L’Università di Trento diventa grande?
L’estate sta finendo. E un nuovo anno (accademico), più che andarsene, prende il via. L’Università di Trento sta diventando grande? La domanda è lecita, se si guarda, con speranza o con sospetto, alle novità in arrivo. La commissione per l’attuazione della delega alla PAT, infatti, ha emesso il suo rapporto finale, e presto le funzioni amministrative e legislative per l’Università, onere economico compreso, saranno a tutti gli effetti esercitate dalla Provincia di Trento.
Il documento redatto dalla commissione getta le linee guida per il futuro del nostro ateneo. Senza perdere di vista la sua connotazione statale, ma al tempo stesso rafforzandone la responsabilità, e mettendo sul piatto (cosa non scontata) un piano di finanziamento a medio termine, suddiviso in due quote, una base (garantita) e una premiale.
Non mancano le buone intenzioni, né le note stonate. È positivo, infatti, che si parli, seriamente, di accesso alla residenzialità (per gli studenti) e alle professioni (per i lau-reati); o di tenure-track per i giovani ricercatori.
Più difficile è prevedere gli effetti e l’efficacia della cooptazione dei docenti attraverso comitati per il reclutamento (anziché graduatorie).
Encomiabile, poi, il tentativo di mettere chiarezza nel rapporto con gli enti di ricerca esistenti sul territorio; ma inquietante (a dir poco) quello di far rientrare (dalla finestra?) l’ipotesi, già ventilata e fortemente osteggiata, di istituire una fondazione che possa recepire trasferimenti e donazioni da enti pubblici o privati.
Né mancano i vizi di forma. Si prevede, ad esempio, che il CdA dell’Ateneo sia no-minato dalla Giunta provinciale previo il parere vincolante di una Autorità che, tuttavia, sarebbe a sua volta composta di membri nominati dalla Provincia. Un simile meccanismo, è chiaro, rilancerebbe le preoccupazioni circa le pulsioni di controllo della PAT. È presto, del resto, per valutare. Ma la concentrazione sul tema, nei mesi a venire, dovrà restare alta.