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Il genius loci scomparso di Malga Conca

Ing. Paolo Mayr, presidente della sezione trentina di Italia Nostra.
Malga Conca

Malga Conca è situata a 2118 metri alla testata di val di Borzago, in sponda destra della Val Rendena, ad est della potente piramide del Carè Alto, al margine nord di una vasta, aperta conca chiusa a sud dal Corno Vecchio; più che una malga era un antico riparo addossato al lato sud di un enorme masso, da questo protetto e parzialmente coperto; sul lato esterno la cavità era riparata da un alto muro in pietre a secco, configurato secondo il margine curvo del masso; sul lato est era sopravvissuta anche una piccola costruzione anch’essa in pietre a secco, priva di copertura. Tutt’attorno, altri massi di dimensioni minori, testimonianza di un’antica frana.

Era un ambiente mitico, di rara bellezza e di forte intensità emotiva, ove le tracce dell’uomo si accostavano in armoniosa simbiosi con le potenti presenze naturali. Pietra su pietra, pietra contro pietra, il riparo si addossava al masso, formando le aperture e le luci in rispettosa sudditanza dal monolito.

Ciò è stato per secoli e millenni, fintanto che l’Amministrazione comunale di Pelugo, alla quale tanto dovrebbe stare a cuore la salvaguardia del proprio patrimonio, pensò bene di “ripristinare” la malga, con i benestari autorizzativi dei Servizi provinciali (Servizio Conservazione della Natura e Valorizzazione Ambientale; Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio; Soprintendenza per i Beni librari, archivistici e archeologici e Soprintendenza per i Beni architettonici) e dell’Ente Parco Adamello-Brenta.

Incredibilmente questi non si accorsero di quanto pregnante fosse lo spirito del luogo, di quanto fosse unico ed originale e ricco di importantissime e note testimonianze storiche. Purtroppo il “genius loci” non venne percepito, né ascoltato ed esso venne cacciato inesorabilmente.

Abbattendo gli antichi muri, trasudanti memorie, sono stati addossati al masso due banali edificetti rigidamente geometrici, tradendo la forma, le proporzioni, le dimensioni, i materiali dell’antico riparo, con tipologia più consona a quella di un deposito rurale di bassa quota (travicelli a spigolo vivo, perline, guaina, areazione, porticine e finestrelle a filo esterno, anima in cemento armato, ecc.)

Non di ripristino e tanto meno di restauro si può parlare, ma di nuova costruzione, che nulla ha saputo cogliere in quella magnifica conca, tra quei sassi sapienti, per operare col dovuto rispetto.

Per di più si è distrutto un bene così importante senza sapere chiaramente quale utilità o destinazione possa avere questo nuovo edificio, sia perché vari bivacchi sono in prossimità, sia perché, nonostante ripetute richieste, non ci è stato ancora comunicato se la “malga Conca” sia stata inserita in qualche programma di agricoltura di montagna o se vi siano state richieste di utilizzo pastorale.

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