Corridoio del Brennero: le ragioni del Sì
Prima parte di un servizio riguardante un dibattito squilibrato.
“Fino a quando i progetti rimarranno secretati, non può che diffondersi sospetto e pregiudizio. Perché non cominciare, in tempi strettissimi, ad aprire lo scrigno Brennero con una grande conferenza regionale, dove si discuta pubblicamente certo di finanziamenti, ma anche di ipotesi alternative?”.
La domanda fu posta sulle pagine di Questotrentino lo scorso dicembre da Luigi Casanova, che invitava l’amministrazione provinciale a stimolare il dibattito con la cittadinanza in merito al progetto di realizzazione del cosiddetto Corridoio del Brennero. Quattro mesi dopo, il 28 aprile, la Provincia organizzava un importante convegno sul tema, che fu aperto dal presidente Dellai in persona. “Abbiamo organizzato questo convegno – disse – perché l’amministrazione non vuole dare la sensazione di decidere sopra la testa della gente: non vogliamo fare l’errore commesso altrove. Vogliamo dare piena cittadinanza alle perplessità”.
In contrasto con queste parole, però, apparve quello che lo stesso Dellai aggiunse subito dopo: “D’altra parte, non bisogna dimenticare che il dibattito non parte da zero e non potrà non tenere conto di decisioni già prese a livello nazionale ed europeo”. Decisioni, va detto per inciso, che hanno tutte come orizzonte il Brennero traforato. Questa non è certo la premessa migliore per avviare un dibattito aperto con la cittadinanza, nel quale si possa discutere di tutte le ipotesi, anche di quelle alternative, come chiesto da Casanova. E infatti, quel 28 aprile, di ipotesi alternative al tunnel non se ne sentì parlare nemmeno per sbaglio.
Ci si aspettava che le cose andassero diversamente al convegno nazionale del 20 ottobre, organizzato a Trento dalla sezione trentina di Legambiente. Questa volta l’iniziativa non era di un’amministrazione che finge di voler discutere ma in realtà ha già deciso, bensì di un’associazione ambientalista che, in quanto tale, ha il dovere di vagliare molto criticamente un progetto che avrà un grosso impatto sui territori in cui si vuole realizzarlo.
“Allargare il confronto, aumentare l’informazione e discutere gli obiettivi complessivi del progetto”: questi sono i propositi, enunciati dal suo direttore generale Francesco Ferrante, coi quali Legambiente ha organizzato il convegno. A differenza del 28 aprile, quando l’unica posizione emersa fu quella del sì incondizionato e acritico all’opera, il 20 ottobre quest’ultima posizione si è dovuta confrontare con quella più prudente del “sì, ma…”. In ogni caso, nemmeno il 20 ottobre è stata detta una parola, da parte di nessun relatore, sulle ipotesi alternative.
I più potrebbero quindi pensare che, se il dissenso al tunnel non emerge nemmeno quando il dibattito è moderato dagli ambientalisti, allora il consenso all’opera deve essere davvero unanime presso l’opinione pubblica. “Torno a Roma – ha concluso il convegno Ferrante (che è anche senatore, membro della Commissione Ambiente) – con la convinzione che il Brennero sia molto lontano dalla Valsusa: qui il tunnel può diventare realmente un progetto condiviso”.
Non vorremmo deludere il direttore generale di Legambiente, ma in Trentino-Alto Adige l’opposizione al tunnel non è assente, e il dibattito pubblico non potrà continuare ad ignorarne le ragioni ancora a lungo.
Non c’è nulla di male in iniziative che mirano a far conoscere al pubblico la propria posizione su una questione di interesse generale, come è accaduto sia il 28 aprile, allorché la cittadinanza ha potuto conoscere l’assenso deciso della Provincia al tunnel, sia il 20 ottobre, quando s’è potuto sapere dell’assenso critico di Legambiente. Il problema nasce quando iniziative di questo genere vengono caricate di significati che vanno ben al di là di tale proposito, e sono presentate al pubblico affermando che con esse si vuole “dare cittadinanza alle posizioni avverse” e “allargare il dibattito”. In altre parole, quando si dice che si vuole “fare informazione” sulla questione dibattuta. Lasciando intendere questo, iniziative come quelle del 28 aprile e del 20 ottobre rischiano di risultare mistificanti, poiché il “fare informazione” (e non propaganda) su qualunque tematica di interesse generale ammette certo che si possa (anzi, si debba) palesare la propria posizione, ma non può prescindere dal confronto fra essa e le altre, anche quelle più lontane e diverse dalla propria. Così non è stato, né il 28 aprile, né il 20 ottobre.
