Una tragica farsa
La condanna di Saddam emessa al termine di un processo senza diritto. Quando esiste un Tribunale Internazionale: non a caso rifiutato dagli Usa.
Non so se lo impiccheranno, comunque lo hanno condannato a morte. L’esito del processo era ovviamente scontato. Un processo così privo di thrilling come quello a Saddam Hussein è difficile immaginarlo. La giuria è stata più volte rimaneggiata. Alcuni suoi difensori sono morti ammazzati e volta a volta sostituiti a prescindere dal suo gradimento. Non è stato solo un processo dei vincitori contro il vinto. Ogni confronto con il processo di Norimberga impallidisce. D’altra parte era stato un tiranno feroce. Mussolini fu ucciso ed appeso a piazzale Loreto addirittura senza processo. Saddam aveva fatto stragi di curdi e sciiti, e non aveva risparmiato nemmeno suoi prossimi congiunti non allineati alla sua bramosia di potere. Il processo è stato solo una tragica farsa, un rito totalmente privo di ogni contraddittorio, di ogni anche embrionale presenza di quei meccanismi che caratterizzano il processo penale secondo la nostra concezione garantista. Del resto, come ci è stato detto, non meritava di essere trattato come una persona umana, bestia come era stato negli anni del suo dominio.
Non ha importanza il fatto che in quegli stessi anni, negli anni in cui compiva i suoi efferati genocidi, fosse un pupillo dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti. Era un laico. Il Baath, il suo partito, era apprezzato perché si chiamava socialista ed era diverso dalle altre formazioni politiche del mondo arabo. Con lui i grandi santoni islamici non avevano fortuna. Per ben otto anni ha combattuto una guerra sanguinosa contro l’Iran ed aveva il nostro plauso, anche se la sua tribù sunnita, minoritaria nel paese, controllava il potere dello stato e dell’economia con i metodi feroci che oggi tutti deploriamo e per i quali è stato condannato a morte.
Ma quelle stragi di allora erano già allora conosciute, non solo da chi per vendicarle lo ha condannato, ma anche dalla potenza che militarmente oggi occupa l’Iraq ed ha patrocinato il processo ed approvata la sentenza. Comunque così è stato deciso, e così sia. Salvo che le rimostranze che tutta l’Europa, persino Blair, hanno manifestato contro la pena di morte non valgano a convertire l’impiccagione in ergastolo.
Ma la legge non è uguale per tutti? Ed allora quelle stragi di innocenti provocate dalla guerra preventiva all’Iraq non sono anch’esse crimini contro l’umanità? Quanti sono i civili, donne, bambini e vecchi, persone inermi, addirittura vittime della tirannia di Saddam, che sono morti sotto il fuoco anglosassone? Cinquantamila, come riconosce lo stesso Bush, o cinquecentomila come stimano fonti più attendibili? Ed i tremila soldati americani periti, oltre le alcune centinaia di caduti fra inglesi e di altri reparti degli stati “volonterosi” che hanno partecipato al massacro, ivi compresi i nostri di Nassirya, in conto di chi li mettiamo? E non è finita. Ogni giorno i notiziari ci informano di altri lutti, di altre decine di morti provocati da una guerra civile che l’occupazione militare non riesce a sedare e che al contrario continua a fomentare.
Ci avevano detto che Saddam possedeva armi di distruzione di massa e non era vero. Ci avevano detto che Saddam era complice di Bin Laden e non era vero. Ci avevano detto che era implicato nell’attentato dell’11 settembre 2001 e non era vero. Era tutto falso, e Bush ed i suoi consiglieri sapevano che era falso. Ora è diffusa l’opinione che questa guerra sia stata un errore, e che la sua conduzione sia stata compromessa da altri errori. I comandi militari degli Stati Uniti chiedono le dimissioni del ministro della Difesa, i democratici criticano il presidente repubblicano per gli errori commessi in Irak, il premier inglese Blair sta studiando il modo per uscire dal pantano irakeno. La mostruosa realtà che abbiamo innanzi ora si impone al punto che non può essere ignorata nemmeno da coloro che l’hanno generata. Però viene dipinta con tinte sfumate, velando le responsabilità di chi ha preso le decisioni fatali, presentandole come soltanto mal calcolate, anche se mosse da oneste intenzioni: insomma, come effetto di incolpevoli involontari errori.
Ed invece sono veri e propri “orrori”, che non cessano di essere tali solo perché compiuti da uno stato democratico, cioè da un potere legittimato dal consenso popolare. Questo consenso semmai rende il caso ancora più allarmante, perché rivela una perdita generalizzata di sensibilità etica, o, più probabilmente, la facilità con cui il potere oggi riesce a catturare le coscienze. Ma anche poteri democratici possono commettere crimini contro l’umanità.
E’ per questo che è stato istituito un Tribunale internazionale competente a giudicarli. E’ per questo che gli Stati Uniti d’America non hanno accettato la giurisdizione di tale Tribunale.