L’accordo indecente
Arco, elezioni 2005: accordo sottobanco fra il sindaco Veronesi (oggi PD) e la destra dura. Voti in cambio di poltrone. E’ proprio così? Al PD, cui arriva la denuncia, per ora si nicchia.
Ad Arco da molti anni Angioletta Maino del PD denuncia come inaccettabile l’accordo tra l’allora margheritino Renato Veronesi, candidato sindaco del centrosinistra, e la destra arcense. Un accordo con Alleanza Nazionale più Lega Nord per far convergere il proprio elettorato su Renato Veronesi. In cambio di cosa? Nominare quale assessore tecnico nella nuova giunta un nominativo proposto dalle forze di centrodestra; sistemare ai vertici della AMSA spa (l’Azienda Municipale di Arco, proprietaria di due redditizi campeggi, la piscina, l’ex Casinò) due altri personaggi del centrodestra, uno dei quali come vicepresidente; far nominare a presidente della Fondazione Comunità di Arco (una delle più grandi e ricche Ipab del Trentino, enti di origine curiale, proprietaria ad Arco della Casa di riposo nonché di molteplici proprietà terriere) un altro nominativo suggerito dal centrodestra.
Pubblichiamo il testo del patto divulgato dalla Maino, accanto al testo autografo e alle firme in calce (vedi la scheda in basso).
Le firme risultano essere di Roberto Veronesi (eletto sindaco), Alessandro Amistadi (della Margherita, poi confermato alla presidenza dell’AMSA), Stefano Tamburini (Lega Nord, poi nominato, come da patto sottoscritto, vicepresidente dell’AMSA), Marco Angelini (Margherita, il noto architetto amico di Grisenti poi travolto dallo scandalo di “progettopoli”), Fabio Zanetti (Forza Italia), Roberto Delaurentis (An, vero leader carismatico del centrodestra, oggi aderente alla Destra di Storace, come da patto nominato presidente della ricca Fondazione Comunità di Arco).
Non un voto di scambio, ma comunque...
Prima considerazione: è autentico questo documento? Sono autentiche queste firme autografe? Perché, se così fosse (seconda considerazione), si configurerebbe come uno scempio politico-istituzionale: il centrosinistra che si accorda col centrodestra (anzi, con la sua ala più dura, leghisti e Delaurentis) per spartirsi le poltrone, soprattutto quelle delle società comunali. Perché poi, puntualmente i dettati del patto sono diventati realtà (tranne l’assessore “tecnico” di destra in una giunta di centrosinistra: un vero obbrobrio politico, e forse proprio per riuscire a portarlo a termine Veronesi ci mise un paio di mesi a varare la giunta, però senza assessore “tecnico”, che avrebbe provocato troppo scalpore, in cambio avocando a sé, pur incompetente in materia, il centrale assessorato all’urbanistica, che poi non provò neanche a gestire).
Insomma, secondo la Maino, (ricordiamo, esponente del PD come peraltro ora Veronesi, che anzi del partito è stato uno dei candidati alla segreteria provinciale) un accordo moralmente esecrabile, politicamente un “affossamento di tutti i valori della sinistra” e giuridicamente quel che si definisce “voto di scambio”.
Noi abbiamo dei dubbi che dal punto di vista giuridico di “voto di scambio” si possa trattare (nel qual caso dovrebbe indagare la magistratura); ma sul giudizio politico e morale concordiamo in pieno.
E il PD? La Maino ha inviato tutto il materiale alla Commissione di Garanzia del partito, al segretario Michele Nicoletti, al presidente Giorgio Tonini, ai parlamentari, consiglieri provinciali ed assessori. Tenuto conto della intransigenza del PD su questioni come quelle descritte quando è la destra o Berlusconi a portarle avanti, Angioletta Maino si sarebbe aspettata altrettanta durezza da parte della dirigenza del PD; ma almeno finora così non è stato e a nulla sono valse le due lettere inviate il 17 agosto e il 10 ottobre di quest’anno al PD provinciale da parte della stessa Maino; anzi, contro la richiesta della stessa Maino di tesserarsi al Circolo PD di Riva è stato proposto ricorso per essersi candidata in una lista di centrosinistra contro Veronesi. In poche parole la Maino è finita “sotto processo” per non aver voluto avallare il patto scellerato con la destra avendolo per di più denunciato pubblicamente.
