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QT n. 21, 10 dicembre 2005 Servizi

Stop alle seconde case: è una cosa seria?

Una legge accettabile sembra voler porre rimedio allo sperpero di territorio e risorse rappresentato dalle seconde case. Ma si tratta di buone intenzioni, tutte da verificare.

In tante occasioni questo giornale ha denunciato che il limite nell’uso del territorio trentino era stato ampiamente superato; che a rischio era la sicurezza idrogeologica e a volte in modo irreversibile, la qualità del paesaggio e dell’ambiente delle nostre valli; che si era compromessa la possibilità di leggere storia e cultura dei quattrocento villaggi, borghi e città del Trentino.

Queste considerazioni sono parse consapevolezza comune nelle scorse settimane, quando si è avviato il dibattito provocato dalla presentazione del disegno di legge per frenare l’abnorme consumo di territorio con l’edificazione delle seconde residenze, ormai sfuggita ad ogni controllo, controproducente per gli stessi residenti e ridotta ormai a mera speculazione immobiliare.

La responsabilità dei comuni nell’aver provocato o avallato un uso così scriteriato del pochissimo territorio disponibile a scopi civili (solo il 20% dell’intera area trentina) è stata evidente e più volte ripresa anche su questo giornale. Basti pensare che già all’inizio degli anni Novanta erano di fatto già completate le previsioni edilizie indicate dal Piano Urbanistico Provinciale. E che quindi per un decennio ormai si è continuato a costruire nelle nostre valli contro e al di fuori di qualsiasi verificata compatibilità ambientale e documentata esigenza sociale. Ogni segno di resipiscenza teso a bloccare la corsa verso una situazione in cui è evidente che i trentini stanno distruggendo il loro Trentino va quindi apprezzato.

Si può quindi interpretare come segnale positivo anche la legge provinciale approvata il mese scorso, "Modificazioni della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio). Disciplina della perequazione, della residenza ordinaria e per vacanze e altre disposizioni in materia di urbanistica".

Una legge che giunge tardi, quando ormai da anni il Trentino ha il poco invidiabile primato tra le regioni alpine per il consumo di territorio a causa del proliferare delle seconde case, quando ormai interi paesi e vallate hanno perso o compromesso la loro storica fisionomia a causa dell’estensione del fenomeno, quando in particolare le vallate a più forte pressione turistica, come la Rendena e la Valle di Fassa, che non hanno mai saputo e voluto dotarsi di una pianificazione sovracomunale, hanno intasato ogni angolo dei loro territori. Una legge che ha avviato al solo suo annuncio un ulteriore sussulto di speculazione edilizia con migliaia e migliaia di nuove domande edificatorie.

Pinzolo

Sono esemplari in tal senso le consapevoli dichiarazioni dei sindaci degli Altipiani (Aldo Marzari, Luigi Nicolussi e Alessandro Olivi) che hanno riconosciuto le responsabilità delle politiche urbanistiche dei comuni nell’avere consentito un’ abbuffata speculativa del loro territorio, e per converso l’ultimo assalto alla diligenza consentito nelle more dell’entrata in vigore della nuova legge da parte del comune di Pinzolo, che in un mese avrebbe rilasciato licenze edilizie per oltre 20.000 metri cubi di cemento aggiuntivo a quello già esistente in modo spropositato. E il pianto del coccodrillo fatto da molti esponenti di spicco fassani, sul territorio ormai saturo, e sull’uso delle seconde case (esemplare il caso di Pozza di Fassa), che è stato uno dei motivi perversi invocati da chi ha voluto gli impianti in Val Jumela nel 2003.

Malgrado questo si può, con un certo ottimismo, considerare la nuova legge come segno di una coscienza nuova, che potrebbe riverberarsi positivamente anche sugli altri fronti delle politiche territoriali, quelli delle deroghe indiscriminate, della tutela dei beni culturali e ambientali nell’ambito dei piani regolatori generali, un segnale del ritorno ad una cultura del limite che dovrebbe vedere impegnati con la Provincia Autonoma tutti i comuni trentini. A questa cultura e responsabilità, più che alle complesse norme tecniche di gestione della legge è affidato infatti il successo delle buone intenzioni dichiarate nel provvedimento legislativo.

Esso si presenta, infatti, a tutt’oggi come una legge quadro da riempire e da definire. Da definire è la delibera della giunta provinciale che individuerà i comuni soggetti al fenomeno rilevante delle seconde case. Da verificare sarà l’atteggiamento dei comuni nella fase di obbligatoria revisione dei loro strumenti urbanistici per dar corso alle previsioni restrittive della legge. Da giudicare ancora sarà il modo con cui la Provincia opererà nei confronti dei comuni che non si adegueranno coerentemente ai dettami della legge. Da misurare, infine, l’efficacia dei controlli che la legge prevede (le sanzioni pecuniarie che hanno sempre dimostrato di essere un labile deterrente rispetto alle infrazioni in materia urbanistica), perché la legge medesima non sia vanificata in itinere, nei pochi spazi in cui ha ancora una possibilità di incidere nella conservazione di ambienti pregiati e non ancora edificati.

L’esperienza di questi mesi che ci ha consegnato prove clamorose di un territorio fuori controllo delle istituzioni pubbliche in Marmolada, in Paganella, nella Val della Mite, negli ultimi squarci al passo del Broccon, sono lì a testimoniare che a poco valgono i sacrosanti obiettivi delle buone leggi in vigore se manca poi la volontà e la capacità di garantirne efficacia e applicazione.

Insomma, tante buone intenzioni e tutte da verificare. Il primo momento sarà la rapidità con cui, da parte della Pat e dei Comuni, si vorranno attuare gli adempimenti di cui abbiamo parlato, e senza i quali la legge rimane un inutile orpello.

Questo giornale si propone di vigilare ed informare.