E le donne uscirono dal silenzio
Breve cronaca della manifestazione di Milano per la laicità dello Stato e la possibilità di decidere su se stesse.
Arriviamo davanti alla stazione trafelati, con la paura che il corteo sia già partito e di dover fare una gran corsa per raggiungerlo. Ci siamo staccati dal gruppo per andare a mangiare e abbiamo accumulato una mezz’ora di ritardo sui tempi dati dai giornali per la partenza della manifestazione, complice un caotico ritmo milanese, non tenuto nella dovuta considerazione.
Emergiamo dalla stazione della metropolitana nel sole in controluce di una giornata straordinariamente mite e luminosa ed il colpo d’occhio ci rassicura immediatamente: piazza duca d’Aosta è carica di bandiere, striscioni, gruppi e musica, la folta coda del corteo è ancora ben lontana dal partire. La sensazione è di duplice sollievo: non ci siamo persi niente, non ci saranno affannose rincorse e, soprattutto, il corteo è molto, molto più numeroso di quanto ci saremmo aspettati. Avanziamo faticosamente fra la gente, con l’intento di raggiungerne la testa e poter poi veder sfilare con tutta calma, per non perderci nulla, ma l’impresa si rivela ben presto più ardua di quanto credessimo: risaliamo e risaliamo ancora, senza vedere profilarsi lo striscione di testa.
E’ tutto un continuo scorrere di gruppi e singoli, donne del femminismo e giovani ragazze, anche tanti uomini, giovani e non, a testimoniare una partecipazione intergenerazionale e non certo separatista. Chi profetizzava un triste corteo sulle barricate, magari dai toni un po’vetero, dovrebbe ricredersi. Si respira un’aria festosa ed emozionata, sui volti la soddisfazione di una riuscita decisamente oltre le aspettative per un’iniziativa completamente costruita dal basso, nata da una e-mail fatta girare da una giornalista nel giro milanese, da una prima ed una seconda assemblea e poi da un comitato costruito ad hoc, "Usciamo dal silenzio", che ha poi passato parola tramite via internet (www.usciamodalsilenzio. org), testimonianza dell’enorme potere delle nuove forme di comunicazione, soprattutto quando non eterodirette e preconfezionate.
Ci sono tante giovani streghette col cappello a punta, tante madri di queste giovani e tanti compagni, collettivi femministi e non, tra cui spicca per vivacità e striscione colorato quello di Mestre, le rosse bandiere dei partiti della sinistra, radicale e non, il compatto spezzone sindacale, l’Unione atei agnostici e razionalisti, le giornaliste Rai, associazioni, gruppi e comitati locali, ma soprattutto tanta gente sciolta, presente in sola rappresentanza di se stessa. Il fondo è la parte anagraficamente più giovane e quella con più sound system, nel mezzo e sul davanti si sentono invece più slogan, secondo due scuole diverse di far corteo, quella di ora e quella di allora. Se ne sentono di belle: dal sempre valido"Tremate tremate, le streghe son tornate", allo spassoso "Fuori i preti dalle mutande", a quelli in difesa della 194; bello lo striscione bilingue delle donne dell’Alto Adige, "Attenzione: le donne votano di pancia", vivacissimo lo spezzone del gruppo Fecond/azione di Trento, dietro al loro "Attenzione: donna attiva", che unisce femministe attempate, ma sempre più arrabbiate, con ragazze figlie delle lotte degli anni ’70.
Finalmente raggiungiamo la tanto agognata testa del corteo, dove lo striscione di apertura azzurro dichiara che sì, siamo uscite dal silenzio.
A reggerlo sono donne sorridenti ed orgogliose, quelle del comitato milanese, che con determinazione hanno visto crescere partecipazione e dibattito, fino a queste 200.000 persone, che iniziano ad affluire in piazza del Duomo lentamente; ma non ci stanno, bisogna continuare a spostarsi sul lato mentre cominciano gli interventi dal palco perché i gruppi arrivano a getto continuo. Molti raggiungeranno la piazza addirittura ad interventi finiti, quando quelli che erano in testa già arrotolano infreddoliti gli striscioni.
Si riparte da qui, dunque, da questa Milano luminosa, carica di entusiasmo ma anche di una lunga consapevolezza, come solo può esserlo quella che viene da secoli di aborti clandestini, mammane, maternità subìte e scelte laceranti, perché, come dice una Lella Costa commossa, in collegamento telefonico dalla manifestazione "Tutti in Pacs" di Roma, "l’aborto non è mai, per nessuna donna, una scelta senza dolore".
Una Milano in cui la rabbia di un silenzio a lungo trattenuto ritrova gioiosamente parola e pensiero, dimensione collettiva e desiderio di partecipare: le donne sono uscite dal silenzio, si riprendono la parola ed il diritto di decidere di sé, stufe che ci si arroghi la pretesa di tutelarle e decidere per loro, quasi fossero gattini ciechi.
La strada è ancora lunga, ma questo ricominciare molto incoraggiante.