Richiediamocelo, ne valeva la pena?
Riflessione dopo la morte di Nicola Calipari, uno tra i tanti orrori irakeni, solo per noi più doloroso. E la causa prima di tutto è sempre quella: la guerra preventiva.
E’ rimasta 28 giorni, quasi un mese, preda dei suoi sequestratori: iracheni, islamici, terroristi, seguaci di Saddam, forse delinquenti comuni, il peggio che possa esserci. Però persone trattabili, anche se piuttosto esigenti. Hanno voluto un riscatto pesante, pare dai sei agli otto milioni di euro. Ma infine l’hanno rilasciata, provata ma incolume.
Appena entrata nella zona controllata dalla forze militari della coalizione dei volonterosi che ha portato la democrazia in Irak, Giuliana Sgrena è stata investita da una micidiale raffica di proiettili che l’hanno ferita e l’avrebbero uccisa se un oscuro agente dei nostri servizi segreti, paziente ed esperto negoziatore della sua liberazione, Nicola Calipari, non l’avesse protetta con il suo corpo. Non ha voluto che, dopo essersi prodigato in un impegno difficile, rischioso, raffinato, tutto risultasse vano, ed ha offerto la sua vita per salvare quella dell’ostaggio che aveva riscattato. Dopo avere sottratto Giuliana al dominio dei suoi rapitori ha voluto ripararla anche dalla minaccia del "fuoco amico".
Un esempio raro, forse unico di attaccamento al dovere. Aveva l’incarico di portarla libera e viva all’aeroporto di Bagdad, e non ha risparmiato nulla, persino la propria vita, per adempierlo.
Non mi va di definirlo eroe. E’ una parola greve di retorica e che spesso è stata affibbiata a personaggi di dubbia reputazione. Non c’è nulla nella biografia di Nicola Calipari, e nel suo comportamento negli ultimi momenti della sua vita, di quella spavalderia, di quel gusto del bel gesto ostentato, di quella burbanzosa fierezza che normalmente caratterizza il modello dell’eroe. Egli è piuttosto un antieroe. Lavora nell’oscurità, non cerca gloria, adempie alle sue mansioni riservate con scrupolosa modestia, persegue il fine affidatogli con puntigliosa fedeltà. E’ molto più di un eroe. E’ un uomo onesto fino all’abnegazione.
Ma perché i militari americani hanno sparato? Certamente hanno sparato per uccidere. Non credo, non voglio credere al complotto, che cioè volessero impedire a Giuliana Sgrena di tornare viva in libertà. Questo "lavoro sporco" l’avrebbero fatto fare agli iracheni collaborazionisti. La verità è che non è questo il primo caso di vittime, anche americane, del "fuoco amico". Se l’operazione fosse stata premeditata sarebbe stata concepita ed eseguita con modalità diverse. No, hanno sparato scambiando la vettura su cui viaggiava Giuliana per un veicolo nemico, volendolo neutralizzare. Se fossero stati iracheni, la loro morte non avrebbe suscitato alcuna attenzione, terroristi o meno che fossero. Così vanno le cose da quelle parti.
Certo, se Giuliana Sgrena non fosse stata rapita, e quindi non fosse stato necessario organizzare la sua liberazione, Nicola Calipari non sarebbe stato ammazzato. Dunque c’è una causa che viene prima della sparatoria partita dal blindato americano. Ma prima ancora ci sono altre cause che formano appunto uno serie causale che trova la sua prima origine nella guerra preventiva scatenata per motivi inesistenti, e che ha finito per creare uno stato di violenza, di caos, di insicurezza generalizzata ed incontrollabile.
Millecinquecento soldati americani periti, oltre la metà delle vittime dell’11 settembre. Più altri morti inglesi, italiani e di altre nazionalità. Decine di migliaia gli iracheni ammazzati. Sequestri, delinquenza comune, terrorismo, distruzioni, soldati con i nervi a pezzi, i nostri a Nassirya asserragliati in un bunker ed assolutamente non operativi. Tutto ciò con il magro risultato di avere deposto Saddam Hussein.
Valeva la pena? Venir via adesso, si dice, significa provocare la guerra civile: ma ciò che già ora accade non è guerra civile, non impedita ma anzi provocata dalla presenza di truppe di occupazione? E la radiosa aurora delle prime elezioni celebrate in Irak? Per arrivarci c’era solo la guerra, con i suoi costi immani ed il suo retaggio di odio? In Palestina, in Libano ed in Egitto la prospettiva democratica si è aperta o sta per aprirsi con altri mezzi, con i mezzi democratici coerenti con il fine.
Non c’è nessuna giustificazione per questa guerra che resta un crimine contro l’umanità.
Non vi è nessuna ragione per mantenere l’occupazione militare nell’Irak. Per lasciarvi i nostri soldati.