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La sottile e fatale linea del colore

Anche gli italiani sono stati “negri”

La domanda che ci dobbiamo porre oggi è: un "negro" può rubare un pacchetto di biscotti in Italia senza rischiare la vita? Usiamo questo termine, francamente antipatico con quella "g" che sa di Ku Klux Klan, per sottolineare quanto esso, nel nostro Paese, sia ritornato nelle scorse settimane in auge; o forse non è mai stato fuori moda: e allora la subitanea popolarità che sembra avere acquisito indica una sua vita sotterranea, dormiente, nella pancia dei tanti. In attesa che il multiculturalismo dei buoni sentimenti praticato indifferentemente da governi di centro sinistra e centro destra mostrasse la sua vera faccia: quella di leggi assurde e repressive, come la Turco-Napolitano o la Bossi-Fini, che hanno creato clandestinità, lavoro nero, marginalità. E alimentato il pregiudizio.

Ma sull’efficacia e le conseguenze delle leggi per il controllo dei flussi migratori ritorneremo in questa rubrica, che si propone di parlare della guerra quotidiana che l’Italia pare aver dichiarato agli "stranieri" (immigrati, "diversi", ecc.), cercando di mostrare quanto il dibattito pubblico in questo campo non faccia che ripetere consunti (e pericolosi) luoghi comuni, che le scienze sociali hanno da anni affrontato e contestato.

Il sociologo e storico statunitense William Du Bois.

Intanto però Abdul Guibre, diciannovenne italiano originario del Burkina Faso è morto, ucciso a sprangate da due baristi perché aveva rubato dei biscotti. Abba – così lo chiamavano gli amici – è stato ucciso perché ha osato superare la sottile linea nera, quella che separa ciò che alle persone di colore è consentito fare e ciò che non lo è: è consentito loro, riprendendo una famosa frase di Max Frisch, essere braccia, non uomini.

William Du Bois (1868-1963), sociologo e storico statunitense, rivelò l’esistenza nel suo Paese di una gerarchia sociale legata al colore tanto fisica quanto simbolica: gli immigrati, indipendentemente dal colore reale della loro pelle, in quanto inferiori ai bianchi WASP per collocazione sociale, venivano considerati "non bianchi". E a questi bianchi meno bianchi – tra cui c’erano anche gli italiani – si attribuivano caratteristiche considerate dai razzisti tipiche dei neri afroamericani, come la difficoltà nel controllo delle proprie pulsioni sessuali e la tendenza allo stupro. Proprio così: i nostri immigrati italiani, lungo questa linea di colore simbolica stabilita dalla società americana, erano negri.

Spiega lo storico americano Thomas Guglielmo nel suo libro "White on arrivals": "Quando parliamo del governo dei bianchi, gli italiani sono neri come i neri più neri". In virtù di un "gene nero" teorizzato dagli "scienziati" razzisti americani (validamente supportati dai loro colleghi italiani del tempo) i nostri concittadini – in questo condividendo la sorte degli afroamericani – furono spesso oggetto di veri e propri pogrom e linciaggi collettivi. Il 20 luglio del 1899, per futili motivi, la folla inferocita di Tallulah (Louisiana) impiccò tre fratelli siciliani e due loro amici, considerati black dagoes (cioè accoltellatori "negri"). Secondo quanto riportato nel libro di Gian Antonio Stella, L’orda, gli italiani linciati in America furono dal 1880 al 1930 almeno 3943.

Due immigrati italiani in una vignetta del quotidiano americano "Judge" (1904).

Nel 2008 Abba è morto perché ha superato quella sottile linea del colore, che vuole che un "negro" stia al suo posto e che se ruba dei biscotti allora ammazzarlo a sprangate non è lo stesso che prendersela con un bianco. Deve essere stato quello che hanno pensato a Castel Volturno i camorristi che hanno sparato nel mucchio. Du Bois aveva intitolato uno dei suoi testi più importanti "Negri per sempre": una triste profezia per Abba, che nonostante la sua nazionalità italiana è rimasto "solo" un ragazzo di colore, e un ragazzo di colore, si sa, non può essere italiano.

Tutto questo può essere descritto (qualunque cosa ne pensino i giudici) da un altro termine dormiente, che invece non dovrebbe esserlo; un’accusa che un tempo era considerata infamante e che per una specie di "bon ton" che puzza di complicità oggi tutti paiono aver paura di pronunciare: razzismo. La Lega che aspira al governo del Trentino è razzista e non dicendolo il centrosinistra si macchia di una colpa grave. Quella di tradimento nei confronti dei nostri antenati negri.