Ricordando il caso Cogo...
Su questo abbiamo sentito il segretario Michele Nicoletti.
“Abbiamo girato tutta la documentazione al Comitato dei Garanti (cui peraltro già era stato informato dalla stessa Maino, n.d.r.) e chiesto a Veronesi di fornirci la sua versione - ci risponde il segretario - Abbiamo quindi chiesto agli organi politici interessati, il Circolo di Arco e il Coordinamento politico provinciale, di esprimersi”.
Ma non è che ve ne uscite con una soluzione del tipo: non ci riguarda, sono cose successe quando c’era la Margherita, non il PD? Come avete già fatto con la Cogo?
“Da un punto di vista formale è indubbio che la cosa non riguarda il PD. Ci riguarda da un punto di vista sostanziale. Vedremo.”
Vedremo anche noi. Di certo è un pessimo precedente il caso di Margherita Cogo, beccata ad alterare documenti per versare di meno nelle casse del suo partito (azione definita truffa dalla Procura della Repubblica, archiviata per mancanza di querela dei DS). Anche per il caso Cogo il PD si era limitato ad osservare che si trattava di questioni vecchie e relative ai DS così da poter tranquillamente ricandidare Margherita Cogo, eleggerla capogruppo del PD in Provincia e Assessore in Regione, incarico che tutt’ora detiene.
Insomma, con la Cogo il PD aveva attuato in pieno la politica dei due pesi e delle due misure: uno per gli amici e uno per i nemici. Dove per “amici” si intende il giro della piccola casta locale, che amici rimangono anche se truffano lo stesso partito (soldi di tutti, soldi di nessuno?); e “nemici” gli avversari lontani, Berlusconi in primis, già quando si tratta di avversari nostrani come Mario Malossini il PD trentino è certamente più cauto, tanto da consentirne l’elezione a presidente della Commissione del 12.
Aspettiamo quindi di vedere come finirà il caso Veronesi. Se si concludesse come quello Cogo, è inutile che i dirigenti del PD - come suggerisce il segretario roveretano Lorandi - “avviino una profonda riflessione” sull’emorragia di voti (a Rovereto, 2000 voti alle ultimissime elezioni, se ne sono persi uno su tre rispetto alla comunali, quando erano 3.200, e già se ne erano persi uno su due rispetto alle provinciali, 6.100 voti). Non stiano a perdere tempo a “riflettere”, più o meno profondamente. Basta che si rendano conto che se decidono di operare come una casta, l’elettorato se ne va.
ARCO - maggio 2005: Il testo dell’accordo
(trascrizione del documento autografo)
In data 13.05.2005 si sono ritrovati i sottofirmati Renato Veronesi, Alessandro Amistadi, Roberto Delaurentis, Fabio Zanetti, Tamburini Stefano, Marco Angelini, i quali, dopo aver esaminato la situazione politica locale, sia alla luce del prossimo ballottaggio elettorale, sia nella più ampia dimensione dei rapporti politici e dei risultati amministrativi, convengono sulla necessità di favorire l’elezione di Renato Veronesi alla carica di Sindaco del Comune di Arco attraverso un patto di rilancio in termini culturali ed amministrativi che possa addivenire ad un effettivo riscatto della città.
Allo scopo i rappresentanti del PPE (partito popolare europeo) ed Alleanza Nazionale più Lega Nord, si attiveranno e si impegnano al fine di far convergere il proprio elettorato su Renato Veronesi.
Peraltro il candidato Sindaco, al fine di assicurare le prerogative di rilancio sotto il profilo culturale ed amministrativo, si impegna:
- A nominare quale assessore tecnico nelle proprie file un nominativo proposto dalle forze di centro-destra.
- Favorire 2 altri nominativi della stessa forza all’interno della S.P.A. AMSA di cui una nella posizione vicepresidente.
- Favorire la nomina a presidente della Fondazione Comunità di Arco un nominativo suggerito dalla stesse forze politiche (AN, Lega, PPE) procedendo alla nomina di due rappresentanti.
Si ritiene l’impegno sottoscritto, propedeutico ad avviare un percorso collegiale anche in termini di elaborazione amministrativa.
Letto, confermato e per accettazione sottoscritto
Renato Veronesi, Alessandro Amistadi, Marco Angelini, Fabio Zanetti, Stefano Tamburini, Roberto Delaurentis