Rock in libreria
Dalia Macii - Oscar De Bertoldi, Bastarock. L’underground dei Bastard Sons of Dioniso. Firenze, Egon, 2009, pp. 144, euro 13,00.
Il 31 ottobre, presso la Sonà Music Club di Pietramurata, è stato presentato in anteprima il libro “Bastarock”, uscito ufficialmente il 4 novembre in libreria. Gli autori sono Dalia Macii e Oscar De Bertoldi, uno dei componenti della Piccola Orchestra Felix Lalù. Il testo è composto da una serie di testimonianze dirette delle band protagoniste della scena locale trentina; tanto per citarne qualcuna: Absinth Effect, Anansi, Attrito, Dangerous Gases, Mamalbao, N.A.N.O., Next Point, Nurse, Supercanifradiciadespiraredosi, The Damsel’s Demon Lovers.
Il titolo è un tributo alla Sonà di Pietramurata, uno dei luoghi topici della scena musicale in questione e allo stesso tempo un ringraziamento a un suo vicino esasperato che con una scritta a spray sul muro del locale ha involontariamente coniato uno slogan: “Basta Rock, ho fat la not” (Basta Rock, ho fatto la notte in bianco).
L’emergere di questo habitat musicale è stato senz’altro favorito dal successo televisivo dei Bastard Sons of Dioniso che però nel libro si presentano come coprotagonisti assieme agli altri gruppi. I Bastard sono infatti considerati dagli autori come la punta di un iceberg affiorato, ma che cela un mondo musicale sommerso e che, verrebbe da aggiungere, esisteva ancora prima dei Bastard.
I testi sono frammentari ma accattivanti, dispersivi e autoironici, alcune volte confusi, ma sempre divertenti e a tratti esilaranti: “A noi ci si è addormentato il batterista mentre suonava, durante le prove. Stai suonando, senti che rallenta, ti giri e lui che scivola sempre più giù sulla batteria. Era in acustico, con le spazzole. Il pezzo magari non lo entusiasmava” (Sabung).
La cornice narrativa è assicurata dalla tetralogia “gruppi, musicisti e strumenti”; “scrivere una canzone”; “in viaggio”; “finalmente live”.
Al primo capitolo appartengono le domande sul luogo e le circostanze di nascita del gruppo, su come nasce il nome, sull’oggetto rappresentativo e sugli strumenti utilizzati; nel secondo capitolo vengono formulate le domande relative alla nascita delle canzoni, alle modalità di ricordo delle canzoni, su come si mettono insieme le idee per comporre e alle esperienze nella sala prove; nel terzo si parla delle esperienze on the road, degli “sbattimenti” del gruppo e di come questi ultimi possano a un certo punto compromettere l’esistenza stessa del gruppo. Nel quarto capitolo infine si descrivono i riti scaramantici, le censure subite o minacciate, alcuni aneddoti legati ai concerti, ai concorsi, al feedback del pubblico e all’importanza del sudore durante le esibizioni dal vivo; perché se da una parte “il sudore è la benedizione delle muse... accompagna tante delle cose migliori nella vita: andare in montagna, fare all’amore e lavorare alla terra. Se alla fine del concerto non ce l’hai che tu sia maledetto” (Felix Lalù), dall’altra può dare problemi, perché “quando suono sudo così tanto che il sudore gocciola sugli strumenti e mi cambia la tonalità” (Animavana).
L’indagine smaliziata degli autori, condotta dalla prospettiva degli osservatori partecipanti, può confermare un certo autocompiacimento dei protagonisti del libro, andando nella direzione della ricorrente critica di autoreferenzialità dei gruppi trentini. Tuttavia a un lettore attento questa apparente autoreferenzialità è l’occasione per sviluppare una maggiore intimità con il panorama musicale trentino, delineato per la prima volta in modo così articolato, oltre che, naturalmente, costituire un interessante spaccato sociologico sul fare musica oggi in provincia.
È da questa prospettiva allora che si comprende l’apparente disordine del testo, che in verità è un checksound che possiamo vivere in prima persona grazie alla porta delle sale prove che i musicisti ci hanno spalancato davanti.
Ad esempio non si parla di influenze musicali sui gruppi, né del futuro del mercato musicale, ma frasi come quella dei Blame (“Possiamo fantasticare plausibilmente che un 25 dicembre di qualche anno fa l’angelo dell’Annunciazione è apparso a Calvi e gli ha detto: O rimani incinto o fai un gruppo metal”) denotano più autenticità e disillusione che non tante speculazioni riportate di seconda e terza mano da opinioni ricorrenti in vari blog o fanzine specialistiche.
La chiusura del libro è riservata all’articolo “Il Rock in Trentino”, dove si incrociano le voci dei protagonisti del mondo musicale trentino: da quello dei locali (Alessandro Cocca o, nei nomi collettivi, Sonà Music Club, Centro Sociale Bruno, Boston Pub, Bar Paradiso, Lochness Pub) a quello giornalistico (Fabio Nappi, Stefano Giordano).
È proprio in queste ultime pagine che si mettono in evidenza le capacità dei gruppi trentini di promuovere e (auto)produrre iniziative di successo come ad esempio i Rumori dal Lago in Val di Non, la FagoFest e INDIEtrotutta del Bruno o la Braciolata Zum Zum presso il Campel, ma dove si rimarcano anche la scarsità dei locali e le politiche restrittive sugli orari che creano grandi difficoltà al pieno dispiegarsi di tutte le energie musicali: in questa direzione riportiamo l’indovinello proposto da Johnny Mox: “Bruno, Sonà, Lochness, Paradiso, Soultrain, Boston: trova l’intruso, quattro di questi locali hanno chiuso o stanno per chiudere”.
Il libro sarà presentato in diverse occasioni durante un tour nei locali trentini che più di altri hanno contribuito e sostenuto i gruppi: dal già citato Sonà allo Snooky, dal Centro Sociale Bruno al Wallenda e Goldfinger Pub.
Il progetto grafico ha saputo amalgamare in modo coerente tutto il materiale raccolto: locandine, fotografie dei musicisti, delle loro esibizioni, dei loro oggetti feticcio e grazie anche alla pregevole veste cartonata si rivela un pezzo da collezione, sperando ovviamente in future pubblicazioni di questo genere.