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Un’occasione persa

Pietro Di Fiore, UIL Scuola

Fossimo dei politicanti (come peraltro abbiamo visto in tanti), potremmo far salti di gioia, per i risultati conseguiti nel referendum: un manipolo di garibaldini, dal cuore grande e dalle idee come il cuore,hanno portato il 20% dei trentini nella scia delle loro tesi. Ma non ci si può felicitare nel veder disertata una consultazione referendaria.

Addolora la rinuncia al voto, all’esercizio democratico. E’ necessario ricordare quante lotte sono state sostenute per arrivare al suffragio universale? Sempre più, nel nostro tempo, abbiamo grandi Stati governati da rappresentanti, tutti presi ad esportare la democrazia, sostenuti da percentuali di consenso bassissime! Forse è così che possiamo spiegarci come siano i comici ad organizzare il consenso in Italia.

Rattrista, poi, che la rinuncia ad esprimersi avvenga su di un tema importantissimo quale la scuola. Ogni giorno leggiamo fatti, notizie che tratteggiano un presente sempre più difficile da interpretare e un futuro incerto. Molti sottolineano come, in questa situazione, la scuola diventi risorsa centrale nel proporre una formazione per tutti (anche per coloro che non hanno banchi ad attenderli) e che si proponga per tutto l’arco della vita, nell’ottica della riqualificazione continua.

I potenti, che nella nostra provincia hanno dato l’ordine di non votare, ora debbono assumersi la responsabilità pesantissima di queste due rinunce. E del conseguente spreco di denaro pubblico. Un’occasione persa. L’ennesima occasione persa. Noi, per nostra parte, abbiamo tentato di parlare, di discutere. E cosa c’era e c’è all’ordine del giorno di così importante?

La Costituzione Italiana, ad esempio. Abbiamo assistito ad una sua lettura decisamente strumentale, quanto stravagante; con disquisizioni sul termine "istituire" piuttosto che "mantenere in vita". Sicuramente l’interpretazione degli articoli 33 e 34 va fatta alla luce dei principi fondamentali della nostra Repubblica, espressi nei primi articoli della Carta: allora leggiamo di una scuola che deve essere laica e pubblica.

Laica: perché dia gli strumenti per la costruzione delle conoscenze, la tensione dell’educazione alla progettazione del futuro. Una scuola che nello schiudersi di orizzonti di cultura e di esistenze senza confini, proponga una conoscenza che non ha mai fine. Una conoscenza che è scientifica in quanto rifugge da ogni credenza, fede, confessione, che non dà ad alcuno cieca fiducia. Una conoscenza che si muove nell’orizzonte del dubbio e della prova per falsificazione. Una scuola che fa ricerca e che ha, quindi, nella laicità la stoffa preziosa per confezionare i suoi abiti, le formae mentis.

Pubblica:perché soltanto un sistema pubblico (un tempo avremmo detto statale), può essere gratuito e aperto all’intera utenza territoriale. Una scuola è pubblica quando accetta tutti i bambini, non facendo distinzioni di sesso, di razza, di religione. Con la stoffa della laicità confezioniamo i vestiti per il mondo intero!

La tanto citata legge 62 / 2000 (che pur non ci piaceva perché usata per sfondare il nostro sistema scolastico), nel configurare i requisiti necessari affinché il privato possa diventare paritario, sottolinea e riprende i principi della Scuola Pubblica. La scuola paritaria deve: - essere aperta a tutti (non solo ai bianchi, ricchi e "perbene"),

-  porre l’insegnamento della religione come facoltativo (pensate un po’: iscriversi all’Arcivescovile e non avvalersi del catechismo, ops … della religione),

- reclutare gli insegnanti attraverso graduatorie e concorsi pubblici (questo anche nel rispetto della "libertà della scienza e dell’insegnamento"). 

E’ del tutto evidente come le scuole private provinciali non abbiano perseguito i tre sopraccitati requisiti, noi esercitiamo il diritto di continuare a non utilizzare il termine "paritarie".  Comunque, al di là del risultato della consultazione, peraltro scontato avendo contro la Casta, per noi del Comitato promotore è stata un’esperienza umana importantissima, a cominciare dalla raccolta delle firme. Spesso aggrediti verbalmente, ci siamo accorti subito della bontà delle nostre idee e della fragilità di quelle altrui. E dell’ignoranza!

In seguito, sulla stampa locale, abbiamo avuto modo di incontrare scritti di consiglieri, magari professori privati, che confondevano l’educazione con l’istruzione e con la formazione, che portavano l’esempio dell’Arcivescovile come campione di laicità!

Con sorriso beffardo, abbiamo notato un segretario minare alle fondamenta il proprio partito, forse per accelerarne la dipartita; più avanti abbiamo letto di un insegnante in pensione dimenticarsi di decenni di sindacato scuola, anche con incarichi importanti!

Basiti, abbiamo assistito ad un vescovo scendere in campo, vestendo i panni del principe, dar ordini sul voto; ad un principe fatto fescovo, pronto a commuoversi a Barbiana. E’ qui, che abbiamo raggiunto l’apice del pathos e del raggiro: Don Milani usato contro il referendum, un antico Robin Hood mitizzato da decine di sceriffi di Nottingham! E così, mentre noi facevamo campagna referendaria con  il cuore in una mano e nell’altra la nostra amata Carta Costituzionale, i corruttori della laicità dello Stato e della Scuola, maneggiavano e ricontrattavano il denaro pubblico. Eppoi ci si lamenta del V-Day! Tutto è perduto, allora?

No!Mi viene in soccorso il grande Galileo. Egli diceva che il Pensiero (ed il linguaggio) con la P maiuscola è dotato di velocità e come un cavallo di razza arriverà sempre per primo al traguardo: potete farlo correre contro mille brocchi, ma sarà inutile: vincerà.

Ebbene, guardando i risultati, domenica è capitata una cosa inimmaginabile: più di 76.000 trentini hanno avuto uno scatto d’orgoglio. Morso il freno, sisono liberati dal giogo della Casta. E’ con loro che cercheremo di ricostruire un patrimonio di idee, valori, democrazia.            

Pietro Di Fiore, Direttivo provinciale UIL Scuola