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QT n. 4, aprile 2011 Trentagiorni

Un 12 giugno referendario

La partita è chiusa: Maroni ha comunicato che non ci sarà nessun election-day, per i referendum si voterà il 12 giugno. Non ci sarà cioè l’accorpamento delle elezioni locali (primo e secondo turno) che si terranno in primavera e la votazione per i tre referendum che la Corte Costituzionale ha ammesso: quello (di due quesiti) per la ripubblicizzazione dell’acqua, o meglio dei servizi idrici (gestione), promosso da una rete di comitati e movimenti di base raccolti nel Forum nazionale dei movimenti per l’acqua, e i due promossi dal partito di Di Pietro, l’Italia dei Valori, contro la riapertura in Italia di centrali nucleari e contro il “legittimo impedimento”, l’ultimo escamotage ad personam inventato da Berlusconi per sottrarsi ai processi.

Il mancato abbinamento costerà ai cittadini italiani 400 milioni di euro, che sarebbero stati meglio spesi per il sostegno della scuola o delle energie rinnovabili, i contributi per le quali sono appena stati tagliati, rischiando di interrompere un trend che negli ultimi anni era stato molto vigoroso, e mettendo quindi a rischio anche l’occupazione del settore (mentre per il nucleare il governo ha previsto di spendere 30 miliardi, per ottenere appena il 4% del fabbisogno energetico).

Ovvia la speranza del governo di sfiancare gli elettori con ben tre appuntamenti in successione in circa un mese, evitando in questo modo che venga raggiunto il quorum del 50%+1 necessario per cancellare le leggi in questione, ma la paura è comunque forte, tanto più da quando ci si è messo di mezzo anche il disastro nucleare giapponese (secondo gli ultimi sondaggi gli italiani favorevoli al nucleare sono ora scesi al 22%).

Lo scontro referendario questa volta è davvero stretegico, in gioco ci sono beni comuni di tutti gli italiani, contro gli affari della lobby nucleare e delle multinazionali dell’acqua (che stanno dietro anche al settore pubblico/privato) che puntano a finanziarizzare il settore, portando gli acquedotti “in borsa” (già lo sono quelli di tutte le grandi città italiane), vanificando qualunque controllo dei cittadini, e trasformando l’acqua nell’oro blu, il business di domani. L’Italia dopo il 12 giugno non sarà più - comunque - la stessa.

La partita sarà durissima, con tutti i mezzi di comunicazione che parleranno sicuramente d’altro. Se ne è avuto già un assaggio nel voluto ritardo del governo nel dare il via alle procedure previste per la campagna referendaria (per esempio il regolamento degli spazi televisivi).

Serve dunque una attiva mobilitazione, bisogna che la rete dei comitati referendari riesca ad arrivare su tutto il territorio, capillarmente. Contando sulla chiarezza e comprensibilità degli interessi in campo, e sul favore popolare, già vistosi al momento della raccolta delle firme.

Questo giornale farà la sua parte..