L’innovazione nelle Alpi
Le attuali contraddizioni della vita nelle Alpi e le prospettive per il futuro, in uno stimolante convegno del CIPRA.
Le conseguenze della crisi economica stanno abbattendosi anche sul territorio alpino. I mutamenti climatici in atto, ormai è dimostrato, avranno ricadute molto più significative sui territori di montagna. Con questo scenario non più isolabile in un parziale contesto del pianeta, l’ambientalismo alpino ha affrontato il tema dell’innovazione. Forse qualcuno è rimasto deluso, non trovando l’ambientalismo tradizionale, legato alla conservazione del territorio o della fauna, ma trovandosi invece inserito in una complessa analisi sociale delle crisi oggi presenti anche nelle Alpi. Siamo infatti in presenza di un ambientalismo che sta diventando ovunque proposta politica, spazio di lettura sociale, laboratorio di riflessione sociale e filosofica.
Nel corso del convegno "L’innovazione nelle Alpi" ci si è subito accorti che la lettura localistica della specificità delle Alpi non aiuta la soluzione dei problemi che si stanno profilando per il futuro. Guidate da CIPRA, le associazioni e le istituzioni presenti hanno preso atto della situazione e in una impegnativa convention a L’Argentière-La Bessè, in Francia ed hanno discusso quali risposte offrire alle emergenze che si impongono.
Le Alpi da sempre sono un grande laboratorio di innovazione. Basti pensare all’importanza solidaristica e democratica delle Regole, delle comunità di valle, della diffusione degli usi civici, mentre in Italia ed in Europa dominavano i prìncipi, i potentati ecclesiastici, le servitù feudali. Nelle Alpi si è anticipato l’illuminismo: in tante vallate, sia nel Sud che a Nord, troviamo ancora oggi le tracce di scuole d’arte sorprendenti. Ma dall’Ottocento in poi, con il dispiegarsi della rivoluzione industriale, queste zone sono divenute economicamente marginali, di conseguenza colonialmente sottomesse alla cultura delle città, divenendo territori impoveriti, votati all’emigrazione; in questi ultimi decenni rilanciati attraverso una monocultura economica del turismo, quasi sempre rivelatosi particolarmente aggressivo nei confronti dell’ambiente, dell’uomo e della cultura locale, ormai sradicata.
Oggi misuriamo le conseguenze di tutto ciò. Nelle zone economicamente forti, sostenute per lo più da un turismo invernale solidamente organizzato, si constata una crisi di presenze e si osservano contraddizioni acute: consumo del paesaggio, insostenibilità sociale della vita, assenza di disoccupazione accompagnata però da lavori dequalificati e precari, una forbice crescente fra i redditi degli imprenditori-speculatori e quelli dei lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, impossibilità di offrire prospettiva alle famiglie attraverso la costruzione di una abitazione di proprietà e infine, sempre più evidente, la crisi economica di tante società impiantistiche, che riescono a resistere solo in presenza di cospicui e ormai inaccettabili sostegni economici pubblici.
Nelle zone svantaggiate si vivono invece due situazioni di crisi: la deindustrializzazione dei fondovalle e l’abbandono delle quote medio-alte. In tutti i casi matura un fenomeno, preoccupante: l’invecchiamento progressivo della popolazione. Fra pochi anni, se non si inverte la situazione, le Alpi rischiano di trasformarsi un una diffusa casa di riposo, in una zona di ricreazione e di svago per le popolazioni che scappano dalle grandi pianure. L’identità della vita alpina verrebbe così a scomparire. Ci si deve quindi chiedere come si possa diffondere innovazione nelle Alpi se i giovani spariscono o quando, pur presenti, vengono costretti ad emigrare.
Si è partiti riflettendo su cosa significhi innovare e sul fatto che fino ad oggi troppe innovazioni, non solo in montagna, hanno causato problemi per le generazioni successive. Sicuramente l’innovazione non è un indice certo ed unico utile a determinare la modernità.
Le innovazioni culturali e religiose hanno portato gli abitanti dell’isola di Pasqua all’autodistruzione. E l’umanità di oggi, che vive come raccolta in una grande isola di Pasqua - il pianeta Terra - sta definendo percorsi sempre più irreversibili in tema di sopravvivenza. L’innovazione sembra essere anche un rischio se la si intende semplicemente come invenzione, o mero sinonimo di creatività: queste sono condizioni importanti, ma per costruire innovazione è sempre più necessario misurarsi all’interno di un contesto. Nelle Alpi oggi è fondamentale rinnovare, restaurare metodi di azione sociale e politica, ricomporre i rapporti con e nella società, investire nella qualità dei processi decisionali, nel rispetto delle innumerevoli diversità.