Nel seguito di questo articolo, cercherò di porre rimedio, per quanto mi è modestamente possibile. Anche perché il tempo stringe, e rischia di rimanerne davvero poco per un dibattito davvero “aperto”: il primo colpo di piccone, nel silenzio più o meno generale, è infatti già stato dato. Il 30 giugno è stato aperto il primo cantiere per la predisposizione delle aree in vista della costruzione del cunicolo pilota, propedeutico alla costruzione del tunnel vero e proprio (vedi box a pag. 19). Ricostruire il dibattito in maniera completa è dunque quanto mai urgente. Nel provarci, per correttezza verso chi legge, non nasconderò certo, in nome di un’obiettività che non può mai esistere, il mio personale dissenso all’opera. Questo, tuttavia, non mi impedirà di mettere a confronto le ragioni di tutte e tre le posizioni in campo, che così riassumo: “sì”, “sì, ma…” e “no”. Per far conoscere le ragioni delle prime due posizioni, ho potuto rifarmi alle relazioni ascoltate ai due convegni citati. Nel caso della terza, mi son dovuto documentare altrove, visto che da tali convegni le ragioni del no sono rimaste fuori.
Perché dire sì al tunnel del Brennero? La risposta di chi acconsente è immediata: per spostare dalla strada alla rotaia il crescente traffico delle merci che attraversano il Brennero. E’ la risposta che forniscono sia i sostenitori del sì deciso sia quelli del sì critico. Entrambi danno poi anche altre due risposte, ponendosi su un piano più generale. Il tunnel serve per non perdere il treno del progresso globalizzato da un lato, per salvaguardare l’ambiente dall’altro.
A ben vedere, entrambe queste risposte sono riconducibili alla risposta fondamentale di cui s’è detto: col tunnel si levano le merci dalla strada. E’ così, infatti, che si riescono a cogliere i due piccioni con la proverbiale unica fava: consentire alla crescita di proseguire il suo percorso senza però continuare a danneggiare l’ambiente con l’inquinante traffico su gomma. Vediamole più nel dettaglio, dunque, le ragioni di questa risposta, addentrandoci tra le cifre chiamate a suffragare tali ragioni.
Bisogna partire dalla strada. Per la precisione, dall’autostrada A22, su cui transita il 76% delle merci che attraversano il Brennero (dato 2004). L’ing. Raffaele Mauro, docente all’Università di Trento, ha preso parte sia al convegno del 28 aprile sia a quello del 20 ottobre. In entrambi i casi, ha fornito dati significativi sul traffico sull’Autobrennero. Ce ne serviamo per inquadrare la situazione attuale e quella prevista nel medio-lungo periodo.
Dei mezzi che oggi transitano sull’A22 tra Affi e il Brennero, una percentuale compresa tra il 27 e il 33% (la variazione dipende dai tronchi considerati) è costituita da mezzi definiti “pesanti”, coi quali avviene appunto il trasporto delle merci. Il traffico dei mezzi pesanti sull’Autobrennero è aumentato del 93,5% tra il 1990 e il 2005. Gli scenari previsti per il prossimo futuro sono tutti caratterizzati da un aumento del traffico merci sull’A22. Gli studi che stimano i maggiori tassi di crescita prevedono il passaggio dagli attuali 17,5 milioni di veicoli pesanti a 24. L’Autobrennero rischia dunque un preoccupante congestionamento.
