Si scrive acqua, si legge democrazia
Quanta sia la paura che il referendum del 12/13 giugno raggiunga il quorum e porti aria nuova in questo Paese, lo si nota in questo giorni. Un referendum ovvero “vox populi” dove vincessero i sì, evidenzierebbe che questo governo ha fatto il suo tempo e gli italiani non lo sostengono più, cosa peraltro abbastanza intuibile dalla compravendita di parlamentari per evitare le elezioni anticipate.
La marcia indietro sul nucleare (che ovviamente dopo l’incidente di Fukushima era ovvio portasse alle urne anche i più disinteressati o mal informati dalle campagne di informazione faziosa tipo quella del Forum Nucleare Italiano), lo confessa Emma Marcegaglia: è stata una mossa tattica proprio per evitare l’afflusso alle urne. Ora tocca all’acqua bene comune.
Gli interessi lobbistici sull’acqua sono ingenti, basti pensare che negli ultimi otto anni le bollette hanno subito un rincaro del 65% destinato ad aumentare nei prossimi anni.
Il Censis ha stimato che gli acquedotti italiani sono un colabrodo che perde 47 litri d’acqua ogni 100, quindi quasi la metà del patrimonio idrico incanalato e i costi per la ristrutturazione si aggirerebbero intorno ai 64 miliardi di euro, un osso goloso per gli imprenditori italiani.
La Marcegaglia ha più volte dichiarato che l’acqua secondo lei dovrebbe essere gestita dai privati (ovvio che i suoi interessi non sono gli stessi degli altri cittadini...) e quindi si può supporre che dietro la seconda retromarcia ci sia di nuovo il suo zampino.
L’acqua ormai è destinata a diventare l’oro blu che sostituirà il petrolio nei prossimi anni, basti pensare che a Bolzano è già partito il progetto per la costruzione di un impianto di trasformazione per l’idrogeno in sinergia con quello di servirsi di mezzi pubblici con questo sistema di trazione i quali sono in arrivo sul mercato nel futuro più prossimo.
Non hanno fatto i conti però con il nostro sistema democratico: i referendum non si possono cancellare sospendendo un articolo di legge per poi magari riproporlo più avanti, ma c’è bisogno che si esponga la Corte Costituzionale.
Al di là della propaganda faziosa che il governo sta facendo, i cittadini potranno perciò esprimere il loro giudizio sulle tre questioni referendarie anche dopo una mossa anti-democratica come questa. In questo frangente quindi diventa ancora più importante andare alle urne il 12 e 13 giugno, perché oltre ai quesiti referendari, come cittadini potremo dimostrare che la democrazia è il bene comune più importante.