I nuovi germogli dello sviluppo non possono nemmeno venire semplificati in una lettura della tecnologia o in progettazioni fondate sul capitale, sull’accumulo di reddito. Il modello liberista, è stato detto, con questa crisi economica e ambientale globale, è andato in crisi in tutto il mondo; occorre dunque inventare un nuovo modello basato sulla solidarietà sociale e territoriale, un modello che non faccia delle innovazioni d’oggi i problemi di domani. Le semplificazioni tradizionali, è stato detto, possono portarci alla "distruzione creativa delle Alpi".
Sorprendentemente tutto il convegno ha prestato attenzione all’analisi di modi diversi di lavorare nel progettare la vita sulle Alpi e su come incidere con questi nuovi sistemi in un mondo politico, culturale e sociale, indubbiamente molto conservatore.
La proposta è centrata su alcune parole chiave. La prima progettualità riguarda le reti. E’ necessario costruire reti istituzionali, anche perché favorite e incentivate dalla presenza di un Trattato internazionale, dalla Convenzione delle Alpi; vi sono poi altre reti già operative, la rete dei parchi alpini, sia nazionali che locali, la rete dei Comuni. Altre invece vanno progettate e coltivate: una rete dei saperi che sappia fluire dalle città verso le vallate e ridiscendere ricca di concretezza, una rete delle qualità, dei prodotti agricoli, della biodiversità, della mobilità, delle filiere produttive.
Ma c’è specialmente bisogno di reti di democrazia diretta: sempre di più la capacità di ascolto aiuterà l’amministratore a cogliere i bisogni veri di una popolazione e a costruire sul territorio motivazioni, abilità, competenze di alto profilo. La competizione non può essere quella disegnata e definita all’interno del nuovo Piano Urbanistico Provinciale trentino (competizione conflittuale fra territori e comuni), è necessaria una competizione tesa alla costruzione di collaborazioni, a superare le resistenze al cambiamento.
Altre parole chiave dei processi dell’innovazione sono conoscenza, cooperazione, collaborazione, motivazione, formazione, comunità, strumenti giuridici e politici nuovi che sappiano unire questo insieme di punti in un processo basato sempre sulla coerenza sociale.
Innovazione (per alcuni esempi concreti, vedi i precedenti articoli I comuni alpini e l’autonomia energetica su QT n° 5 dell’8 marzo scorso e Muoversi nelle Alpi: due begli esempi sul n° 6 del 21 marzo, ripresi dal "Terzo rapporto sullo Stato delle Alpi" di CIPRA) è un metodo di lavoro che non sarà mai compiutamente definito e non va imposto dall’alto: è l’avvio di una nuova cultura istituzionale che non deve essere tesa alla gestione del potere ma all’ascolto, all’osservazione. L’innovazione necessaria oggi per le Alpi è basata sulla coerenza sociale più che su un disegno di pianificazione urbanistica, una coerenza che deve sempre mantenere al centro l’uomo ed il futuro delle giovani generazioni.
Si è così arrivati a discutere degli spazi nei quali inserire l’innovazione sulle Alpi. Non si poteva che partire dall’innovazione giuridica più importante, unica al mondo - la Convenzione delle Alpi - per approdare alla costruzione e diffusione degli incubatori d’impresa, nell’approfondimento della conoscenza come motore qualificante dei fattori produttivi, nelle strutture internazionali, nel capitale reale sul quale investire, il potenziale dei cittadini per giungere in tempi brevi al grande contenitore appena avviato da CIPRA e del quale parleremo prossimamente: "Space 2007-2013".
Si è trattato di un convegno che nelle conclusioni ha sorpreso perfino gli organizzatori. Non poteva esserci segnale più positivo del momento di salute del movimento ambientalista dell’arco alpino.
Ora sta alla parte più sensibile della popolazione alpina diffondere questa cultura, costruire il clima adatto alla diffusione delle innovazioni, costruire la responsabilità verso un futuro basato sulla qualità e sull’efficienza.