Da “Manifesta” al Buonconsiglio
Contrassegnata soprattutto dalla biennale europea d'arte contemporanea, quest'anno ospitata in regione, l'estate artistica trentina 2008.
D opo lunghe attese, in regione si stanno per aprire finalmente i cancelli di Manifesta 7. Per chi ancora non lo sapesse, Manifesta è un’importante biennale europea d’arte contemporanea, a carattere nomadico. Ogni edizione, infatti, trova sede in una località sempre diversa, con tutti i problemi organizzativi che tale scelta comporta, ma anche con una freschezza d’idee che si rinnova di edizione in edizione. Se le precedenti sedi - Rottendam, Lussemburgo, Lubiana, Francoforte e San Sebastian (l’edizione 2006, prevista a Nicosia, non si è svolta) - avevano come campo d’azione una singola, importante città, Manifesta 7 coinvolgerà per la prima volta un’intera regione, il Trentino-Alto Adige, nei quattro centri di Trento, Rovereto, Bolzano e Fortezza, ciascuno dei quali affidato a singoli curatori, ad eccezione di Fortezza, ove il progetto ha coinvolto l’intero team organizzativo.
Se da poco tempo è stata resa nota la lista degli artisti partecipanti, poco o nulla si sa sulle opere - soprattutto installazioni e video - che a partire dal 19 luglio (e fino al 2 novembre) si potranno vedere nella varie sedi. Ritorneremo dunque su questi aspetti a settembre; per ora presentiamo le varie location e il concept espositivo scelto per ciascuna di esse dai curatori.
Trento (Palazzo delle Poste, via SS. Trinità 27): The Soul (or, Much Trouble in the Transportation of Souls). Il progetto, curato da Anselm Franke e Hila Peleg, riprende l’annosa questione della dialettica tra anima e psiche, tra spirito e materia.
Rovereto (ex Peterlini, via Savioli, 20; Manifattura Tabacchi, piazza Manifattura 1): Principle of Hope. Alla base del progetto di Adam Budak c’è l’idea di "regionalismo critico" di Kenneth Frampton; un’analisi, dunque, incentrata sull’architettura e lo spazio come elementi di socialità.
Bolzano (ex Alumix, via Volta 11): The rest of now. Il Raqs Media Collective -collettivo con sede a Delhi composto da Jeebesh Bagchi, Monica Narula e Shuddhabrata Sengupta - ha lavorato attorno al concetto-cardine di residuo, ovvero tutto ciò che è scarto di un processo e, al contempo, traccia di un ricordo, di una memoria individuale e/o collettiva. Sibillini gli artisti-curatori, che, interpellati sulle opere che saranno esposte, hanno accennato a "sculture fatte con videocassette rotte, ponti che non portano da nessuna parte, meditazioni in alluminio e a una torre d’acqua che scompare".
Fortezza (Forte Asburgico in Valle d’Isarco): Projected Scenarios. Si tratta di un’idea sviluppata dalla collettività dei curatori. Un progetto sperimentale, basato sul concetto d’immaterialità, che prende forma in un’esperienza visiva e sonora, scandita da giochi di luce e registrazione sonore.
Nell’attesa di vedere -e valutare- quello che i curatori di Manifesta hanno proposto per la settima edizione, occorre comunque constatare che l’attesa dell’evento ha già prodotto benefici effetti sulla vita artistica in provincia. Se da una parte si sono attivate alcune progettualità a lungo termine dedicate all’arte contemporanea (si pensi all’ex Peterlini a Rovereto, destinato a diventare -non sappiamo con quali esiti- una costola avanguardista del Mart), l’impatto sulla vita culturale si è fatto notare soprattutto nel brulicante programma degli eventi collaterali a Manifesta, promossi da singoli, galleristi, associazioni e musei del territorio. Il programma, davvero ricco, annovera una sessantina di eventi artistici più o meno significativi, il cui programma completo è visibile sul sito www.trentinocultura.net.
Al Castello del Buonconsiglio si sono da poco aperte due significative mostre (fino al 2 novembre) che fanno da squisito contraltare al binomio contemporaneista Mart-Manifesta.
"Rembrandt e i capolavori della grafica europea" valorizza parte della collezione Lazzari Turco Menz, donata nel 1924 alla città di Trento. Se il cuore del percorso è incentrato sul celebre pittore e incisore olandese - oltre a numerose stampe in freschissime tirature, sono esposti anche disegni e alcuni dipinti - non mancano delle sezioni dedicate ai principali incisori europei (da Stefano della Bella ad Antonio Tempesta, dal Grechetto a Jacob Jordaens, da Jacques Callot a Rubens) che influenzarono Rembrandt.
"Rinascimento e passione per l’antico. Andrea Riccio e il suo tempo" si concentra invece sulla situazione artistica tra Padova e Venezia a cavallo fra Quattro e Cinquecento, in particolare sulla figura di Andrea Briosco detto il Riccio, scultore forse nato Trento nel 1470, tra i principali protagonisti della scultura rinascimentale, sia in terracotta che in bronzo. La mostra, sulla quale torneremo a settembre in maniera più approfondita, ha però l’ambizione di ricostruire anche l’eclettismo delle arti in quel tempo. Ed è così che nelle sale del castello, ma anche del Museo Diocesano Tridentino, oltre ad opere scultoree si potranno incontrare dipinti, disegni, incisioni e opere d’arte applicata, soprattutto cristalli e oreficerie.