Juno
Di Jason Reitman un film su un'adolescente incinta e la difficile scelta sul che fare: una storia (fin troppo) ben tratteggiata, un film delicato, sincero, che combina humour e profondità.
I titoli di testa sono un giocoso lavoro di fumetto e grafica e scorrono sopra una musichetta similcountry, proprio come succede nel precedente film di Jason Reitman, "Thank you for smoking", del 2006. "Juno" ci conferma che Reitman è un autore che ha un suo stile ed è un bravissimo valorizzatore di storie. Sa girare bene, essere accattivante al punto giusto, combinare i colori, gestire i tempi del racconto e dirigere ottimamente gli attori. Insomma, Jason Reitman, classe 1977, è un regista da seguire. In "Thank you for smoking" aveva scritto lui in prima persona la sceneggiatura traendola da un libro di Christopher Buckley sull’industria del tabacco. In "Juno" si affida invece alla sceneggiatrice Diablo Cody, che con questo script ha vinto un Oscar. Cody stende una trama ricca, non scontata, coinvolgente, e dei dialoghi assolutamente brillanti.
Regia e sceneggiatura, se si vuol trovare un difetto, sembrerebbero persino eccedere, all’inizio, in carineria: tutto si combina troppo bene: i personaggi troppo ben disegnati, le musiche esageratamente leggere con onnipresenti schitarratine acustiche, i dialoghi eccessivamente ammiccanti. Ma poi il film va avanti, e si sente emergere dal fondo dalla narrazione, via via, un nucleo di sincerità che dimostra che quella che ci viene raccontata è una storia sentita. Non è una faccenda che regista e sceneggiatrice prendono sottogamba e imbellettano: nel modo con cui guardano la protagonista, Juno, si legge onestà e partecipazione.
La pellicola parla di un’adolescente che rimane incinta al suo primo rapporto e decide di non abortire ma di affidare il bambino a una giovane coppia borghese in cerca di un figlio da adottare. Juno non fornisce spiegazioni alla sua scelta. Si reca in una clinica per interrompere la gravidanza e poi, una volta lì, cambia idea, gira i tacchi. Dentro la clinica, il film ci mostra che Juno sente ingigantito ogni piccolo rumore prodotto dagli altri che aspettano – sfregamenti di unghie, grattate... Di ritorno a casa, dice alla sua amica che la sala d’attesa era piena di "orrende vecchie riviste stra-usate". La giustificazione del ripensamento è tutta qui, in un paio di sensazioni. Viene dall’istinto, non dalla ponderazione. Niente anti-abortismo programmatico, quindi: la scelta di Juno rimane fresca, spontanea, semplice, adolescenziale.
Oltre alla storia di Juno, il film riesce a fermare la sua e la nostra attenzione anche su una sotto-trama importante, che viene ad emergere in modo intelligente dal tronco del racconto: è la vicenda della famiglia adottiva cui Juno decide di affidare il proprio bambino. Pur rimanendo in secondo piano, questa parte della storia viene descritta da Cody e Reitman con una profondità di tratto che riesce a far risaltare, con poche linee in chiaroscuro, un’immagine nient’affatto superficiale delle psicologie dei due futuri genitori. Lei è una donna in tailleur innamorata dell’idea di diventare madre; lui un compositore di musica per la pubblicità, un Peter Pan, un trentacinquenne convinto di dover dimostrare ancora qualcosa a se stesso. L’uomo instaura un buon rapporto con Juno, si scambiano dischi, guardano insieme film. Secondo lui, l’anno migliore della storia del rock è il 1993. Per Juno è il 1977. Questa inversione di date (alla ragazzina piace la musica di trent’anni fa) è indicativa di uno strano ribaltamento nei rapporti tra generazioni: la ragazzina fa figli e se ne assume, pur con leggerezza, la responsabilità. Quell’innocenza è anch’essa un modo per essere coscienziosa. Per una volta, è l’adolescente a dire all’adulto "la musica che ascolti è rumore". Lo sguardo di Cody e Reitman sa allargarsi anche alla generazione dei trenta-quarantenni. Ad altri tipi di pasticci combinati da adulti.
Il resto del film è humour e profondità e dialoghi come questi che, in chiusura, citiamo: Juno incontra il ragazzino che l’ha messa incinta – fa atletica con la squadra del liceo, ha addosso la divisa dei Dancing Condors. "I tuoi calzoncini sono particolarmente dorati, oggi". Lui le risponde "Mia mamma usa la candeggina per i colorati". Altro dialogo: un adulto a Juno: "I tuoi si staranno chiedendo dove sei". "No. Insomma, sono già incinta, quali sfracelli peggiori potrei combinare?". Quando torna a casa trova invece la matrigna preoccupata. A lei, Juno dedica una battuta che riassume gran parte del senso del film. La donna chiede: "Dove sei stata?". E l’adolescente replica: "Fuori, a occuparmi di cose ben oltre il mio livello di maturità".