E’ a questo punto che lo sguardo passa dalla strada alla rotaia. Oggi tutti si sono accorti dello sbilanciamento a favore della gomma del trasporto merci sul Brennero, sbilanciamento che esiste da anni: nel 2004 solo il 24% delle merci ha passato il Brennero su rotaia. La congestione dell’A22 può essere evitata solo intervenendo su questo sbilanciamento, per riequilibrarlo. Il tunnel del Brennero, ci dicono i suoi sostenitori, lo permetterà, aumentando di molto la capacità della linea ferroviaria.
A questo proposito, tornano utili i dati forniti dall’ing. Antonio Ciaravolo della Rete Ferroviaria Italiana (società delle Ferrovie dello Stato), anch’egli relatore sia il 28 aprile che il 20 ottobre. Sulla linea ferroviaria transitano oggi dai 120 ai 130 treni al giorno, a fronte di una capacità di 180 treni. Coi lavori di potenziamento della linea esistente si può arrivare a una capacità di 244 treni al giorno. Col tunnel e tutte le tratte d’accesso completate, la capacità della linea nuova arriverà fino a 400 treni, e soddisferà pienamente la domanda che a quel punto si prevede di dover soddisfare.
L’ing. Mauro ha indicato qual è l’andamento della domanda previsto. Tra il 2015 e il 2020, a traforo completato, si stima che, adottate le opportune politiche favorevoli alla ferrovia, la percentuale delle merci trasportate su rotaia salirà al 43%: 29 milioni di tonnellate contro i 39 che saranno trasportati su strada.
Poi si prevede che, con il completamento definitivo delle tratte di accesso e il mantenimento delle politiche di trasporto adeguate, la possibilità di trasportare fino a 60 milioni di tonnellate l’anno su rotaia favorirà l’agognato sorpasso: la BBT SE, società costruttrice del tunnel, prevede che il trasporto su ferro supererà quello su gomma attorno al 2025.
I sostenitori del sì incondizionato a questo punto si fermano, poiché sembra loro evidente da questi dati la necessità di ricorrere all’opera senza aggiungere altro. I sostenitori del “sì, ma…”, invece, continuano a riflettere, mettendo i puntini sulle “i” e sollevando più di un dubbio. Cercherò di riassumere le condizioni cui è subordinato il consenso di chi assume questa posizione, così come sono emerse al convegno organizzato da Legambiente.
La prima perplessità riguarda la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) dell’opera. I principali problemi da valutare sono due: le falde acquifere presenti lungo la tratta del tunnel, che rischiano di essere prosciugate o contaminate nel corso dei lavori, e i materiali estratti dal sottosuolo durante le imponenti escavazioni, dei quali non è ancora chiara la destinazione. Ma il problema più grosso non riguarda tanto i contenuti della valutazione, quanto la sua forma, che come è oggi appare inadeguata. La condizione posta è, in primo luogo, che la V.I.A. non avvenga a stralci, pezzo per pezzo, man mano che si avanza, ma che riguardi l’opera nel suo complesso. In secondo luogo, si chiede che, per avere una valutazione davvero partecipata, ad essa possano prendere parte attiva non solo le Regioni e le Province Autonome, ma anche i Comuni. Più in generale, non solo per la V.I.A., ma per ogni decisione, si chiede il superamento del modello “Valsusa” e il pieno coinvolgimento di tutte le comunità locali interessate dal progetto.
La seconda perplessità riguarda la procedura di costruzione dell’opera, la quale, lo ricordiamo, si compone non del solo tunnel di base, ma anche delle tratte di accesso, che sul versante italiano sono quattro. Come già detto sopra, i lavori per la preparazione della costruzione del cunicolo pilota, propedeutico al tunnel, sono già iniziati; del tunnel, poi, sono già previsti sia l’inizio dei lavori (nel 2008-2009) che la fine (nel 2015-2016).
Molto diversa è la situazione delle quattro tratte d’accesso, commissionate alla R.F.I.: per la tratta di Trento non è stato ancora presentato il progetto preliminare, e per nessuna è stato ancora deliberato il finanziamento, né previsto il momento in cui inizieranno i lavori. Viene dunque messo in evidenza il rischio che, dando priorità al tunnel senza il contemporaneo avanzamento dei lavori di costruzione delle tratte di accesso, si arrivi ad erigere la classica “cattedrale nel deserto” completamente inutile. La condizione posta è quindi quella che il progetto avanzi in maniera unitaria, e non a brandelli.
