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Il burkha della “par condicio”

La "par condicio" durante la campagna elettorale è necessaria per porre in condizione di parità i partiti, grandi e piccoli, e le coalizioni, ma è una pessima legge. Essa infatti mette il bavaglio agli elettori, e ai cittadini in genere, preclude loro lo schermo televisivo proprio quando è più forte la voglia di partecipare, di esprimere la propria opinione, di contraddire le argomentazioni che non si condividono. In sostanza mette il bavaglio a tutti coloro che non fanno parte della nomenklatura politica.

L’Italia, per i due mesi della campagna elettorale, indosserà il "burkha". Infatti saranno autorizzati a parlare in televisione di politica (cioè dei problemi reali che interessano i cittadini) solo i politici di professione e i candidati. Se io ho inteso bene la lettera e lo spirito della norma, nessun altro cittadino, operaio, casalinga, intellettuale, artista o scienziato potrà affrontare argomenti di carattere politico. La legge lo vieta. Ciò significa (come ha rilevato Michele Serra su Repubblica del 15 febbraio) che nelle trasmissioni di intrattenimento, talk show, varietà, cultura, sport, ecc. non si potrà fare alcun accenno politico.

Il che è assurdo! Per fare un esempio, uno scienziato intervistato durante un talk show sulla questione energetica (rifornimento di gas metano) non potrà criticare la politica economica del Governo, un sindacalista non potrà parlare della questione salariale o della diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. Potrei fare altri esempi, ma credo che i lettori abbiano capito. In campagna elettorale gli spazi politici vengono sequestrati dai politici, unici soggetti autorizzati a parlare, mentre la società civile viene zittita.

Ne consegue che la "par condicio" è una legge iniqua che stabilisce la pari opportunità in televisione per un ristretto ceto politico, ma impone il silenzio a tutti gli altri. Una specie di legge ad personam, a svantaggio della sovranità popolare ed in violazione degli articoli 3 e 21 della Costituzione.

Non è questo un pericolo grave per la democrazia? E’ un problema molto antico che intrigava Atene già nel V secolo, anche se la televisione non c’era. Una legge fondamentale di Atene stabiliva infatti che non era permesso emanare leggi ad personam, e che ogni legge (nomos) doveva valere egualmente per tutti gli ateniesi. Platone afferma: "Non sono leggi giuste quelle che sono stabilite non per l’intera comunità, ma a vantaggio di singoli individui"(vedi "Le leggi di Atene", di Oddone Longo). Uno dei provvedimenti che dovrà affrontare il nuovo Governo, dopo le elezioni del 9 aprile, sarà quello di abolire la "par condicio" e di democratizzare l’accesso alla televisione.

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