfissia, una specie di eutrofizzazione della politica, dovuta da una parte all'abbondanza di risorse ed al loro uso incontrollato nei Comuni e in Provincia, dall'altra alla mancanza di democrazia partecipata (linfa innovativa che. prima delle cosiddette "riforme", dai Comuni si sarebbe potuta riversare sulla e nella provincia).
In questo periodo nessuno parla più di società dei valori, di etica, ma si propongono cure da cavallo che rischiano di uccidere il cavallo. Ma. per esempio, dell'esigenza di ridurre il numero dei Comuni nessuno si azzarda a parlarne. Invece assistiamo alla litania che ex principi della politica o ritenuti tali. ex deputati, ex senatori, ex di tutto ci instillano con varie proposte che hanno tanto il sapore di quel fumatore incallito che da dieci anni non fuma e un bei giorno si sveglia e ricomincia a fumare come se non avesse mai smesso: propongono le stesse cure ed interventi di 10 anni fa. ovvero privatizzare gli utili raggiunti con l'intervento pubblico e accollare al pubblico i debiti del privato. In un quadro generale ove l'economia generale è determinata dal più antidemocratico degli organismi a ciò deputato ovvero la Banca centrale europea, che non è stata votata da nessuno, altro che Bertinotti). in cui gli interventi monetari guardano solo alla salvaguardia della moneta infischiandosene degli aspetti sociali e delle politiche egualitarie che uno stato moderno deve perseguire (garanzia del lavoro, sanità, istruzione, assistenza...). ci si accorge che mancano progetti ed idealità per il Trentino di fine secolo.
Qualcuno chiede di volare alto, ma una politica alta non può essere fatta da tutte le teste di legno in circolazione che. al massimo, possono galleggiare in una brodaglia fatta di voto di scambio, consulenze, benefìt vari. ricatti e paure di perdere il potere che vede coinvolte quasi tutte le forze politiche presenti in Consiglio provinciale. Così ci troviamo con il brodo dei programmi vaghi e omogeneizzati perché quel che conta è. e sarà. non scontentare nessuno: lo sviluppo sarà una cosa che a qualcuno ricorderà l'Ovomaltina. mentre ad altri ricorderà viadotti, impianti, megafabbriche. nuovi appetiti e nuove commesse, per ripetere gli stessi errori. Se penso ad esempio che quando venne costruito il viadotto alla Vela o la tangenziale si disse che avrebbero risolto il problema degli accessi a Trento e che ora normalmente le code arrivano a Cadine, c'è qualcosa che non mi torna: è sempre il contingente, il particolare, il corporativo a decidere il corso delle cose anziché la consapevolezza che nell'interesse di tutti, soprattutto del futuro, la crescita non può essere esponenziale. che lo sviluppo può essere sostenibile o insostenibile.
Le minoranze sono state esautorate (alcune autoescluse dal ruolo fondamentale che una minoranza qualunque sia, riveste) di fatto soppresse e nessuno si scandalizza più se ci sono amministratori che. condannati, candidamente ricandidano perché loro rispondono alla loro coscienza e alla giustizia divina anziché a quella degli uomini. Credo che se i sindaci si comporteranno in Provincia come si sono comportati nei Comuni, gli spazi di confronto e di crescita saranno ancora più ridotti e ci troveremo di fronte ad una univocità di intendimenti dannosa per la nostra società, in cui per contro va fatta convivere ed esaltata la "biodiversità" politica che sola può garantire crescita sociale culturale ed economica. In questo contesto assume importanza l'informazione, la conoscenza, che invece diventa pavida ed imbolsita: i quotidiani locali che litigano per alcune migliaia di copie lette o vendute e tacciono sui miliardi di debiti che qualcuno dovrà un giorno ripianare: mentre mettono la sordina ad ogni voce fuori dal coro, le televisioni locali foraggiate dall'ente pubblico che fanno passare per dibattiti quelle che sono veline di palazzo. che si aggiungono ai redazionali scendiletto, la Rai Tv che è più servizievole che non servizio pubblico...
La sinistra trentina in questo contesto si colloca tutta protesa a "governare" ma nei fatti non potrà governare e -purtroppo con tutti quei sindaci che già "amministrano"- non saprà nemmeno fare l'opposizione seria e puntuale: dicembre sarà ancora più "infausto" che lo scontalo e sacrosanto abbandono da parte di Bertinotti della maggioranza prodiana.