San Nicola fra Oriente e Occidente
Splendori d’arte testimoniano la potenza evocativa del santo.
E prego anch’io nel tuo porto quiete: queste parole di Ungaretti sembrano adatte ad introdurre la bellissima mostra barese al Castello Svevo dedicato al mito di San Nicola tra le genti. Recentemente Prodi ha incontrato Putin a Bari, scalo portuale lungo le rotte di navigazione del Mediterraneo e i cammini di pellegrinaggio nei secoli, ma soprattutto città che conserva il corpo di un santo tra i più illustri della cristianità d’Occidente e d’Oriente, da Uspenskij definito senza mezzi termini “il Dio russo”. Al di là delle ambiguità agiografiche fin quasi alla soppressione della sua festa in tempi recenti, si sa che la figura di S. Nicola , vescovo di Myra (attuale Demre in Turchia) fu capace di suscitare la devozione di milioni di fedeli di differenti tradizioni e contesti culturali, dal Monastero del Monte Sinai a Roma, Mosca fino all’icona del Babbo Natale consumista e beffardo dipinto da Andy Warhol. Fino al 6 maggio autentici capolavori d’arte saranno lì a raccontare l’evoluzione e l’adattabilità delle storie del santo nell’iconografia tradizionale, a partire dalle strepitose icone del Monastero di Santa Caterina (Monte Sinai) in cui Nicola è presentato eccezionalmente, lui laico, con i paramenti vescovili al completo, il pallio bianco con le croci sul petto e il Vangelo ricco di decorazioni nella mano sinistra, il Cristo pantocrator in alto e i Santi ai lati, o con le scene che narrano i fatti salienti della sua vita e i relativi miracoli (non a tutti i bimbi è dato stare in piedi senza aiuto da subito). Nicola inoltre è il primo santo con il privilegio della formula compositiva della ”icona agiografica” con l’effigie al centro circondata dai cicli narrativi a lui dedicati.
Ed i miracoli più noti ci sono già tutti nel XII secolo: Nicola che libera dai diavoli una nave, salva tre generali accusati ingiustamente ed altri tre diaconi, poi diventati fanciulli, uccisi da un incredibile oste e dalla sua donna che mettono in salamoia i relativi corpi per offrirli agli avventori e resuscitati dal santo (episcopus puerorum nelle scuole francesi, inglesi, tedesche). E sempre nel numero tre, questa volta ragazze, che lo invocano e ricevono in dote tre sacchi d’oro contro l’intenzione del padre di prostituirle. Infine il Nicola “porto privo di tempeste”, “mare infinito di miracoli” che salva una nave dallo sfracello.
Un santo protettore dei naviganti (dovette muoversi addirittura il califfo Harun al-Rashid nell’807 per mettere fine al culto di Nicola ed al relativo suo potere sul mare), dei bambini e delle donne da maritare. Ancora oggi queste ultime alle cinque del mattino del 6 dicembre s’incontrano nella cripta della basilica barese e compiono uno strano giro propiziatorio intorno ad una colonna senza scomodare Freud. Myra, Bari e Venezia, tre luoghi marinari si contenderanno un corpo miracoloso: nel 1087 fu la volta dei baresi a trafugarne le spoglie, più tardi i veneziani che trasferirono le reliquie ritenute tali nell’abbazia di San Nicolò al Lido.
Il viaggio dall’Asia Minore alla Russia tocca vertici assoluti nelle testimonianze delle icone dl Museo Tret’jakov di Mosca dove il Santo è identificato addirittura con Cristo.
In ambito occidentale sui cammini di pellegrinaggio a Güell, in un fantastico paliotto d’altare, i colori rossi del fondo (e per “fondo” Julio Cortazar intende un paesaggio interiore), il cielo stellato, le architetture di un ciborio romanico-gotico e di interni domestici, la scena dal vivo del carnicero che riempie la botte colma di salamoia, gli occhi stupefatti del santo, tutto sembra riportarci ad un mondo di sogno, come dal sogno sembra sgorgare l’altra straordinaria scena del miracolo dei marinai salvati da una tempesta dipinta da Lorenzo Monaco. Castelli turriti dai colori pastello, una cattedrale a croce latina e torri d’avvistamento, rappresentano i muti testimoni del miracolo su quei riccioli di onde di metafisica assoluta creazione. E poi giù per il Beato Angelico, il S. Nicola in gloria dei Carmini dipinto da Lorenzo Lotto, in contrasto con il cielo in tempesta su una città portuale vista a volo d’uccello e l’iconografia dedicata all’infanzia, passando per maschere atesine, l’illustrazione americana di inizio secolo, fino all’occhialuto Babbo Natale di Warhol, a raccontarci una fama lievitante di santo universale e transconfessionale, in un contesto (Bari vecchia normanna) eccezionale.