Ma la perplessità maggiore che avanzano i sostenitori critici del Corridoio del Brennero riguarda la correlazione tra l’opera e le politiche che dovranno orientarne l’uso. Si teme, in sostanza, che, una volta potenziata la capacità della linea ferroviaria, quest’ultima resti sotto-utilizzata come accade oggi con la linea esistente. Lo spostamento delle merci dalla strada alla rotaia non può essere automatico, è l’osservazione fatta. Occorre una politica dei trasporti che disincentivi il trasporto su gomma e incentivi quello su rotaia. A tale proposito, il Presidente della sezione italiana della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, Damiano Di Simine, al convegno del 20 ottobre ha ricordato che l’Italia è l’unico Paese alpino dell’Unione Europea a non aver ancora ratificato il Protocollo Trasporti, il quale impone l’astensione dalla costruzione di nuove strade per il trasporto transalpino e introduce la tassazione del trasporto stradale per finanziare gli investimenti ferroviari. La cosa è molto significativa, e collima con l’attuale totale assenza di un piano relativo alla politica dei trasporti post-tunnel.
Al convegno di Legambiente, Hans Niederkofler della Piattaforma Pro Pusteria ha posto delle condizioni assai severe: il sì al tunnel può arrivare solo se si prevede l’obbligo di trasferire i tre quarti del traffico merci del Brennero su rotaia e di bloccare quello su strada ad una soglia molto bassa, ovvero la metà del volume attuale.
Se si verificassero le condizioni suddette, la posizione del “sì, ma…” si allineerebbe a quella del “sì”. Se la realtà del dibattito fosse quella emersa ai convegni del 28 aprile e del 20 ottobre, si sarebbe autorizzati a pensare che a quel punto non ci sarebbe più nessuno che troverebbe ancora delle ragioni per opporsi al tunnel.
Ma le cose non stanno così, essendoci anche chi si oppone all’opera senza riuscire a trovare alcuna condizione che, se soddisfatta, potrebbe mutare il dissenso in assenso.
Nella seconda parte di questo articolo, che sarà pubblicata sul prossimo numero di QT, cercheremo di scoprire quali sono le ragioni del “no”.
Il corridoio e chi dovrebbe farlo
Il Corridoio del Brennero è il cuore del cosiddetto Asse Europeo n°1 che dovrà congiungere Berlino a Palermo. Si compone del Tunnel di Base da Fortezza a Innsbruck (57 km). Si prevede di ultimarlo entro il 2015. Propedeutico alla costruzione del Tunnel di Base è quella del Cunicolo Pilota, lungo 52 km, che si prevede di ultimare nel 2010.
Del progetto fanno parte in senso lato anche le tratte di accesso nord e sud. Le tratte di accesso sud, che si prevede di costruire su territorio italiano, sono quattro: il tunnel Fortezza-Ponte Gardena di 25 km, il tunnel di Bolzano di 13,5 km, il tunnel di Trento di 22 km e lo snodo di Verona di 10 km. Al momento, sono stati presentati solo i progetti preliminari (tranne per il tunnel di Trento, che non ha nemmeno quello).
La costruzione del Tunnel di Base e del Cunicolo Pilota è affidata alla Brenner BasisTunnel – Società Europea (Bbt – se), per metà austriaca (azionisti lo Stato e il Land Tirol) e per metà italiana (azionista la Tfb, finanziaria partecipata all’88% dalla Rete Ferroviaria Italiana e per la restante parte dalle Province di Bolzano e Trento con un 6% ciascuna).
La costruzione delle tratte di accesso sud è affidata alla Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), società al 100% posseduta dalle Ferrovie dello Stato.
I documenti
Atti del convegno del 28 aprile 2006:
Presentazione della relazione del prof. Raffaele Mauro al convegno del 28 aprile:
Presentazione della relazione dell’ing. Antonio Ciaravolo al convegno del 28 aprile: