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La città, le scelte di fondo, le autocelebrazioni

Un film su Trento, la sua bellezza e le sue scelte urbanistiche: grande fotografia e imbarazzanti silenzi.

Si intitola "2020, Viaggio nella città in trasformazione", il filmato sulla Trento del futuro prossimo. Presentato al Teatro Sociale, ha riscosso un buon successo, prontamente smorzato dal successivo dibattito. Il fatto non è stato casuale.

Una sequenza di “2020, Viaggio nella città in trasformazione”: l’intervista all’architetto Mario Botta.

Il film infatti – un alternarsi di immagini della città e di interviste agli architetti che vi stanno operando – ha pregi e difetti emblematici della Trento odierna. E la serata, organizzata dalla Filmwork, la casa produttrice, li ha evidenziati.

Iniziamo dai pregi: innanzitutto la fotografia, semplicemente entusiasmante nel rendere la bellezza della città, e nel correlarla con l’argomento centrale, Trento città dell’università e della ricerca. Il direttore della fotografia, Lorenzo Pevarello, già si era espresso in lavori a cavallo tra storia e attualità, sempre magistralmente intrecciando il tema città/cultura.

La cosa non va ridotta al solo ambito estetico: la bellezza, la vivibilità di un luogo sono uno degli ingredienti fondamentali per farne un centro di attrazione per ricercatori e studiosi, oltre che per turisti.

Ne sortiva, spontaneo, un implicito elogio alle scelte strategiche a suo tempo compiute e via via riconfermate: una piccola città che cerca di svilupparsi investendo nel sapere e nella valorizzazione del proprio patrimonio storico-artistico.

Su questo si soffermavano i ragionamenti degli architetti intervistati (Secchi, Piano, Botta, Busquets); con qualche fumosità e qualche difetto di regia (che non si prendeva cura di sovrapporre alle parole le immagini delle parti urbane di cui si parlava, lasciando invece lo schermo ai faccioni degli intervistati). Comunque il messaggio scorreva fluido, chiaro e convincente.

Poi però... mancava tutto il resto. Si parlava del progetto dell’interramento della ferrovia, si illustrava il nuovo quartiere di Renzo Piano; ma la città restava fuori. Trento veniva ridotta al centro storico e all’Università: si ignoravano i quartieri, Trento nord, dove la gente abita, lavora, vive. E anche l’intervista a Gabriele Basilico, il grande fotografo delle periferie e del paesaggio degradato, si guardava bene dal correlarne il lavoro al contesto trentino.

A questo punto il filmato (regista Francesco Lauber) non poteva non apparire un’operazione celebrativa: una valorizzazione delle scelte (giuste) di una serie di amministratori; ma un assordante silenzio su quelle discutibili.

Il sindaco di Trento Alberto Pacher.

Nel dibattito il presidente dell’Ordine degli Architetti si esibiva peraltro in una battuta di pessimo gusto, che ben illustrava il clima "culturale" imboccato dalla serata: "Sulla variante al Prg ci sono solo state discussioni di basso livello..." Dove l’alto livello è il chiacchiericcio sulle filosofie, mentre il basso livello è il tentativo di arginare le pratiche che stravolgono i buoni propositi. E allora non possiamo non rimarcare come un predecessore dell’arch. Agostini, nel film, parla appunto di filosofia della città, cosa di per sé non ignobile, solo che poi nella pratica presenta progetti senza quote (!) per poter surrettiziamente portare un edificio da 10 a 14 metri di altezza (vedi Il progetto approvato (e impresentabile) e il progetto apparso dal nulla (e operativo)); e l’Ordine tace (come l’assessore all’Urbanistica, che tre mesi fa ci aveva promesso una "accurata indagine" di cui non si vede ancora traccia, vedi Ancora sul marcio in Comune).

A rompere quest’atmosfera salottiera, ci pensava la responsabile cittadina dei DS (Sara Bertuzzi, architetto anche lei), che rilevava come l’urbanistica di una città voglia dire l’organizzazione della vita della gente, che difatti a Trento nord non è che si trovi proprio bene, causa di una serie di scelte scellerate tutte a favore della (mai nominata, non sta bene, è "basso livello"!) speculazione. E qui succedeva un fatto comico, che la dice lunga.

Interpellato di persona, il sindaco Pacher, che già aveva messo il cervello al minimo, si risvegliava di botto, uscendo, a microfono aperto, in una rivelatrice imprecazione: "Lo sapevo che era contro di me che andava a parare...".

Poi subito si riprendeva, e tornava, con voce flautata, a illustrare "visioni". Ma il fuori onda aveva già prodotto il suo effetto.