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QT n. 9, 3 maggio 2008 Monitor

Donizetti: chi era costui?

Un Don Pasquale low cost: spettacolo piacevole e più che dignitoso, ma il pubblico latita.

I gusti non si discutono, è indiscutibile. Metti una sera, a teatro, Donizetti, e Trento non riempie né la platea né i palchi, malgrado l’accessibilità dei prezzi d’ingresso (15-20 euro). Avrà giocato a sfavore il fatto che si trattasse di una riduzione dell’opera, senza le parti corali? Eppure la regia era garantita da una beniamina locale, Cristina Pietrantonio, con le scene di Chiara Defant, della quale abbiamo ancora una volta apprezzato la sobria efficacia visiva, coadiuvata dalla felice punteggiatura luminosa di Mariano de Tassis.

Gaetano Donizetti

Sarà stato perché Donizetti è meno amato di Verdi e di Rossini? Cos’ha il Don Pasquale da invidiare ad altre opere buffe? Musicalmente parlando è uno scrigno zeppo di melodie orecchiabili e intriganti, uno spettacolo pirotecnico con i cui materiali sonori Donizetti avrebbe potuto, giocando al risparmio, imbastire tre-quattro opere invece di una sola. Il soggetto, d’accordo, oggi come oggi risulta un po’ greve: la burla ai danni di un vecchio che vuole sposare una bella e presumibilmente illibata giovane.

Ma veniamo allo spettacolo, iniziato con 20’ di ritardo per problemi tecnici. L’Orchestra 1813 ce la mette tutta, nell’ouverture, per apparire più numerosa degli effettivi 19 elementi di cui è composta. L’esecuzione fila liscia, meritando applausi. Il palco a due piani, con un fondale scuro attraversato da tre larghe fasce di tessuto a mo’ di tappezzeria, è appena occupato da uno scrittoio in primo piano e da una poltrona sullo sfondo: un minimalismo che affida ai cantanti (4 in tutto), agli attori (3) e all’orchestra la responsabilità di dar vita e volume all’azione scenica.

Il risultato è uno spettacolo piacevole e più che dignitoso – tenuto conto della rarefazione del cast – che il pubblico cerca di sostenere con applausi a scena aperta, al termine delle arie più famose. La Pietrantonio non rinuncia a dare un tocco di erotismo alla scena in cui Norina vanta le proprie arti persuasive nei confronti degli uomini: un nudo quasi integrale che distrae più di uno spettatore dalla musica e dall’arguto testo dell’aria. L’unica obiezione che ci sentiamo di fare riguardo a questa scelta concerne il rapporto tra l’immagine iniziale di Norina, da vamp, e quella finale, un po’ leziosa nell’interpretazione della peraltro brava Arianna Ballotta, tutto sommato sotto tono e molto meno graffiante rispetto all’inizio.

Sempre e comunque va lodata l’iniziativa dell’As.Li.Co., che produce opere liriche a basso costo, con il meritorio intento di invitare a teatro il pubblico, senza richiedere esorbitanti spese per i biglietti. Ma il tam-tam commercial-culturale, non batte più, ormai, per Donizetti, e gli spettatori pagano volentieri cifre maggiori per assistere ad altri spettacoli, con effetti speciali… L’occhio, al giorno d’oggi, prevale nettamente sull’orecchio.

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