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Plagiati da Bertinotti?

Giorgio Grigolli

Irak: tutti plagiati da Bertinotti? - interroga Renato Ballardini, sul l’ultimo Questotrentino.

Senza se e senza ma, risponderei sì. Non mi trovo a corrispondere, in sostanza, alla assoluta sicurezza di Ballardini: che a Bagdad sia di turno "un governicchio totalmente privo di un consenso di base popolare"; che un governo senza "esponenti dei guerriglieri" risulti "librato nel vuoto"; che un intervento dell’Onu "sarà solo una copertura formale , che potrà giovare a Bush per la sua campagna elettorale"; che "svolta" né piccola nè grande potrà esserci.

Senza niente concedere alla stortura politica e morale dell’interventismo "preventivo" e "successivo" degli Usa, trovo appena irreale la linea parlamentare dell’Ulivo che ha "decretato" (si dice per dire) l’uscita immediata delle truppe italiane dall’Irak. In questa valutazione, coinvolgo (a malincuore) anche Romano Prodi, che a Roma la ha in qualche modo acquisita, salvo rettificarla con mezze parole seguenti, da Bruxelles. Di fatto, con la sua seguente lettera del benvenuto romano a Bush e il richiamo all’Onu, mettendo in mora la mozione del centrosinistra.

E’ tutto comprensibile il tormento di un leader, anche la preoccupazione di "Uniti per l’Ulivo", nell’imminenza delle europee.

La sensazione, tuttavia, è che quel voto così compattato, sorretto dalle luminose demagogie dei Bertinotti, dei Pecoraro Scanio e dei Diliberto, abbia contribuito a un indiretto sussulto di vitalità al tremebondo governo Berlusconi.

Quello che si legge sui testi ultimi dell’Onu è certamente lacunoso, tuttavia in corso di correzione. Già al momento del voto in aula, alcune prospettive di diversa veduta statunitense erano venute in evidenza. Occorreva "trasformarle" in paletti della minoranza parlamentare, da opporre sulla via della politica estera italiana, come sede preannunciata di verifica e di controllo, rispetto all’ossequiosa e interessata prosternazione di Berlusconi al cospetto delle anticipazioni fornite, a Washington, da Bush.

Vorrei rifuggire dalla sensazione espressa da qualche osservatore politico: che Prodi sia stato ultimamente usato dai partiti dell’Ulivo, a simboleggiare parvenze di unità.

Quello che appare, tuttavia, è che il potere reale dei partiti sta progressivamente logorando il potere virtuale del candidato della coalizione 2006. D’accordo, l’obiettivo di vincere le europee poteva motivare (giustificare?) la spinta alla mozione unitaria. Ma dopo? L’Ulivo poteva dire che, a differenza di Berlusconi, i suoi uomini erano stati con l’Onu contro la guerra, restavano con l’Onu anche adesso, quando si cerca di stabilizzare il Paese. Perfino, con realismo, l’Italia poteva restarci con truppe in missione umanitaria (certo, non da vigili urbani). Invece no.

S’intende, se ha deluso Prodi, neanche mi pare tutto da assolvere Rutelli. Vorrei apprezzare, oltre Andreotti, oltre Gerardo Bianco, anche D’Alema, anche Fassino, anche Veltroni, a contrastare gli oltranzisti di casa, in quel dilagante autolesionismo dei Ds. Tant’è, occorre vincere le elezioni. Vedremo subito dopo.